Ormai si ha la possibilità di scoprire musica nuova senza neppure uscire da casa. Basta un computer ed una linea telefonica ed il gioco è fatto. L’internet veloce offre mille vie per scoprire nuove, magari entusiasmanti, proposte. E non mi riferisco ai software di condivisione, neanche alle case discografiche che vendono canzoni per “pochi” spiccioli (alimentando così una cultura musicale sempre più bulimica, frenetica, superficiale e mai critica o lucida), bensì a piccole label indipendenti ed assai volenterose. Come la Comfort Stand che mette on line tutto il suo catalogo, scaricabile gratuitamente, in mezzo al quale potreste scovare una grezza gemma preziosa: i Change!.
Il loro disco Circle Of Ambient Friends è davvero una magnifica sorpresa: qualcosa di sublime, sospeso tra influenze Anticon e suoni cosmici islandesi, glitch ed evocazioni post-punk.
Ma il risultato è completamente originale: distorsioni, bleeps, arpeggi, suoni di drum-machine e percussioni reali, drones insistenti si fondono insieme e fanno da suggestiva sfondo per la voce recitante (tra il Doseone più fatto ed il John Lydon più rilassato). Un insieme che può ricordare nomi più lontani da quelli di base: certi mantra tenebrosi dei This Heat virati in una chiave quasi naif, sicuramente infantile. Oppure il Tom Waits più teatrale ricoperto da uno spessissimo magma ambientale e rumorista che lo immobilizza in una statica irrequietudine fanciullesca. A tratti il lavoro si fa più ostico, perdendosi appena nello sperimentalismo fine a se stesso. Ma è un peccato veniale, facilmente perdonabile a questi tre ragazzi sopratutto dopo che hanno scritto pezzi affascinanti godibili tenebrosi oppure teneri come pochi altri in questi tempi. In Skeletal Forms ha davvero poco da invidiare al gruppo esperimento di Charles Hayward; The Sun Has Wing è una pop song passata attraverso i raggi destrutturanti dei Subtle; This Year I Will Disappear è commovente da tanto è giocosa e divertita/divertente mentre Died At The Disco è metropolitana poesia astratta.

Sono rimasto tantissimo colpito dall’opera di questo terzetto di Auckland: magari non di facile ascolto ed a volte un po’ monocorde, ma COAF per me è un piccolo capolavoro, un tesoro nascosto che sono felice di aver scoperto (oltretutto è anche gratis)…

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