Titolo: Black Celebration
Autore: Depeche Mode
Produttore: Depeche Mode, Daniel Miller, Gareth Jones
Etichetta: Mute Records
Anno: 1986

"Facciamo una celebrazione nera" e le cose sono cambiate. Cambiate per i Depeche Mode che da quel momento in poi muteranno il loro stile musicale e anche il loro stile di vita personale fino a rischiare lo scioglimento piu' volte, fino a rischiare che Dave Gahan morisse non molti anni dopo.

"Facciamo una celebrazione nera" e Anton Corbijn si accorge di loro. Corbijn è un fotografo e regista olandese che già aveva collaborato con Joy Division e U2 e che, dopo aver ascoltato "Stripped" e l'intero disco, si rende conto che i Depeche Mode non sono piu' una band synth-pop per ragazzini ma che ora sono un gruppo adulto. Facile capire perchè: la melodia, l'arrangiamento, i suoni quasi orientali di "Stripped" la poesia melanconica del testo sono l'essenza stessa del disco, probabilmente la canzone migliore dell'intero album. Dopo aver ascoltato questa canzone Corbijn decide di lavorare con loro, e da quel momento fino a Ultra sara' autore di tutti i loro video, e anche in epoche più recenti continuerà ad essere il loro fotografo ufficiale e studierà per loro copertine e palco per i tour, godendo di libertà assoluta per le sue scelte. Praticamente un membro aggiunto dei Depeche.

"Facciamo una celebrazione nera" e Martin Gore va a Berlino, scrive da solo l'intero disco con un risultato che gli altri membri della band non apprezzano ma che poi con la collaborazione di tutti diventa uno dei loro dischi migliori.
Dai Kraftwerk a questo disco la musica si era sviluppata, c'era stato il punk che aveva rivoluzionato ogni cosa, non solo a livello sonoro ma anche il modo di concepire cos'è la musica. C'era stato il dark, figlio del punk, che aveva mostrato quanto cupi potessero essere gli animi. C'erano stati i Suicide. E qualcosa dentro il gruppo era cambiato, Martin Gore era cresciuto, i depeche non sono piu' i ragazzini dei primi due dischi e anche dagli altri precedenti due cominciano a prendere le distanze. Nostalgia nei testi, anche se qualcosa si poteva avvertire anche in Some Great Reward, cupezza e malinconia anche nelle melodie e nel suono. 6 mesi per registrare il disco, la ricerca di Wilder di un suono perfetto, Gore che vuole riscrivere tutto, Gahan che comincia piano piano la sua svolta rock nel cantato, liti interne al gruppo, Fletcher che cerca di fare da paciere, un disco continuamente rimandato ma che poi segnerà una svolta per i Depeche Mode. "Black Celebration" è l'inizio di un periodo più dark, che troverà in parte in "Music For The Masses" ma soprattutto in "Violator" e negli altri due dischi successivi un successore.

"Facciamo una celebrazione nera" così inizia il disco e già dalla prima traccia ("Black Celebration" appunto) ci si accorge di essere in un altro mondo rispetto a prima. Ritmi ossessivi, campionamenti, la voce di Gahan è piu' matura rispetto al passato e meglio si adatta al nuovo disco (voce che comunque a mio parere avrà un vero miglioramento a partire dal disco successivo), i suoni registrati da Wilder sono ricercatissimi, l'atmosfera della canzone ha un che di rituale ma un rituale, appunto, nero. "Fly On The Windscreen" continua più o meno sulla stessa strada: Gahan cerca di essere piu' sexy che mai, bellissima da questo punto di vista la versione live del tour del '93, mentre descrive un mondo dove la morte sta incombendo su di noi. Poi viene "A Question Of Lust", cantata da Gore con la sua voce angelica. Canzoni queste prime tre tutte legate sia musicalmente sia dai testi dove sempre si parla di amore. Amore che consola al termine di una giornata, che è l'unica cosa che vale quando tutto va a morire, timore di vederlo andare via. Il tutto presentato con un grande disincanto. Con la nostalgia di chi di questo amore e questo mondo sente la mancanza e ma cerca di distaccarsene per soffrire di meno. Da questa nostalgia, da questo mal di essere di Gore espresso nei testi nasce anche il suono che lo stesso Martin insieme ai produttori e a Alan vogliono ottenere: tetro e nostalgico. Come mai lo era stato prima, ma come Wilder avrebbe sempre voluto da quando era entrato nel gruppo.

Il disco prosegue con "Sometimes" e "It Doesen't Matter Two" entrambe cantante da Gore, più semplici da un punto di vista dell'arrangiamento, molto più dolci quasi a volersi distaccare dalle canzoni iniziali. Torna Gahan alla voce con uno dei classici del disco e che dal vivo rende di più "A Question Of Time" una canzone dal chiaro sapore rock dai ritmi ossessivi e incalzanti e che nasconde molta ironia (cosa tipica dei Depeche Mode). Di "Stripped" ho già parlato, quasi un mese di registrazioni solo per questa canzone, l'elettronica che diventa rock, il rock che diventa elettronica, in continuo crescendo, un vero inno, nulla lasciato al caso o all'improvvisazione, di suggestione quasi orientale, nel finale la doppia voce che si intreccia. Possibile fare meglio di "Stripped"?
"Here Is The House" è la più tipicamente anni '80 del disco. "World Full Of Nothing" è un piccolo ritorno al pessimismo abbandonato poco prima, bellissimo per me il finale.
"Dressed In Black" è una canzone dove Gahan mette in mostra i suoi miglioramenti vocali rispetto al disco precendente. Ma la forza di Gahan come cantante non è tanto la tecnica quanto l'espressività. La finale "New Dress" è la canzone dove più i DM offrono la loro visione politica criticando i mass media e chi li controlla.
"Non puoi cambiare il mondo, ma puoi cambiare i fatti, e se cambi i fatti puoi cambiare i punti di vista, e se cambi i punti di vista, puoi cambiare i voti, e se cambi i voti puoi cambiare il mondo" canta Gahan.
Niente male per 4 ragazzini superficiali partiti da Basildon, Essex.

La versione in cd contiene "Black Day" versione alternativa di "Black Celebration" come scritto nel Booklet, "Breathing In Fumes" remix di "Stripped" a cui i Rammstein deve qualcosa, e "But Not Tonight" già pubblicata in una versione leggermente diversa e voluta dall'etichetta americana Sire.

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