(Breve premessa a mò di ringraziamento: voglio ringraziare innanzitutto il mio compare Erichk grazie al quale sono venuto in possesso di un capolavoro che, se non fosse stato per lui, probabilmente non avrei mai potuto sentire dato l’elevato prezzo di € 19 che presenta nel mio negozio di fiducia.Grassie compare, stay brutal!)
Ve lo immaginate quel gran simpaticone di Giorg Dabbliù Busssh che, improvvisamente colpito da un lampo di pazzia (o di ragionamento civile, fate voi), si mette in testa turbante, prende il Kalashnikov, va in Iraq e annuncia di voler combattere la civiltà americana nel nome del Comunismo e di voler uccidere tutti “gli sporchi capitalisti che vivono come parassiti sulla Terra”?
Ve lo immaginate?
No?E come no?
Se non riuscite ad immaginarvelo,allora come immaginare quattro grindsters dediti a suonare il Grind più assurdo, veloce,intransigente,peggio registrato e,of course,condito da tematiche nientemeno che schifosamente splatter passare tutto ad un tratto al Death Metal più melodico e ragionato,con testi più filosofici e volti ad analizzare l’Umano nelle sue Profondità,l’Amore,la Guerra,la Pace,lasciando da parte il vomito post-anestesia e le infezioni purulente di quelle belle cose (mi riferisco solo alle cose femminili,eh!) che si trovano tra le gambe di ognuno di noi?
Ve lo immaginate?
No?E come no?
Il fatto è che anche io stentavo fortemente a crederci,finchè questo capolavoro non è capitato nelle mie orecchie.
Death Metal melodico,gracchiante,registrato alla Grind (quindi pessimamente),spiazzante visto il cambiamento effettuato dai quattro.
Uno dei dischi certamente più influenti del Death Metal,”Heartwork”,il capolavoro della band (a parte le precedenti porcherie Grind che mi appartengono davvero ben poco),nacque nel 1993,quando di Death Metal melodico non se n’era mai sentito parlare,essendo i gruppi Death di allora (bei tempi) impegnati a fare a gara tra loro su chi dava più colpi di doppia cassa in un secondo e chi aveva il growl più cupo e rauco.
I Carcass rivoluzionarono tutto,presero il Death Metal più agguerrito e violento e lo mescolarono da veri geni ad elementi più melodici con influenze maggiormente Heavy,dando il via ad un nuovo filone del nostro genere preferito,che prese ad esser comunemente denominato come “Melodic Death Metal”:un genere di cui i Carcass,dopo averlo inventato,lasciarono il testimone alle numerosissime band svedesi che lo perfezionarono e lo resero sempre più elaborato fino ai livelli di oggigiorno (mostruosi) e fecero della Svezia la terra più feconda di band del calibro d’In Flames,Dark Tranquillity e Opeth,tanto per fare degli esempi.
Già dalle prime note si percepisce subito l’incredibile mutamento della band:non blastbeats puramente Grind,ma tempi lenti,ragionati,infarciti da chitarre da pelle d’oca:l’opener ”Buried Dreams” è subito diventata una canzone esplicativa,con un assolo di chitarra di chiarissima derivazione priestiana che si conferma tra i migliori mai sentiti dal sottoscritto.
La slayeriana “Carnal Forge”,forse la canzone che meno si distacca dal mutamento del gruppo conservando sempre melodia ma incorporando un riff tipicamente “Kingiano” e una batteria mozzafiato che non lascia ragionare,condita da un testo che ha pochissimo da invidiare ai bei tempi andati in cui si suonava Grind purulento,seguita da due pezzi “da tramandare ai posteri” (citando Norvheim):si tratta di “No Love Lost” e la title-track,la migliore song del lotto,che ad ogni ascolto mi fa sudare freddo,mi fa rizzare i peli del collo,mi emoziona come poche altre song,anche grazie ad un assolo che più che descritto andrebbe semplicemente ascoltato;seguono a “Heartwork” altri sei capolavori,tra le quali si segnalano la violentissima “Arbeit Macht Fleisch”, la furiosa “Blind Bleeding The Blind” e l’eccellente conclusiva “Death Certificate”.
Incredibile,magnifico,emozionante.Questo è “Heartwork”,e se domani mattina svegliandovi vedrete che al telegiornale il simpatico Giorg è in una fortezza talebana,mandate la mente ai grinsters Carcass e pensate:”Sì,a questo mondo è davvero tutto possibile…”.

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