L'evoluzione. Che spettacolo. E che stranezza. Prendete, ad esempio, un gruppo di nome Carcass e seguitene l'evoluzione: da pionieri del Grind a inventori del Melodic Death Metal, passando per un Death metal ultra-tecnico. Ma è sul periodo melodico che voglio soffermarmi. Sì, perché dopo 5-6 anni trascorsi nell?'nderground della musica metal, i nostri smettono di essere un affermato gruppo di nicchia, e per farlo non si danno a un pop da quattro soldi, nossignori: si inventano un genere. Forse dire che "inventano" è troppo azzardato, diciamo piuttosto che "codificano" un genere che si stava sviluppando in Svezia, a Göteborg: il Melodic Death Metal. Come suggerisce il nome, il genere in questione è una miscela di Death metal e melodie/armonie tipicamente old-school: roba alla Iron Maiden o Judas Priest per intenderci, risultando qualcosa di decisamente più gradevole rispetto al Death proposto da Immolation e amici.

L'anno è il 1993 e i Carcass, dopo un lungo tour, tornano in studio in maggio per dare vita al loro indiscusso capolavoro, che prenderà il nome di Heartwork (titolo ambiguo e intriso di humour, come vuole il loro stile...). La line-up è quella storica che vede i tre pilastri Steer/Walker/Owen e il chitarrista anglo-svedese Michael Amott, che in quest'opera dimostrerà tutta la sua bravura.

Il disco è permeato da un'atmosfera onirica e rabbiosa, gli stilemi passati vengono in gran parte dimenticati e per la prima volta compaiono testi introspettivi, abbandonando definitivamente il gore. Da Buried Dreams fino alla conclusiva Death Certificate il messaggio è chiaro: potrà esserci pure melodia, ma questo quartetto è ancora in grado di sprigionare violenza come pochi. Per un capolavoro come Heartwork non sarebbe giusto commentare le singole canzoni, tutte concepite alla perfezione; posso limitarmi a dire che pezzi come la title-track, Carnal Forge o Arbeit Macht Fleisch vi rimarranno impressi nella mente.

Che dire ancora? Il lavoro di produzione di Colin Richardson (Sepultura, Napalm Death, Cannibal Corpse...) è sublime, quanto ai musicisti... con un Jeff Walker si sempre sugli scudi, un superbo Ken Owen dietro alle pelli e due chitarristi come Steer/Amott (quest'ultimo sempre più incontenibile) non poteva che scaturire una summa del Death melodico, fondamentale per quella trilogia svedese del '95 (Slaughter of the Soul; The Gallery; The Jester Race) che farà storia. Consigliato caldamente a chi ama i Carcass ma non l'ha potuto ancora apprezzare e a chi si voglia imbattere nel Death melodico.

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