Dopo i suoni grezzi e pesanti di Train Of Thought i Dream Theater riscoprono la loro vena più melodica con l'ottimo Octavarium, forse uno degli l'album più sottovalutati della loro carriera. Forse siamo lontani da Images And Words ma quest'album regala comunque momenti molto efficaci. Il bisogno di calmarsi e prendersi una bella tazza di camomilla era molto sentito dalla band dopo il vetriolo di "Train Of Thought"; lo si sente molto in tracce come "These Walls", "The Answer Lies Within" e "I Walk Beside You" e, in generale, l'intero album volge su toni piuttosto moderati, ma non mancano pezzi estremi come "The Root Of All Evil" e soprattutto Panic Attack". Si nota anche una certa varietà fra le tracce: ogni traccia sembra essere diversa ed avere una storia a sé, nessuna traccia assomiglia ad un'altra. E le tracce sembrerebbero anche richiamare quella struttura strofa-ritornello su cui i Dream si sono sempre ripiegati in quei momenti in cui le idee non erano molto ben chiare, ma dobbiamo dire che queste strutture giovano all'album. Unica critica rivolgibile all'album è forse la scarsa personalità mostrata dai membri del gruppo nella composizione delle canzoni, che li vede quindi attingere melodie dai gruppi più disparati, ma non è un neo evidente sull'album. È come un disco con la superficie leggermente graffiata ma che si sente perfettamente comunque.

Altra curiosità che vi terrà incollati ad internet per saperne di più è l'incredibile legame numerico su cui si fonda l'album: ottavo album e quindi... si chiama Octavarium, ha otto tracce e tanti altri trucchi nascosti nella copertina, nel cd, nella durata delle canzoni; così tanti che per spiegarli ci vorrebbe una giornata. Da notare come anche le tracce sono intonate su toni diversi partendo da un fa con la prima track per arrivare al fa che chiude l'ottava con l'ultima e come queste tracce siano legate fra loro da accurati intermezzi (escluse quelle tracce intonate su quelle note fra le quali non c'è semitono).

Panoramizzando un po' sulle tracce si apre con "The Root Of All Evil" (terzo episodio della saga alcolisti anonimi) che comincia con l'ultima nota di piano di "In The Name Of God" (ancora una volta a collegamento con l'album precedente). Inizio molto sperimentale, quasi pinkfloydiano (i Pink Floyd di Time quasi quasi) per poi sfociare in melodie distorte e rabbiose che ricordano molto "Slither" dei Velvet Revolver ben addolcite dalle tastiere di Rudess. Notevole il solo di tastiera a meta brano, bello il finale di piano.

E ci si allieta subito con la ballad "The Answer Lies Within", di stampo quasi vintage, guidate dal piano e dal quartetto d'archi. Buona per chi cerca emozioni davvero forti.

"These Walls" sembra invece cogliere le influenze del nu-metal e del neo-progressive in un ritmo però lento e scorrevole. Il ritornello vede le chitarre distorte di Petrucci duettare con il bel riff di tastiera di Rudess, le strofe sono all'insegna dello sperimentalismo. E sfido chiunque a negare che la canzone assomigli a "From The Inside" dei Linkin' Park per ritmo e cambi di melodia. Se ne riparla dopo l'ascolto.

"I Walk Beside You" rappresenta forse l'episodio più clamorosamente commerciale della carriera della band. Canzone estremamente essenziale con chitarre in chiave evidentemente pop-rock stile U2.

E si arriva all'episodo più estremo del disco e forse della loro carriera, "Panic Attack": mai visti i Dream così frenetici, lo si capisce già sentendo l'attacco di basso iniziale. Ma tutto senza rinunciare alla melodia grazie a Rudess che regala ottime melodie in stile decisamente gothic. C'è spazio anche per una parte strumentale con soli e unisoni di chitarra e tastiera.

"Never Enough" risente molto del'influenza dei Muse, soprattutto se si ascolta "Stockholm Syndrome". Brano comunque abbastanza tecnico nonostante rispetti la struttura strofa ritornello. Da notare i pregevoli riff di tastiera di Rudess (a tratti più melodico, a tratti più distorto e la pare strumentale che vede duettare Petrucci e Rudess come ci hanno sempre abituato.

"Sacrificed Sons", più slegata dalla forma canzone, è il punto forse più basso dell'album. Inizio lento con un ottimo piano, poi si va su ritmi più aggresivi alternati dagli accompagnamenti dell'orchestra.

E si arriva così a "Octavarium", il fiore all'occhiello, con i suoi 24 minuti in cui sentiamo davvero tutte le facce dei Dream Theater. Una canzone che rappresenta quasi un viaggio nelle varie forme progressive che la storia abbia conosciuto. Inizio molto spaziale, poco diverso da quello di "Shine On Your Crazy Diamond" dei Pink Floyd, le tastiere di sottofondo sono accompagnate dal continuum di Jordan Rudess prima e dalla lap steel guitar dopo (suonata sempre da lui). Poi ci si cala nel neo-progressive con toccanti melodie di piano e chitarra a 12 corde che finiscono, verso il 12 minuto, per sfociare in un 7 minuti circa di vero e proprio progressive metal aperti da uno spettacolare assolo col sintetizzatore di Jordan Rudess, contrassegnati da una deliziosa parte strumentale con Petrucci e Rudess davvero in forma e chiusi da un riff di chitarra che diventa sempre più aggressivo (così come la voce di LaBrie che arriva addirittura ad urlare come mai fino ad ora) mentre di sottofondo si possono udire voci provenienti dalle 7 canzoni precedenti delle quali solo chi si è lavato le orecchie la mattina potrà accorgersene. Il finale opta per un prog più sinfonico dove un assolo di Petrucci è accompagnato dall'orchestra. La canzone si chiude con l'inizio di "The Root Of All Evil", a testimoniare la fine di un ciclo (il ciclo che li ha visti unire fra di loro gli album dal 5° all'8°).

Ottimo album, al di là di quanto si possa dire, criticare, contestare. Certo che se continuerete a ricordare i Dream solo per "Images And Words" e "Awake" non potrete apprezzare più nulla di ciò che di grande continueranno a fare.

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