Come nelle primissime canzoni, in questo, che è purtroppo l'ultimo album di De André, i protagonisti, le "Anime salve" appunto, sono gli emarginati, i poveri, tagliati fuori da una società basata solo sul denaro e sulla competizione. Per le musiche questa volta collabora l'illustre concittadino Ivano Fossati, ed è un peccato che questo sodalizio non sia potuto continuare. I due si compensano perfettamente: De André è soprattutto un poeta, Fossati un ormai raffinatissimo musicista. Nel disco si parla genericamente di "Testi e musiche di Fabrizio De André e Ivano Fossati", ma è verosimile che il primo abbia predominato nei testi e il secondo nelle musiche.

Comunque ciò che è venuto fuori è il vero capolavoro dell'ultimo De André, quello "etnico", anche se forse le uniche canzoni che sembrano un po' estranee sono quelle dialettali: "Dolcenera" (in parte in genovese) storia d'amore che si intreccia con l'evento di un'alluvione che colpisce Genova, e "A cumba" (La colomba), filastrocca popolare tipo "Volta la carta", in genovese, argomento una proposta di matrimonio. "Princesa", che apre il disco, è la storia di un brasiliano, nato maschio, che sottoponendosi alle cure più tremende "perché il suo corpo gli rassomigli sul lungomare di Bahia", finalmente diventa un "viado". Ricca di parole crude, come esigono la vicenda e l'ambiente, finisce in uno sfrenato samba. La canzone più da brivido di questo album è dedicata ad un popolo di emarginati, i rom : "Khorakhanè - a forza di essere vento" è insieme un quadro di squallida vita di un campo "strappato dal vento", di giorni uguali in cui "anche oggi si va a caritare", di incubi come le deportazioni, ma anche di sogni, di feste, di viaggi fatti "per la stessa ragione del viaggio: viaggiare". Commovente e ispirata, ha il suo culmine nel disperato canto finale in lingua rom (voce di Dori Ghezzi).

"Anime salve" ha una splendida musica, ritmo lento e molto elegante, ma un testo un po' troppo enigmatico, il più "fossatiano" del disco. "Le acciughe fanno il pallone", pur se in italiano, ricorda quei pescatori e a quei luoghi di mare descritti in "Creuza de ma". Suggestivi flauti accompagnano un ritmo elaborato, non troppo veloce. "Disamistade", con la sua ambientazione cupa, notturna, e le sue immagini tragiche richiama la Sardegna e le sue faide. "Ho visto Nina volare" offre atmosfere da sogno e una nitida chitarra classica. "Smisurata preghiera" è il brano più duro, più "rock" (escluso il finale orchestrale), ma ha in compenso un testo che è la sintesi dell'intero album: è un inno a "chi viaggia in direzione ostinata e contraria", ai "servi disobbedienti alle leggi del branco". Questo è un po' anche il significato dell'intero percorso artistico di De André, che lascia come ultima testimonianza di una vita e di un'arte "contro" questo disco da incorniciare.

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