DANCE BENEATH THE DIAMOND SKY
ovvero la festa del Menestrello

Prima di raccontare il disco voglio sommariamente parlarvi dei gusti musicali di alcuni amici. Se volete potete anche saltare tutto il primo paragrafo, ma secondo me aiuta a capire l'eccezionale portata di questo lp.
Il Capitano è un ragazzone alto e sportivo, simpatico, leale e altruista: i suoi interessi musicali sono concentrati su Davide Van De Sfroos, il grande folksinger laghee, e gli Oliver Onions, cioè quelli "delle musiche di Bud Spencer e Terence Hill". La sua serata ideale è passeggiare per il corso guardando le vetrine della Geox, la scarpa che respira.
Il Black Rider è molto istruito e sicuro delle sue ampie conoscenze su svariati campi umanistici e scientifici: ha gusti un po' più vari, la sua collezione di cd spazia dai Pink Floyd ai Blues Brothers, da De André ai Black Sabbath, dai tamburi del Bronx al reggae. Il genere che apprezza di più è l'hard rock coniugato al blues. La sua serata ideale è stare seduto in qualche locale baudeleriano davanti a un bicchierino di assenzio.
Infine viene l'Edera, studia beni culturali e ha interessi musicali più vicini ai miei, in particolare ama il pop-rock raffinato di Bowie e Queen e il minimalismo elettronico dei Kraftwerk e Sigur Ros, nonché la dolce oscurità di Nick Cave. Prova una (non tanto) vaga antipatia per Bob Dylan e simili e la sua serata ideale è riposarsi sul divano con un buon tè all'arancia e cannella oppure curiosare tra le bancarelle di qualche festa di paese.

Ora torniamo al nostro menestrello di Duluth: questo è uno dei pochi dischi che posso far girare tranquillamente in macchina se ho con me questi tre personaggi.
Secondo me Dylan ci ha preso in giro fin dal principio della sua carriera, e qui lo dimostra in modo assolutamente brillante, perché non solo riarrangia tutti i suoi brani più famosi, ma lo fa in modo scherzoso e, strana parola riferita al cantante, DIVERTENTE.
L'impegno è lasciato ai testi, inutile dire tra i più belli della storia dell'umanità, perché per il resto questo concerto del 1979 è una celebrazione della libertà di (lo ripeto) divertirsi trasformando le proprie creazioni. Gli strumenti che spiccano maggiormente sono la chitarra elettrica, i sassofoni e le voci delle coriste che ricamano fantastici orpelli intorno alla potente esecuzione vocale di Dylan.
La festa inizia con il martellante riff di "Mr.Tambourine Man", si passa al folk da ballo campestre di "Love Minus Zero" e dopo il blues elettricissimo di "Ballad Of A Thin Man" ascoltiamo il reggae di "Don't Think Twice". "Maggie's Farm" è un delirio di fiati e cori e i sassofoni spadroneggiano in "Like A Rolling Stone".

Il secondo disco invece si apre con una dolcissima ninnananna gospel dal titolo "Blowing In The Wind", che lascia il posto ad una altrettanto tranquilla esecuzione in minore di "Just Like A Woman", uno dei miei brani preferiti. "Oh Sister" diventa una narrazione blues per basso e voce e "All Along The Watchtower" è un glam-soul gonfio di orpelli e luminosi duetti di chitarra e violino. Flauto e voce rendono scarna e più romantica "I Want You", mentre si ritorna al glam giocoso e roboante con "All I Really Want To Do". Ritorna il flauto su un ritmo reggae in "Knocking On Heaven's Door" e assordanti riff hard rock in "It's Allright Ma". Questa magnifica celebrazione del rock si chiude con "The Times They Are A-Changing" che, prima essenziale poi grandiosa, combina i maggiori marchi di fabbrica del live, cioè i cori e i sassofoni.

Dylan continua a rielaborare e riscrivere la sua musica da capo per ogni tour, ma non so se è mai tornato a tale complessiva potenza vocale e orchestrale...
...ma almeno io so cosa far ascoltare in macchina ai miei esigenti amici senza che nessuno si lamenti!

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