MODERN TIMES
Dylan e noi

E' bello sapere che alcuni artisti non si fermano mai. Che non vogliono vivere di rendita, nonostante l'ispirazione abbia i suoi alti e bassi. Dylan è uno di questi artisti. Per molti è l'Artista, il Poeta, il Menestrello, il qualcosa sempre con la maiuscola. Ancora una volta, eccolo qua con il suo cappellaccio schiacciato in testa e la sua chitarra, davanti a qualche palco, nella sua infinita tournee, pronto a cantarci vecchi inni e nuove idee. La sua voce gracchia ruvida e scura. Come sempre sta un po' lontano dal microfono, si avvicina con due passi, pronuncia una frase, si allontana di nuovo. Oppure se ne sta nascosto dietro al pianoforte, abbarbicato sullo sgabello.

A volte prova anche a cantare. Come in questo attesissimo "Modern Times", con la copertina in bianco e nero e i testi a colori. La voce tenta di farsi levigata, la musica è sempre quella, rock, blues, folk jazzato che profuma di legno antico come la credenza del nonno. E in mezzo a tanto, professionalissimo mestiere ("Rollin' And Tumblin'", "Beyond The Horizon" per dirne due), può capitarci di ascoltare qualcosa di trascinante (l'apertura "Thunder On The Mountain"), di liricamente emozionante (la vibrante "Workingman's Blues #2", "Spirit On The Water", "Nettie Moore"), e purtroppo anche di leggermente noioso ("When The Deal Goes Down", "Ain't Talkin'") o addirittura evitabile ("The Levee's Gonna Break").
Comunque noi saremo lì ad aspettare, a precipitarci al negozio di dischi, a scartare ansiosamente la plastica del cd, sempre troppo difficile da aprire, saremo pronti ad immergerci nella fantasia del Menestrello con la M maiuscola, ad ascoltare le sue storie e le sue poesie, ad immaginare pagine scritte di getto, strofe mezze cancellate, parole sostituite con altre... saremo sempre lì ad amare Dylan perchè è Dylan, e questo ci basta.
E' Dylan, e parla del tuono sulla montagna e dello spirito sull'acqua, della nebbia e della pioggia notturna, della luna, dell'orizzonte, del sole, dell'arcobaleno, fa' il mestiere che ogni poeta dovrebbe fare, cioè guardarsi attorno e scrivere di quello che vede, e di come questo lascia una traccia negli occhi, qualche volta anche nelle ossa. Non è importante che il disco sia bello o no, che le canzoni siano memorabili, infuocate o un po' spente: è importante che Dylan parli, o canti, perchè la sua voce è come un fango che si è formato nella tradizione, è scivolato attraverso i decenni, ha impiastrato un po' tutto, e ci piace sapere che sporca ancora, certo meno di prima.

"Thunder on the mountain, fires on the moon
There's a ruckus in the alley and the sun will be here soon
Today's the day, gonna grab my trombone and blow
Well, there's hot stuff here and it's everywhere I go

(...)

Feel like my soul is beginning to expand
Look into my heart and you will sort of understand
You brought me here, now you're trying to run me away
The writing's on the wall, come read it, come see what it say

Thunder on the mountain, rolling like a drum
Gonna sleep over there, that's where the music coming from
I don't need any guide, I already know the way
Remember this, I'm your servant both night and day

The pistols are poppin' and the power is down
I'd like to try somethin' but I'm so far from town
The sun keeps shinin' and the North Wind keeps picking up speed
Gonna forget about myself for a while, gonna go out and see what others need"

da "Thunder On The Mountain"
(testo tratto da Maggie's Farm http://www.maggiesfarm.it)

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