Per chi ha ascoltato l'album "Fallen" che ha fatto conoscere questo gruppo al mondo intero, la prima impressione durante l'ascolto di "The Open Door" sarà probabilmente di sorpresa. Positiva o meno dipende dai gusti.

Di certo c'è che l'abbandono del gruppo da parte di Ben Moody ha inevitabilmente inciso sul sound di questa band dell'Arkansas. Probabilmente i fan sfegatati resteranno soddisfatti di questo prodotto. L'elemento che più salta all'occhio è la ricerca musicale. Una costante ricerca che punta all'elaborazione di melodie più complesse rispetto a "Fallen". Certo può essere questo un punto a favore degli Evanescence. Ma non necessariamente, perché durante l'ascolto risulta evidente che Amy Lee & Co. abbiano calcato eccessivamente la mano. Le tematiche dei testi sono pressoché le stesse del disco precedente, con una maggiore accentuazione del lato sentimentale.

L'album comincia con una canzone ("Sweet Sacrifice") che potrebbe essere tranquillamente rinominata "Going Under - pt. 2". Ciò non toglie che sia piacevole all'ascolto. "Call Me When You're Sober" è ormai conosciuta da tutti, e anche se non bissa il successo di "Bring Me To Life" raggiunge ugualmente un notevole successo. Anche questa volta troviamo delle ballate che ricordano "My Immortal" o la più sofisticata ma pur sempre bellissima "Hello". Ma questa volta si ha la netta sensazione che una tale elaborazione delle melodie tolga fascino a quelle che potrebbero essere delle belle canzoni. Ne è esempio "Good Enough", brano di chiusura che svolge bene questo ruolo grazie alla grande spazialità della melodia (gran parte del merito va all'orchestra), ma che non può essere lontanamente paragonabile a "Whisper", track conclusiva di "Fallen".

"The Open Door" piacerà sicuramente agli amanti del genere, ma in quanto ad acquisire nuovi fan è tutto da vedere. Siamo curiosi adesso di vedere quale sarà il prossimo passo di questa band americana.

Carico i commenti... con calma