Ed eccoci dinanzi alla seconda prova della band per 3/4 losangelina e per 1/4 di Seattle. Ci avevano lasciati con la malinconica "The Last Remaining Light" nelle orecchie, scelta che fu particolare, considerati i precedenti dei Rage Against The Machine: era loro consuetudine chiudere i propri LP con tracce piene di grinta come "Freedom", "Year Of The Boomerang" e "War Within A Breath", ma la presenza del cantante Chris Cornell, ex-Soundgarden, ha stravolto, in un certo qual modo, le abitudini di Tom Morello&Co. "Out Of Exile" è il ritorno chiacchierato di un quartetto che ha esordito come "superband" nel 2003, e che ora cerca di consacrarsi come band "quasi" indipendente dalle proprie origini.

"Quasi", perchè il riff della prima track "Your Time Has Come" ricorda la vecchia "Cochise" per via delle solite note morelliane. La velocità del brano è, tuttavia, decisamente più ficcante della sua antenata e suona più hard rock ballabile che post-RATM, grazie al contributo di un Chris Cornell in ottima forma. Si procede poi con la title track, "Out of Exile", con un riff a mo' di Led Zeppelin in stile "No Quarter" incrociata con una "Spoonman" dei Soundgarden semplificata: un brano discreto che, per gli Audioslave, sa un po' di routine giornaliera. Quindi troviamo "Be Yourself", primo singolo estratto dall'album, che, a tratti, segue la falsa riga di "Like a Stone", quinta traccia dell'LP del debutto. Si passa a "Doesn't Remind me", una gradevole ballata che si rivela rockeggiante nel ritornello con un Tom Morello che cede alla tentazione degli accordi da accompagnamento piuttosto che dei consueti riff esplosivi. Arriviamo quindi a "Drown Me Slowly", che ci riporta indietro negli anni '70 con il suo incedere tipico del rock&roll influenzato dal blues: niente male, come song, ma Mr. Morello decide di non reinventarsi e, in maniera abbastanza fuori luogo, scambia la track per "Bulls On Parade", riproponendo il celebre assolo/scratch sulla sua chitarra non più targata "Arm The Homeless" come ai bei tempi ma "Soul Power". Peccato...per entrambe le cose...
"Heaven's Dead" è un'altra toccante ballata partorita probabilmente dalla mente del leggendario Cornell, che ci regala delle belle emozioni e un ottimo testo. Procedendo, troviamo "The Worm", forse il brano più oscuro del disco (con tanto di riff morelliano e assolo noise), che non rinuncia però alle solite radici blues ed a un Cornell che, volutamente sgraziato, urla nel ritornello. "Man Or Animal" è la track più veloce e aggressiva del disco e vanta anche il miglior assolo di "Out Of Exile", mentre in "Yesterday To Tomorrow" Chris fa svanire la sua voce nella melodia con tanto di riverberone dissolvente. "Dandelion" non fa altro che sottolineare ancora una volta la buona prova del singer di Seattle e lascia un po' in ombra il resto del gruppo. Inizia, in seguito, "#1 Zero", che, nonostante un'inizio che sa di malinconico e grottesco, prende un'aggressiva svolta rock a partire dai 2 minuti e 30 circa...
E, infine, ecco "The Curse", love song che non si fa troppo notare se non per la scelta della chiusura, che sorprende tutti con l'ultimo accordo in tonalità minore...

"Out Of Exile" cerca di non riproporre il primo album degli Audioslave, e forse ci riesce, anche se solo parzialmente. Può suonare sicuramente come qualcosa di già sentito e di non particolarmente esaltante, tuttavia rimane ineccepibile l'impegno nel songwriting di Cornell e la coesione della band intesa come gruppo di musicisti affiatati. Una nota di merito va a favore di Tim Commerford, bassista che viene generalmente schernito per il suo stile forse troppo essenziale e probabilmente poco innovativo: il povero Timmy C. è oscurato spesso dalla presenza del compagno Tom, ma, nonostante ciò, contribuisce moltissimo nell'appoggiare proprio il chitarrista con una buona dose di overdrive, specie durante gli assoli, e conferisce ai riff un suono più caldo e pieno, nonchè qualche piccola variante sui temi principali. Brad Wilk, dal canto suo, non concede varianti al suo ormai noto 4/4, ma almeno sfrutta il suono di tutta la batteria, a differenza del primo disco, e si concede anche qualche stop and go qua e là... 

Se non si conoscessero le origini dei membri del quartetto, le canzoni risulterebbero probabilmente gradevoli anche ai più diffidenti. Purtroppo non si può far finta di niente, è vero, ma ciò che si può fare è ascoltare questo CD come passatempo, in automobile o come sottofondo a casa. Per gli inconsolabili fan di RATM e Soundgarden, sembra che ci sia la possibilità di riascoltare dal vivo canzoni come "Killing In The Name" e "Black Hole Sun" il 2 giugno a Bologna... Attendiamo fiduciosi!

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