Un titolo malinconicamente profetico anche se meritatamente esaudito, battezza l'ultima opera del grande letterato genovese. Opera raffinata oltre che dal livello delle liriche particolarmente elevato, anche dalle note accompagnatrici che si contraggono in matrimonio con eccellenti incursioni tribali (del rimpiantissimo Naco) e le graffianti espressioni gutturali del bravissimo Fossati, coadiuvato dall'impeccabile figlio Cristiano e dalla luminosa voce della sorella Luisa Vittoria.

De Andrè vuole concedersi una pausa. E vuole farlo nel migliore dei modi possibili. La sua ostinata incuria nel rispettare la propria salute lo costringe a fermarsi. purtroppo in maniera estrema. Forse lo sa e non vuole dirlo a nessuno o magari non se lo aspetta ma ci tiene a lasciare un testamento musicale.

I ronzii dei bicilindrici mescolati alle risate delle cortigiane deviate dei giorni nostri, aprono la strada ad una delle più toccanti, profonde, introspettive manifestazioni musicali esistenti sulla faccia della terra. Cristalli di clinker, spazzati dal pungente odore di evasioni corporali non possono resistere alla potenza incontrastata del vortice temporale che continua a battere incessantemente sulle orme lasciate dai nomadi provenienti da ignoti campi di sopravvivenza. Voci di speranza dalla liberazione di qualche male o presunto tale, vengono velate da suadenti scrosci di timbri a volte simili a volte diversi per accentuare o meno l'influenza di correnti benefiche adibite a lasciarci quel piccolo spiraglio di luce che serve a non farci perdere la voglia di superare gli ostacoli imposti dal vivere quoridiano. La potenza della natura distrugge ogni cosa servendosi di una sapiente fisarmonica e cori di provenienza vicino-orientale, così dolcmente irrompente da interagire senza scalfire nulla con la pittoresca caccia alle acciughe. Il sale che corrode le corde abbandonate sui moli tende a librarsi dalle stesse per raggiungere quelle che reggerebbero la delicatezza di una farfalla spinta dalla luminosità del sole. La strada termina, inaspettatamente con un vicolo cieco caratterizzato da un muro. Un muro su cui si infrangeranno troppe lacrime e dove nascerà un altare magico.

A questo punto, parafrasando una smisurata preghiera popolare sarda da te meravigliosamente rielaborata, sono contento di poter dire "Deus ti salve...Fabrizio".

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