La premessa che non faccio (generalmente) prima di uno scritto è, in casi come questo, d'obbligo: quest'Opera è stata già commentata da altri Utenti (sicuramente) in modi più competenti del mio, ciò che può rendere qusto commento superfluo. In tal caso, cordiali saluti; in caso contrario, buona (spero) lettura.
Lo scenario all'interno del quale si dispiega questa teoria di persone umane, in senso letterario (valore tutt'altro che "aggiunto" rispetto alle musiche dell'album) con riferimenti (metaforici) alla Poesia di Dante, o alla prosa di infiniti narratori, da G. Boccaccio a V. Woolf, è quello che l'album pubblicato 12 anni rispetto a questo "Anime Salve", vale a dire l'epocale "Creuza De Mä" aveva costruito. Potrebbe essere (o sembrare) fuori luogo, ma il parallelismo con la Letteratura Rinascimentale e Contemporanea vuole (nel modo di sentire di chi scrive) essere inteso in tal senso, una grandiosa e (poeticamente) suggestiva "struttura" all'interno della quale si snoda la "poesia" con il suo complemento di suggestione drammatica, triste, allegra, divertente, epica ed elegiaca, praticamente (se mi si passa lo schematismo "crociano" della struttura vs. poesia) tutti i registri possibili. C'è un elemento di assoluta modernità, che consiste nel fatto che il racconto attorno a questi personaggi ritratti nelle loro vite, e nel più grande contesto delle moltitudini umane che a tali vite sono sottilmente legate e più o meno sottilmente indifferenti, le moltitudini che tali scenari popolano. Tale elemento consiste nell'espediente narrativo di attraversare il dramma giungendo a sfiorare la tragedia, ma ritraendosi un istante prima, e sul versante opposto, percorrere i profili comici dei contorni dell'identità dei protagonisti delle storie di "varia umanità", senza colpirne al centro il carattere (potenzialmente) grottesco.
Tornando alla contestualizzazione filologica e artistica della produzione di Fabrizio de André, risulterà chiaro come (personalmente) abbia ritenuto questo "Anime Salve" il più diretto successore di quel "Creuza De Mä", anzichè del più recente (e assolutamente atipico nel suo eclettismo poetico e linguistico-musicale) "Le Nuvole". Non potendo definire quest'ultimo un album "di transizione" poichè si tratta di qualcosa che esula dalle tradiizonali definizioni (e quindi non adatto come metro di paragone), sembra, sul piano del sentire, che quest'Opera sia la "conclusione" del discorso lasciato "aperto" con il contraltare del 1984.
Laddove quella mulattiera di mare, forniva il punto di osservazione dal quale ritrarre "en plein air", oltre che di scorcio, un Mediterraneo che (per usare le parole del suo Autore) "va dal Bosforo a Gibilterra", e in cui l'intreccio degli strumenti tradizionali (penso soprattutto alle percussioni, ricercatissime, alle corde, dalla Chitarra Andalusa al Mandolino Napoletano, uniti a tecnologie anche digitali), l'impiego della Lingua Genovese, gli effetti di "realismo" prodotti dalle registrazioni delle voci dei mercati, il rumore del mare che si infrange sulla battigia di "D'A me riva" (la più simbolicamente esplicita nel senso poetico delle composizioni) globalmente costituivano un ambiente in cui prevaleva la suggetsione visiva, e il potere evocativo di suoni-rumori-ritmi e lingua (mai come in questo caso "musicale" essa stessa), formavano un "ritratto" di un ambiente, di uno spazio vero protagonista di quell'opera, in questo caso, l'attenzione poetica e narrativa si sposta verso le persone.
"Che ci fanno queste anime
davanti alla chiesa
questa gente divisa
questa storia sospesa"
("Disamistade")
In un certo senso è lo stesso spazio non più al centro della rappresentazione, ma all'interno del quale si svolgono le storie narrate.
Così accade in "Khorakané":
"porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane"
canto di una tribù rom serbo-montenegrina, minoranza e come tale fragile per definizione, e più estensivamente (come l'intera poetica sottesa a questa collezione di Canzoni indica) protagonista, assieme alle altre minoranze, o solitudini o semplicemente persone gravate della solitudine della loro stessa esistenza, viene posta al centro della rappresentazione, in un implicito vincolo di appartenenza non dichiarato da parte della stessa voce narrante, rispetto alle più ampie maggioranze (più o meno) informi, senza volto, e soprattutto parole.
Così accade in "Dolcenera", gioiello letterario per le figure del parlato, per la ricercatezza linguistica ("nera che porta via, che porta via la via, nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera nera") e soprattutto per le metafore ai più alti livelli della Poesia (l'intera storia si gioca sulla personificazione dell'acqua, in tutte le sue forme e modi di apparire, dalla potenza dirompente alla sinuosità di quell'acqua che prima "sale dalle scale sale senza sale, sale" poi, scende "dai vestiti incollati, da ogni gelo di pelle": sensualità immediata e violenza della Passione: quello che viene definito un Demone, l'Amore appunto).
Ma è nei tre momenti (se mi si permette di sceglierne simbolicamente tre) che l'Arte di De André di questo periodo si staglia nella sua consueta nettezza quasi scultorea, pur avvolta da una sensualità e sensibilità decisamente "femminili". "Princesa"
"Princesa", ritmata come tutto l'album, e come la Musica che in esso trova respiro accarezzata da una sottile brezza sudamericana, ha il testo più intensamente sofferto, drammaticamente scabroso che più duramente colpisce e mette alla prova l'ascoltatore, e al tempo stesso alterna ai momenti più duri i versi più lirici immaginabili
"Sotto le ciglia di questi alberi
nel chiaroscuro dove son nato
che l'orizzonte prima del cielo
ero lo sguardo di mia madre"
"Disamistade", che (pur essendo l'intero lavoro scritto con Ivano Fossati) più di tutte fa sentire l'impronta del Collega e concittadino di De André, in modo particolare in questa canzone, superba per l'atmosfera che la avvolge, la tensione drammatica, e il suo carattere di "scorcio" quasi "documentale" sulla "disamicizia" (che attraversa come una ferita l'Umanità qui ritratta), rivela una lontana affinità con quel capolavoro di Fossati che fu "La Pianta del Té" (in modo particolare si ascolti "La Volpe": i due brani sono strutturati in modo assai simle).
Non si può che porre al culmine la "Smisurata Preghiera", che letta sulla carta, ha un andamento in "calare", dall'incipit post-apocalittico ("alta sui naufragi dai belvedere delle torri sugli elementi del disastro"), e alludendo in modo finalmente esplicito alle minoranze e a coloro che "in direzione ostinata e contraria" hanno scelto (oppure "scelto") la difficile via dell'appartenenza ad esse, termina in modo quasi sommesso, quasi disperato, eppure quasi sarcastico con l'invocazione ad una sorta di "giustizia divina":
"non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere".
Sulla carta, leggendola prima di averla ascoltata, si diceva. Non è così nell'inscindibile intreccio di parole (musica esse stesse) e musica (parola appartenente ad altro linguaggio) che è questa canzone: anch'essa ritmata, anch'essa con essenze esotiche, anch'essa come nella Poesia di ogni tempo, come in Shakespeare, tra "Tragedy" e "Comedy": anche se, senza toccare nessuno dei due limiti, ne attraversa le infinite, e inesauribili, sfumature.
Elenco tracce testi e video
03 Anime salve (05:52)
Mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che bello il mio tempo che bella compagnia
Sono giorni di finestre adornate
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde
senza atti d'amore
senza calma di vento
solo passaggi e passaggi
passaggi di tempo
ore infinite come costellazioni e onde
spietate come gli occhi della memoria
altra memoria e non basta ancora
cose svanite facce e poi il futuro
I futuri incontri di belle amanti scellerate
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse e morsi e affanni per mille anni
mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande il mio tempo che bella compagnia
mi sono spiato illudermi e fallire
abortire i figli come i sogni
mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo
ti saluto dai paesi di domani
che sono visioni di anime contadine
in volo per il mondo
mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande questo tempo che solitudine
che bella compagnia
04 Dolcenera (04:59)
Amiala ch'a l'arìa amia
cum'a l'é cum'à l'é
amiala ch'a l'arìa amìa
ch'a l'é le ch'a l'é le
Amiala cum'a l'aria amia
amia cum'a l'é
amiala ch'a l'arìa amìa
ch'a l'é le
Nera che porta via
che porta via la via
nera che non si vedeva
da una vita intera
così dolcenera nera
nera che picchia forte
che butta giù le porte
ch'a l'é le
nu l'é l'aegua ch'a fa baggià
imbaggià imbaggià
nera di malasorte
che ammazza e passa oltre
nera come la sfortuna
che si fa la tana dove non c'è luna luna
nera di falde amare
che passano le bare
atru da stramuà
a nu n'à a nu n'à
Ma la moglie di Anselmo
non lo deve sapere
che è venuta per me
è arrivata da un'ora
e l'amore ha l'amore
come solo argomento
e il tumulto del cielo
ha sbagliato momento
Acqua che non si aspetta
altro che benedetta
acqua che porta male
sale dalle scale
sale senza sale sale
acqua che spacca il monte
che affonda e terra e ponte
nu l'è l'aegua de 'na rammà
'n calabà 'n calabà
ma la moglie di Anselmo
sta sognando del mare
quando ingorga gli anfratti
si ritira e risale
e il lenzuolo si gonfia
sul cavo dell'onda
e la lotta si fa scivolosa e profonda
amiala cum'a l'arìa amìa
cum'a l'é cum'a l'é
amiala cum'a l'arìa amìa
ch'a l'è le ch'a l'é le
Acqua di spilli fitti
dal cielo e dai soffitti
acqua per fotografie
per cercare i complici da maledire
acqua che stringe i fianchi
tonnara di passanti
atru da camallà
a nu n'à a nu n'à
oltre il muro dei vetri
si risveglia la vita
che si prende per mano
a battaglia finita
come fa questo amore
che dall'ansia di perdersi
ha avuto in un giorno
la certezza di aversi
Acqua che ha fatto sera
che adesso si ritira
bassa sfila tra la gente
come un innocente che non c'entra niente
fredda come un dolore
Dolcenera senza cuore
atru da rebellà
a nu n'à a nu n'à
e la moglie di Anselmo
sente l'acqua che scende
dai vestiti incollati
da ogni gelo di pelle
nel suo tram scollegato
da ogni distanza
nel bel mezzo del tempo
che adesso le avanza
così fu quell'amore
dal mancato finale
così splendido e vero
da potervi ingannare
Amiala ch'a l'arìa amia
cum'a l'é cum'à l'é
amiala ch'a l'arìa amìa
ch'a l'é le ch'a l'é le
Amiala cum'a l'aria amia
amia cum'a l'é
amiala ch'a l'arìa amìa
ch'a l'é le ch'a l'é le
06 Disamistade (05:13)
Che ci fanno queste anime
davanti alla chiesa
questa gente divisa
questa storia sospesa
a misura di braccio
a distanza di offesa
che alla pace si pensa
che la pace si sfiora
due famiglie disarmate di sangue
si schierano a resa
e per tutti il dolore degli altri
è dolore a metà
si accontenta di cause leggere
la guerra del cuore
il lamento di un cane abbattuto
da un'ombra di passo
si soddisfa di brevi agonie
sulla strada di casa
uno scoppio di sangue
un'assenza apparecchiata per cena
e a ogni sparo all'intorno
si domanda fortuna
che ci fanno queste figlie
a ricamare a cucire
queste macchie di lutto
rinunciate all'amore
fra di loro si nasconde
una speranza smarrita
che il nemico la vuole
che la vuol restituita
e una fretta di mani sorprese
a toccare le mani
che dev'esserci un modo di vivere
senza dolore
una corsa degli occhi negli occhi
a scoprire che invece
è soltanto un riposo del vento
un odiare a metà
e alla parte che manca
si dedica l'autorità
che la disamistade
si oppone alla nostra sventura
questa corsa del tempo
a sparigliare destini e fortuna
che fanno queste anime
davanti alla chiesa
questa gente divisa
questa storia sospesa
07 Â cúmba (04:03)
Pretendente:
Gh'aviu 'na bella cùmba
ch'à l'é xeua foea de cà
giànca cum'à nèie
ch'à deslengue a ciàn d'à sa
Duv'a l'è duv'a l'è
che l'han vursciua vèdde
çega l'àe a stù casa
speita cùme l'aigua
ch'a derua zu p'ou rià
Nu ghe n'è nu ghe n'è nu ghe n'è
Padre:
Càu où mè zuenòttu
ve pòrta miga na smangiaxùn
che se cusci fise purièsci
anàvene 'n gattixùn
Nu ghe n'è nu ghe n'è nu ghe n'è
Pretendente:
Vègnu d'a ca du rattu
ch'ou magùn où sliga i pe
Padre:
Chi de cùmbe d'atri
nu n'è vegnue nu se n'è posé
Pretendente:
Vègnu c'ou coeu maròttu
de 'na pasciùn che nu ghe n'é
Padre:
Chi gh'e 'na cùmba gianca
ch'a nu l'è a vostra ch'a l'è a me
Nu ghe n'è atre nu ghe n'è
nu ghe n'è atre nu ghe n'è
Coro:
A l'é xeua a l'é xeua
a cùmba gianca
de noette a l'é xeua
a ciàn d'a sa
A truvian a truvian
a cùmba gianca
de màzu a truvian
au ciàn d'ou pàn
Pretendente:
Vui nu vuriesci dàmela
sta cùmba da maià
giànca cum'a néie
ch'à deslengue 'nt où rià
Duv'a l'é duv'a l'é duv'a l'é
duv'a l'è dùve duv'a l'é
Padre:
Miè che sta cùmba bella
a sta de lungu a barbaciu
che nu m'a posse vèdde
a scricchi 'nté n'atru nìu
Nu ghe n'è nu ghe n'è nu ghe n'è
Pretendente:
A tegniò à dindanàse
sutt'à 'n angiòu de meigranà
cu' a cua ch'ou l'ha d'a sèa
a màn lingéa d'ou bambaxia
Duv'a l'è duv'a l'è duv'a l'è
duve duv'a l'è
Padre:
Zuenu ch'aei bén parlòu
'nte sta seiàn-a de frevà
Pretendente:
A tegnìo a dimdanàse
sutt'a 'n angiòu de meigranà
Padre:
Saèi che sta cùmba à mazu
a xeua d'a me 'nt a vostra ca
Pretendente:
Cu'a cua ch'où l'ha d'a sèa
a màn lingea d'ou bambaxia
Nu ghe n'è atre nu ghe n'è
nu ghe n'è atre nu ghe n'è
Coro:
A l'è xeua a l'è xeua
a cùmba gianca
de noette a l'è xeua
àu ciàn d'a sa
A truvian a truvian
a cùmba gianca
de màzu a truvian
àu ciàn du pàn
Duv'a l'è duv'a l'è
ch'a ne s'ascunde
se maià se maià
àu cian du pàn
cum'a l'è cum'a l'è
l'è cum'a nèie
ch'a vèn zu deslengue
da où ria
A l'è xeua a l'è xeua
a cùmba gianca
de màzu a truvian
àu ciàn d'a sa
Duv'a l'è duv'a l'è
ch'a ne s'ascùnde
se maià se maià
àu ciàn du pan
Cùmba cumbètta beccu de sea
sèrva a striggiùn
c'ou maiu 'n giàndun
Martìn ou va a pe
cun l'aze deré
foegu de légne ànime in çe
LA COLOMBA
Avevo una bella colomba
che è volata fuori di casa
bianca come la neve
che si scioglie a pian del sale
Dov'è dov'è
che l'hanno vista piegare
le ali verso questo questo casale
veloce come l'acqua
che precipita dal rio
Non ce n'è non ce n'è non ce n'è
Caro il mio giovanotto
non vi porta mica qualche prurito
che se così fosse potreste
andarvene in giro per amorazzi
Non ce n'è non ce n'è non ce n'è
Vengo dalla casa del topo (Qui di colombe d'altri)
che l'angoscia slega i piedi(Non ne sono venute)
Vengo con il cuore malato(Qui c'è una colomba bianca)
di una passione che non ha uguali(che non è la vostra che è la mia)
Non ce n'è altre non ce n'è
non ce n'è altre non ce n'é
E' volata è volata
la colomba bianca
di notte è volata
a pian del sale
la troveranno la troveranno
la colomba bianca
di maggio le troveranno
a pian del pane
Voi non vorreste darmela
questa colomba da maritare
bianca come la neve
che si scioglie nel rio
Dov'è dov'è
dove dov'è
Guardate che questa bella colomba
è abituata a cantare in allegria
che io non la debba mai vedere
stentare in un altro nido
Non ce n'è non ce n'è non ce n'è
La terrò a dondolarsi
sotto una pergola di melograni
con la cura che ha della seta
la mano leggera del bambagiaio
Dovè dov'è dov'è
dove dov'è
Giovane che avete ben parlato
in questa sera di febbraio
La terrò a dondolarsi
sotto una pergola di melograni
Sappiate che questa colomba a maggio
volerà dalla mia nella vostra casa
Con la cura che ha della seta
la mano leggera del bambagiaio
Non ce n'è altre non ce n'è
non ce n'è altre non ce n'è
E' volata è volata
la colomba bianca
di notte è volata
a pian del sale
la troveranno la troveranno
la colomba bianca
di maggio la troveranno
a pian del pane
Dov'è dov'è
che si nasconde
si sposerà si sposerà
a pian del pane
Com'è com'è
è come la neve
che vien giù sciolta
dal rio
E' volata è volata
la colomba bianca
di maggio la troveranno
a pian del sale
Dov'è dov'è
che si nasconde
si sposerà si sposerà
a pian del pane
Colomba colombina becco di seta
serva a strofinare per terra
col marito a zonzo
Martino va a piedi
con l'asino dietro
fuoco di legna anime in cielo
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Altre recensioni
Di Grasshopper
Questo è un po' anche il significato dell'intero percorso artistico di De André, che lascia come ultima testimonianza di una vita e di un'arte "contro" questo disco da incorniciare.
"Khorakhanè - a forza di essere vento" è insieme un quadro di squallida vita di un campo "strappato dal vento" e un disperato canto finale in lingua rom.
Di Poletti
Lui era un anima salva, noi non eravamo, e non siamo mai stati, "Anime salve".
Ci basterebbe un gesto, una parola, magari una poesia. Perché a volte, a salvarci l’esistenza, sono proprio i poeti.
Di enbar77
«Un titolo malinconicamente profetico anche se meritatamente esaudito, battezza l'ultima opera del grande letterato genovese.»
«Deus ti salve... Fabrizio».
Di jubilasiatikusu
Anime Salve è un capolavoro che unisce poesia e musica in un abbraccio indimenticabile.
Ogni brano è un viaggio dentro l'anima degli emarginati, raccontato con rara delicatezza.
Di joe strummer
Le «anime salve» di cui parla Faber non sono quelli che vanno in direzione ostinata e contraria... L’anima è un «bell’inganno», cioè non esiste, è un’illusione.
La vita è compagnia, ma è anche grande solitudine. De Andrè si vede da fuori: «Mi sono guardato piangere in uno specchio di neve / mi sono visto che ridevo / mi sono visto di spalle che partivo».