CANZONI DAL RICORDO DI UN FESTIVAL LIBERO

ovvero "abbiamo suonato le nostre canzoni e abbiamo sentito il cielo di Londra riposarsi nelle nostre mani"

"Torre di controllo a Maggiore Tom... Torre di controllo a Maggiore Tom"...
con queste celeberrime parole ci connettiamo all'universo del secondo disco del giovane David Bowie. Il ragazzo ci ha provato in tanti modi... ha fatto il mimo, il pittore, l'imbianchino, il mod impasticcato... il giorno prima lo vediamo che rovista tra la spazzatura con Marc Bolan alla ricerca di vestiti scartati dai negozi più "in" di Londra, lo sentiamo imitare uno gnomo che ride, il giorno dopo scrive una ballata spaziale su un astronauta perso tra le stelle (o su un ragazzo in overdose?), si fa fotografare come fosse un antieroe appena uscito da "Arancia Meccanica" o "2001 Odissea nello Spazio" e lavora su nuove e vecchie sonorità con Tony Visconti e un giovanissimo Rick Wakeman. Le atmosfere fantascientifiche che tanto influenzeranno i futuri successi in "Space Oddity" non sono ancora presenti, ma la voce di Bowie si staglia inconfondibile e unica nel panorama inglese del 1969, mentre fa strani versi nella velocissima e impazzita "Unwashed And Somewhat Slightly Dazed" o mentre ridacchia in "(Don't Sit Down)". L'altro elemento assolutamente originale che connota questo giovane riccioluto vestito un po' strano è la capacità di unire un nuovo country-folk a testi diversi, originali, critici, disillusi, ironici, descrittivi e di essere romantico e malinconico come un ragazzo qualunque, senza alcuna pretesa, come nell'acustica "Letter To Hermione".
E se crediamo che con le prime quattro tracce abbiamo già sentito tutto ci sbagliamo alla grande, perché all'improvviso dal cilindro David estrae una critica alla società divagante e poetica come nei nove minuti e mezzo di "Cygnet Committee"... ma questo cilindro non ha fondo!: c'è spazio pure per l'orchestra e l'energia dell'immensa "Wild Eyed Boy From Freecloud", forse una delle più belle ballate scritte dal futuro Ziggy Stardust. Sulla stessa onda della di follia folk già ascoltata nella seconda traccia ascoltiamo il divertente addio a "Janine", seguita dagli echi intimistici di "An Occasional Dream". L'eccezionale espressività di questo "esordiente" si rivela ancora in "God Knows I'm Good": solo Bowie ci può raccontare in un modo del tutto particolare la storia di una signora che viene "sgamata" a taccheggiare al supermercato!
Questo sfolgorante e coloratissimo patchwork di immagini e suggestioni country e sinfoniche si chiude con "Memory Of A Free Festival": è il racconto della fine delle ideologie hippy, è la celebrazione disillusa dell'ultima festa dell'estate, dove l'organo saluta le dolci visioni di Bowie e il sole cala per sempre posando i suoi vibranti raggi su un affresco dove Peter Pan e Capitan Uncino si inseguono spensierati, dove parliamo con i Venusiani, dove senza catene attraversiamo la terra di Dio mentre il cielo di Londra riposa nelle nostre mani...

La torre di controllo si appresta a lanciare nell'etere le ballate (e la fama) di un ragazzo che con una lunga vestaglia floreale e i capelli da hobbit sale sul palco di un Festival Libero per pitturare con i suoni pastello della dodici corde i sogni, le immagini e i personaggi scaturiti dalla sua fantasia...a noi non resta altro che abbandorci a queste suonabilissime ispirazioni e alla fresca semplicità del presente...

da "Cygnet Committee"

"È passato tanto tempo
e c'è così poco di nuovo
E quando l'alba mi inonda
Di bagliori
I miei amici parlano
Di gloria, sogni mai raccontati, dove tutto è Dio e Dio è solo una parola"

(traduzione tratta da www.velvetgoldmine.it)

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