Penso che sia impossibile trovare qualcuno che non abbia mai sentito parlare di De André. Perché con la sua semplicità, con la sua poesia, con le sue grandi capacità compositive ha sfornato un capolavoro dopo l'altro. Merita tanto (anche di essere recensito ben 47 anni dopo la sua pubblicazione) quest'album. Canzoni sicuramente non allegre o da satira (per quello c'è "Rimini") ma, se il reparto testuale è di così alto spessore, di così grande impatto emotivo, l'allegria passa in secondo piano. Basta sentire la purezza e la rarità delle storie che il mito genovese racconta in brani come "Il suonatore Jones" o "Un ottico". Poesie accompagnate da dei suoni acustici, ricercati ma non pomposi, studiati talmente tanto bene, che dimostrano una preparazione musicale non da prima elementare. In realtà ci sono nell'album anche brani ("Un medico", "Un chimico", "Un giudice") che fanno della musica uno strumento per raccontare in maniera ritmata e incisa storie in realtà tristissime, di uomini lasciati al destino, morti o abbandonati sul lavoro, per il loro carattere solitario, per le deformazioni fisiche. E poi ancora grandissime canzoni che san rendere meno tragiche il racconto di matti, blasfemi, malati di cuore, con sonorità semplicissime, ma con un effetto indescrivibile, quanto meno su chi ascolta bene. Ma non da tutti i giorni. Del resto l'anello di congiunzione tra i cantautori compositori (Fossati, Dalla, Battisti) e i cantautori poeti (Guccini, De Gregori, Gaetano) era e sarà solo soltanto lui, almeno in Italia: De Andrè.
Elenco tracce testi e samples
03 Un giudice (02:55)
Cosa vuol dire avere
un metro e mezzo di statura,
ve lo rivelan gli occhi
e le battute della gente,
o la curiosità
d'una ragazza irriverente
che vi avvicina solo
per un suo dubbio impertinente:
vuole scoprir se è vero
quanto si dice intorno ai nani,
che siano i più forniti
della virtù meno apparente,
tra tutte le virtù
la più indecente.
Passano gli anni, i mesi,
e se li conti anche i minuti,
è triste trovarsi adulti
senza essere cresciuti;
la maldicenza insiste,
batte la lingua sul tamburo
fino a dire che un nano
è una carogna di sicuro
perché ha il cuore troppo
troppo vicino al buco del culo.
Fu nelle notti insonni
vegliate al lume del rancore
che preparai gli esami
diventai procuratore
per imboccar la strada
che dalle panche d'una cattedrale
porta alla sacrestia
quindi alla cattedra d'un tribunale
giudice finalmente,
arbitro in terra del bene e del male.
E allora la mia statura
non dispensò più buonumore
a chi alla sbarra in piedi
mi diceva "Vostro Onore",
e di affidarli al boia
fu un piacere del tutto mio,
prima di genuflettermi
nell'ora dell'addio
non conoscendo affatto
la statura di Dio.
Carico i commenti... con calma
Altre recensioni
Di Grasshopper
Avevo otto anni: dei testi di Fabrizio De André non capivo nulla, Edgar Lee Masters non sapevo neanche che esisteva.
Questo disco è soprattutto un meraviglioso inno alla libertà.
Di let there be rock
Il disco è il manifesto dell’arte poetica e cantastoriale di Fabrizio.
Le musiche sono cariche di pathos e coinvolgono l’ascoltatore anche quando sono molto semplici.
Di enbar77
Senza dubbio la più maestosa opera di quel Fabrizio De André che ha voluto per forza abbandonarci prima del tempo.
Mi azzarderei a dire, senza dover subire troppi dardi di Paridiana memoria, che si tratta del più grande album di musica leggera italiana.
Di YC
Fabrizio De André è stato un poeta, prestato alla musica, che ha saputo esprimere tramite essa parole di una profondità pazzesca.
Un disco mai vecchio, perché racconta storie sempre attuali, un disco che non si perde nel tempo.
Di the poet
Un disco unico nel panorama italiano, Colto, Impegnativo, Poetico e forse il picco più alto del de André poeta.
Le versioni di De André sono più belle delle originali di E.L. Masters, troppo limitate dal contesto storico del 1918.