Come definire un disco del genere, milioni di anni avanti a tutto il resto? Meglio evitare definizioni per non scadere subito nel banale, nella retorica, per non affogare nei pleonasmi e subire poi le angherie degli altri utenti. Eppure si tratta di un disco che tanti, troppi ritengono il più grande capolavoro della storia, e allora non si può, non si deve tacere.

Basterebbe soltanto prendersi il tempo di ascoltare questo disco nella sua interezza per apprezzarne la profondità e la forza espressiva. A rendere questo disco così speciale, unico, è la qualità intrinseca di ogni brano quivi presente, nonché lo stato di grazia del quartetto, mai così in forma, mai così coeso, e mai più lo sarà. Di qui a breve (non più di due anni) ci sarà lo spin off. Non c’è bisogno di parlare delle canzoni, ormai storia della musica, storia di tutti noi, ma rimando ai sample per un ripasso.

Non è una questione di tecnica, o semplicemente di innovazione, è l’impatto impressionante che allora come oggi ha l’ascolto di questa musica sull’ascoltatore; le sinapsi non possono semplicemente fare i soliti giretti consueti, bisogna necessariamente che si lascino andare alle nuove direzioni che questa musica suggerisce, e dopo di ciò, niente è più lo stesso. Non si possono più guardare le cose con gli stessi occhi, né ascoltare le cose con gli stessi orecchi, neanche puoi più guardare sulla faccia le persone che conoscevi con la solita faccia inane, ora sei diverso, hai ascoltato qualcosa che ti ha piegato ad una logica diversa, nuova, tu non sei più tu. E neanche gli altri lo sono più. Anche tua madre stenta a riconoscerti, perché in fondo in fondo anche il tuo DNA ha subito una mutazione e tu, non sei neanche più suo figlio. La tua ragazza ti ha lasciato, perché si era innamorata di quello che ancora non aveva ascoltato questo disco, e ora quell’uomo non c’è più.

Tutto fa pensare ad una “Pop Opera” studiata a tavolino. A partire dalla copertina, caleidoscopica, un capolavoro all’altezza delle opere di Warhol; discussa fino alla morte anch’essa, per i rimandi consueti al satanismo (Crowley) e quelli al decesso di uno della band (puro esoterismo). Mai come in questo disco i 4 favolosi  hanno dato tanto, e mai più trarranno così tanto in termini di successo e di valore artistico. 

Un’opera d’arte a sé stante, che tu puoi odiare o amare, eppure sta lì a fare la storia, e lì rimarrà che si voglia o no; pietra di paragone insuperata e insuperabile per tutto ciò che verrà poi. È vero, forse di questo disco si era già parlato, ma in fondo in fondo farlo stavolta è stato un po’ come portare i tifosi della beneamata a vedere la vecchia signora... 

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