Mi risulta difficile descrivere pienamente la grandezza di questo live, un mostro sonoro ancora oggi inarrivabile, che splende da ormai oltre quarant'anni. L'album è un perfetto concentrato di follia hard rock, un distillato di tecnica strumentale, energia, classe, perfezione, l'apice di un'intera carriera. Registrato nella terra del sol levante, nell'agosto dell'ormai lontano 1972, raccoglie le eccezionali performances della band inglese ad Osaka e Tokio, concerti memorabili che decretarono "Made in Japan" come uno dei migliori live della storia del rock, contendendosi lo scettro con il "Live at Fillmore" dei fratelli Allman ed il "The Songs Remains the Same" degli Zeppelin.
La formazione della band è quella classica del Mark II, forse la migliore della storia del gruppo, con uno splendido e selvaggio Gillan alla voce, Ritchie Blackmore alla chitarra, Ian Paice alle pelli, il compianto Jon Lord con il suo organo mostruoso e "l'hippie" del gruppo, mister Roger Glover al basso. I cinque arrivavano dall'enorme successo ottenuto con il loro ultimo album in studio, "Machine Head", pieno zeppo di grandi classici come "Smoke on the Water", "Highway Star", "Lazy", opere che hanno consegnato all'olimpo del rock la band. Durante il tour dell'album la loro casa produttrice decise di registrare alcune date del loro tour in Giappone, per la creazione di un disco live, che secondo le intenzioni della band avrebbe dovuto uscire solamente in terra nipponica. Secondo quanto raccontato da Lord, il gruppo non era entusiasta all'idea di un disco dal vivo ma, sotto insistenza dei loro produttori, accettarono e lo chiamarono "Made in Japan", quasi in modo dispregiativo, dato che "prodotto in Giappone" a quell'epoca suonava come l'odierno "Made in China" o "Made in Taiwan", sinonimo di prodotto di scarsa qualità. Quale errore!!. Il sound è quello di una band al suo apice come feeling di gruppo, doti tecniche e tenuta di palco; le eccelse doti dei cinque vennero immortalate nel loro splendore ed è opinione comune che le tracce registrate live assunsero un nuovo e più potente fascino rispetto a quelle dei dischi in studio, oscurandole quasi completamente. L'album inizia con l'epica "Highway Star", pezzo immortale dove all'intro di organo di Lord subentra la Strato di Mr. Blackmore che infiamma la folla con il riff iniziale, distorcendo la chitarra quasi a maltrattarla, lasciando poi spazio alle doti vocali di Ian Gillan, che risplende di energia con la sua voce tagliente, esaltando la folla che va in delirio.. Come al solito per la band grande improvvisazione, con Lord e Blackmore che dominano la scena, sostenuti da una base ritmica eccezionale data da basso e batteria. A seguire i nostri danno il loro meglio con un altro grande classico, "Child in Time", che per intensità ed energia dà i brividi. Ascolto musica da tanti anni, ho sentito tante canzoni, belle voci, gruppi stupendi, ma devo dire che questa canzone, nella versione live di quest'opera, mi mette ancora sempre i brividi, eccezionale!! Gillan sfodera tutte le sue doti vocali nel falsetto, raggiungendo vette eccelse, selvagge, che sembrano provenire da una belva mitologica, accompagnato da una chitarra indiavolata e da un organo fantastico, che apre col suo fraseggio iniziale in modo pacato per poi sfogare tutta la sua rabbia nella parte centrale della canzone. "Child in Time" è la derivazione di un brano di qualche anno prima degli "It's A Beautiful Day", chiamato "Bombay Calling", preso in prestito e poi stravolto dalla band inglese.
Come non ricordare le immense "Smoke on the Water" con il suo riff storico di chitarra, e la splendida "Strange Kind of Woman", allungata a dismisura dalla band, dove nella parte centrale Gillan e Blackmore duettano e si sfidano l'uno col falsetto e l'altro con la sua chitarra, in un botta e risposta improvvisato che manda in delirio il pubblico presente. Altro brano rivitalizzato dalla cura live è il blues di "Lazy", sempre contenuto nell'album "Machine Head", dove trova molto spazio la creatività strumentale del gruppo, dove si sente appieno la sintonia tra l'organo e la stratocaster, che si scambiano riff e svisate di altissima qualità. Gillan ha poco spazio in questo brano con la sua voce, sebbene sempre potente e suadente, ma approfitta per far vedere le sue doti con l'armonica a bocca, dando al pezzo un calore blues da favola!! "Space Truckin'" è di dominio dell'organo che parte in un gemito mostruoso, dove Lord si lascia andare in tutta la sua bravura, anche qui allungando a dismisura il brano ed introducendo il resto della band in un ritmo forsennato, con il mitico riff di chitarra ed il potente cantato di Gillan..
In "The Mule" la voce grossa la fa Ian Paice; dopo un intro della band, il batterista si scatena in un ottimo assolo di vari minuti, dove mette in mostra tutte le sue capacità tecniche quasi volesse avvisare "Hey, non ci sono solo Bonham e Palmer ragazzi!!", mentre i compagni si riposano un attimo lasciando la scena tutta a lui..
Nella versione rimasterizzata esiste anche un secondo disco che contiene altri pezzi epocali come l'ottima "Lucille", cover in chiave hard rock del brano del padre del rock 'n roll Little Richard, da sempre presente nei live della band, e l'ottima "Black Night", esaltata rispetto alla versione di "In Rock", album che rappresentò la svolta hard del gruppo.
Alla pari se non di più di altre opere live, "Made in Japan" ha stabilito i cardini del vero disco dal vivo del rock, dandogli quella "patente" di grandiosità che ne fa il punto di arrivo di ogni band. Di li in poi per la band ci saranno cambiamenti, litigi, cambi di formazione, ricongiungimenti ma l'anima vera dei Purple risiede qui e risplenderà in eterno..
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