La nostalgia regna sovrana su Debaser e nella mia vita. O, almeno, per quanto riguarda la "parte musicale" di essa.
I ricordi si legano stretti alle melodie e ai profumi, e così quando percepisco un profumo particolare oppure odo quel vecchio ritornello la mia mente viaggia fino al glorioso istante in cui lo sentii la prima volta.

Beh, non è proprio il caso di questo album, che ho scoperto nel corso del 2016. Però ogni cosa di esso mi ricorda i ruggenti secondi anni 2000.
Ve li ricordate? I pantaloni a zampa d'elefante, le basette, gli aperitivi, i nuovi cantautori, il MI AMI quando non c'era più il Tora! Tora!, insomma: l'essere hipster iniziava ad essere divertente.
Io, che avrei ardentemente desiderato di diventare un basettone-capellone-pantazampa-alternativo, stavo imparando a suonare la guitar.
Era il 2006: avete presente il 2006? Tante cose non erano ancora arrivate, come i social network, gli smartphone, le serie su Netflix, Spotify...
In pratica il 2006 era una versione sfigata del 2019, solo che se fosse oggi ci sembrerebbe di stare in India, dove tutto è fermo agli anni '70 (o almeno così sembra, stando ai video su Youtube).
D'altronde, con un titolo così, l'album che Bugo pubblicò quell'anno doveva per forza essere un disco sospeso nel tempo.

Sguardo Contemporaneo è il seguito del fortunatissimo ed eclettico doppio album (proprio nel senso che erano due album distinti messi nello stesso contenitore) del 2004, Golia e Melchiorre.
Del lavoro precedente, il cantautore ha mantenuto una certa linea poetica abbastanza intimista presente nel disco acustico intitolato La gioia di Melchiorre.
Prodotto da Giorgio Canali (cantautore "elettrico", ex-CSI ed ex-PGR ed abilissimo produttore discografico "all'antica"), il disco presenta 12 tracce registrate quasi del tutto in presa diretta ed è un disco rock.
La strumentazione è praticamente tutta analogica, elettrica più che elettronica, e la voce di Bugo è imperfetta ma così presente, come se fosse seduto alla scrivania con me, qui ed ora, a cantarmi i suoi pezzi.

Non mi soffermerò sulle singole tracce, poiché si tratta di un disco troppo variegato in quanto a stili e liriche: si passa da brani leggeri e divertenti (Ggeell e Amore mio infinito) a brani seri e introspettivi (Gelato giallo e Una forza superiore) senza bruschi cambi di sonorità.
Con La gioia di Melchiorre Bugo aveva introdotto il tema amoroso nelle sue canzoni, e anche qui se ne trova traccia in modi ben diversi: Amore mio infinito, ispirato dall'omonimo libro di Aldo Nove, racconta dell'innamoramento infantile di un bambino per una bambina, mentre Quando ti sei addormentata della canzone d'amore ha solo l'estetica, ma è in realtà una canzone sulle canzoni d'amore.

Millennia, il cui ritornello dà il titolo al disco, parla di una visione della realtà che è in verità una fuga dalla stessa ("...il mio passato non c'è / ...voglio essere diverso da me / avanti sempre / 300 volte"), attribuendola alla visione dell'uomo contemporaneo, così impegnato a proiettarsi verso il futuro da non vedere più il mondo in cui vive (o, almeno, è il significato che attribuisco a questo brano). Questa è per me la canzone che racchiude il messaggio principale del disco: in tutti i brani è infatti racchiuso un germe di preoccupazione e nostalgia che si sviluppa in vari modi.
C'è il richiamo (direi religioso) ad un desiderio di libertà dalle preoccupazioni nell'affidarsi alla vita, la nostalgia dell'innocenza infantile perduta, la preoccupazione per l'assenza del prezioso ggeell, la nostalgia di un amore finito e della giovinezza andata, la preoccupazione per il lavoro e la stabilità economica.

La presenza di tanti temi "adulti" lasciò all'epoca spiazzati diversi fan, che vedevano nella trasformazione continua del cantante (da "Beck delle risaie" a "clone di Battisti e Gaetano") un "tradimento" di una certa sottocultura lo-fi e nichilista; tale cambiamento era comunque segno della maturazione del cantante, e gli permisero di essere riconosciuto come cantautore con un'identità propria e non più solo come giovane rocker sgangherato.

Lasciata la nostalgia alle spalle, sarà proprio al clima di preoccupazione del disco precedente che Bugo risponderà, nel 2008, con un liberatorio "fa niente!" nella sua C'è crisi, canzone che lo renderà noto al grande pubblico italiano con numerosi passaggi radiofonici.
Oggi Bugo ha ancora messo sotto sopra tutto, a partire dalla propria carriera "gettata alle ortiche" col suo trasferimento in India nel 2011 e ripresa nel 2014 col suo ritorno in Italia, e di nuovo "resettata" con l'uscita dalla Carosello e la produzione indipendente del vinile RockBugo, recepita in maniera eterogenea dai fan.

Riguardando indietro ai secondi anni 2000 è evidente che un'evoluzione c'è stata, e non solo dal punto di vista tecnologico.
Oggi degli anni '70 sono rimasti i baffi, degli anni '80 i sintetizzatori FM alla TheGiornalisti e degli anni '90 le tute e l'estetica sintetica.
Di quegli anni 2000 senza personalità rimangono solo quegli artisti che di personalità ne avevano da vendere, e Bugo è uno di questi.

Sguardo Contemporaneo non sarà l'album più incisivo di Bugo, ma è un album da ricordare (e da riascoltare), e non un album di ricordi.

Carico i commenti... con calma