Ben ritrovato popolo Debaseriano. Sono tornato a recensire dopo un breve periodo di riposo, e voglio ritornare con la recensione di uno dei miei album preferiti ovvero "Never Say Die" dei Black Sabbath. Naturalmente prima di iniziare la mia consueta trackbytrack sento la necessità di scrivere una piccola premessa: molti gruppi arrivati ad un certo punto della loro carriera decidono di allargare i propri orizzonti musicali e di spaziare in generi in precedenza mai toccati, dei validi esempi possono essere "Hot Space" dei Queen e la trilogia pop dei Kiss "Dinasty", "Unmasked", "Music From The Elder", purtroppo molto spesso però i fan del gruppo e la critica, non prendono molto bene il cambiamento stilistico del gruppo trasformando molto spesso degli album validissimi in flop o in lavori contestatissimi. Bisogna ammettere che a volte questi cambiamenti musicali non sono molto ben riusciti ("Hot Space" anche se a me piace molto non è certamente un lavoro all' altezza di molti altri album dei Queen), ma non è sicuramente questo il caso dei Sabbath che dopo un pessimo lavoro quale "Technical Ecstasy" si presentano nel 1978 al pubblico con quest'album, che a mio parere è veramente molto valido e ben riuscito.
Ed ora trackbytrack: a darci il benvenuto a questo disco troviamo la title-track "Never Say Die" che è un brano Hard Rock molto semplice ed orecchiabile, non ha niente di particolare a parte una certa melodiosità, molto bello è il modo in cui Butler suona il basso intersecando il suono del basso appunto a quello delle chitarre e della batteria fornendo una solidissima base musicale. Andiamo avanti con un pezzo che di Sabbath ha ben poco ovvero "Johnny Blade", la tastiera dell' ex Judas Priest ed attuale Deep Purple Don Airey ci introduce alla canzone attraverso accordi molto cupi e distorti, basso e batteria seguono subito la tastiera iniziando una battaglia frenetica a furia di riff e la chitarra durissima di Iommi riesce a macinare i suoi soliti riffoni mentre la voce del sepolcrale Ozzy Osbourne riesce a donare un tono molto cupo e tombale alla canzone, la track è particolarissima e nel 1978 lasciò a bocca aperta molti fan dei Sabbath visto che era lontanissima dai canoni Sabbathiani, la tempesta strumentale presente in questo brano è notevole e sembra che in mezzo a questa furia di riff e accordi Ozzy sia solo un optional, il brano è notevolissimo ed è anche molto bello ma a causa della sua diversità rispetto ad altri lavori del Sabba non riesce a piacere proprio a tutti. Andiamo avanti con "Junior Eyes" canzone che Ozzy dedica al padre da poco defunto, il basso di Butler in questa canzone è eccezionale e riesce sin dai primi accordi a stupirci, il ritornello è molto orecchiabile ma purtroppo al contrario del resto della band Iommi qui cala molto mettendo alla luce un assolo eccessivamente distorto ed eccessivamente scontato, anzi mi azzardo a dire che in questa canzone la chitarra di Iommi è completamente sballata e il baffuto guitar hero si lascia andare a riff ascoltati mille e mille volte, invece un occhio di riguardo va dato a Ward che riesce con la sua batteria a compiere un ottimo lavoro, molto ben riuscito e il rullo di tamburi tramite il quale Ward da inizio al ritornello.
Ora ci troviamo ad ascoltare un brano non molto convincente ed abbastanza scarso ovvero "It's A Hard Road", la canzone non è per niente particolare ed accattivante ed anche il ritornello che potrebbe sembrare ad un primo ascolto coinvolgente annoia dopo ben poco, forse la peggiore canzone dell'album, superata questa breve parentesi ci troviamo di fronte a "Shock Wave", qui si raggiungono i limiti dell'umana sopportazione, la canzone è spazzatura, noiosa, scontata, Iommi che non riesce a combinare niente di buono alle chitarre, insomma andiamo avanti e non sprechiamo tempo su questa pessima canzone, superate queste due tristi parentesi ci troviamo ad ascoltare la più bella canzone di tutto l'album "Air Dance", questa canzone è un piccolo capolavoro, innesti blues e jazz sparsi dappertutto, dolcissima ed onirica, è una perla il piano riesce a farci sognare, il basso e la batteria forniscono dei ritmi molto jazzistici, la chitarra acustica di sottofondo contribuisce a dare un tocco in più a questa canzone, bellissima, veramente la canone più riuscita dell'intero album, e si possono tessere le lodi anche della successiva "Over To You", anch'essa ricca di innesti blues e con un'ottima melodiosità, insieme a "Air Dance" può essere inserita nel genere progressive, "Over To You" è sicuramente un altro brano validissimo, superato il precedente smarrimento Iommi ritorna ad essere il mangiariffoni di sempre e Butler si conferma miglior Sabbath dell'album, riuscendo a compiere sempre ottimi lavori senza decadere mai.
Ed eccoci al pezzo strumentale dell'album "Breakout", sinfonia di note ed accordi, sax e trombe di sottofondo rendono questo pezzo particolarissimo e sopratutto molto buono, batteria e chitarra riescono a fare un buon lavoro tra di loro e dopo questo bel pezzo strumentale si passa alla canzone finale del cd cioè "Swinging The Chain", alla voce c'è un Bill Ward in piena forma che riesce a cantare non dico egregiamente ma abbastanza bene, la chitarra di Iommi che ormai si è ripresa del tutto riesce a fornire un ottima base mentre è del tutto pleonastico tessere gli ennesimi complimenti all'eccellente Butler.
Terminato l'ascolto di "Never Say Die" mi sento di dire che si tratta di un lavoro validissimo a parte per la 4 e 5 track, un buon lavoro veramente, molto piacevole all'ascolto è un disco che bisognerebbe acquistare. Un saluto da Axl Spark.
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