Dire che il successo dei Calibro 35 sia ingiustificato sarebbe inesatto. La loro proposta musicale corrisponde alla perfezione a quelle che sono le richieste del pubblico. Legati a doppio filo all’ambiente più influente della scena rock “alternative” del nostro paese (di cui sono effettivamente parte) ripropongono quel gusto storico tutto italico per certi suoni progressive commisto a una estetica seventies allo stesso tempo citazionista (ma perfettamente integrata in un contesto che si perde nel culto di produzioni cinematografiche e televisive tipo "Vallanzasca", "Romanzo Criminale" ma pure "Gomorra") e easy-listening o quantomeno accattivante. A parte tutto questo, sta di fatto che si tratti di un complesso di musicisti di grandi capacità tecniche. In quanto all’inventiva, be’, qui secondo me il giudizio globalmente positivo nel merito va rivisto, perché a parte non avere effettivamente mai proposto nel concreto qualche cosa di nuovo, le loro produzioni sono praticamente ripetitive. Probabilmente non potrebbe essere diversamente per un progetto che si è sviluppato tutto attorno a un unico concept, ma questo costituisce sicuramente un limite.

"Decade" (Record Kicks) come da nome celebra i dieci anni di esistenza della band. Il disco colpisce subito piacevolmente all'impatto con un grande pezzo come "Psycheground", nettamente il brano migliore del disco e praticamente una specie di ethio-jazz nello stile di Mulatu Astatke, e si mantiene su un buon livello con altri momenti interessanti come il funk di "SuperStudio" e il sound jazz orchestrale di "Faster Faster!", le influenze afro di "Pragma" e lo sperimentalismo minimalista di "Modulor". Dopodiché il gruppo precipita nel baratro dei soliti già richiamati cliché e inutili citazionismi che hanno francamente stancato. Senza considerare il ricorrere a inutili manierismi che sono forse dettati dalle grandi capacità tecniche di questo ensemble ma che trovo assolutamente superflui e a un certo punto anche una specie di maschera dietro cui nascondere la pochezza dei contenuti e di idee.

Salverei dal lotto del resto dell'album solo il breve scorcio sperimentale di "Polymeri". Per il resto "Decade" conferma per lo più le mie sensazioni negative su questo gruppo e quanto ho già ribadito nella premessa di questa recensione. I canoni del disco sono gli stessi del resto delle produzioni dei Calibro 35 (che significa che gli storici estimatori della band potrebbero quindi non restare delusi) e si allineano a quello stesso gusto forzatamente vintage e a richiami progressive che in Italia forse sono sempre stati in qualche maniera antiquati già negli anni settanta. Forzatamente fuori dal tempo, gli episodi positivi di questo album costituiscono sia un punto a favore dei Calibro 35 ma anche motivo di grande rammarico per quello che potrebbe essere il loro potenziale inespresso e allora non sai se questo sia un loro limite oppure una scelta. Nel secondo caso la loro colpa sarebbe persino imperdonabile.

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