Un album di transizione: parole che, di solito, fanno storcere il naso a coloro che, avvicinandosi a una data Band o Artista, vorrebbero conoscerlo con viva curiosità. Alla maggioranza, interessata ai capolavori o ai lavori più influenti, non resta che tuffarsi su quelli o, alla peggio, nelle raccolte, poiché, probabilmente considerati “meno originali”. La parola “originale” in sé e per sé mi ha sempre lasciato scettico: dire che un dato lavoro è originale lo si può al massimo contestualizzare, non parlarne nel corso della storia (seppur breve) della musica più “popolare”. Usare poi questa parola con Fabrizio De André suona poi davvero difficili, seppur, a detta di chi scrive, Faber resta il cantautore che forse più di altri ha rappresentato, se non addirittura plasmato, la musica d’autore Italiana. Confrontarmi con i tempi moderni, mi viene qualche sentimento di malinconia: da una parte c’è un oramai diffuso riconoscimento del cantautore genovese dalla critica, dall’altra molti artisti anche delle nuove generazioni hanno, a mio parere, solo paura di confrontarsi con lui.
“Rimini”, un lavoro sì di transizione per la maggior parte di fanatici e critici, certo meno d’impatto di altri capolavori precedenti e successivi, ma non per questo da sottovalutare. Se da una parte l’artista fa, seppur cripticamente, intravedere le delusioni delle società, della politica, della cultura in molti brani, dall’ altra sembrerebbe, a chi scrive, mostrerebbe una via di fuga dai dolori della società in un mondo fiabesco e popolare, seppur in molti casi questa via di salvezza è impossibile da percorrere.
La traccia di apertura mostra una fragile ragazza, Teresa, che, per scappare dalla vita dolorosa, fugge con la mente, chiedendosi dov’è il suo “amore perso/ a Rimini d’Estate”. Dopo fantasiose supposizioni, la mente vola sulla nave di Colombo, colui che “per un triste re cattolico” avrebbe promesso “un regno, e lui lo ha macellato su una croce di legno”. Teresa torna alla realtà dolorosa di un aborto, forse non diversa da quell’aborto dell’America (problema già mostrato più avanti nel 1981 nell’” Indiano”).
“Volta la carta”, definito da Bubola un “surrealismo popolare”, dimostra proprio un mondo fiabesco in cui vari elementi della tradizione si mescolano, ed è l’ultima canzone dell’album con un lieto fine, seppur travagliato per “Angiolina” dalle “scarpette blu”, poiché “carabiniere l’ha innamorata/volta la carta e lui non c’è più”; uno dei pezzi più famosi dell’album, riproposto più volte dal vivo, varie immagini scollegate si alternano in una rapida “filastrocca” con ottimi risultati.
“Coda di lupo” mostra la disillusione piena di De Andrè per gli “Indiani Metropolitani” del’77 e per gli altri avvenimenti, tra cui la morte di Aldo Moro. Il testo è criptico ricco di metafore (“e nella notte della lunga stella con la coda”) ma non solo (“uccisi uno smoking e glielo rubai”). Ogni volta, il protagonista scardina tutti gli Dei, gli ideali, tipici di ogni aspetto della società.
“Andrea”, altra ballata famosa contro la guerra del Nostro, è un altro capolavoro dell’album, se non della discografia dei suoi pezzi di culto. La guerra porta vari dolori, molte vittime: figli dati alla guerra, padri che non potranno essere più abbracciati, e amori perduti: Andrea, omosessuale, “si è perso e non sa più tornare”. De André lo ha affermato, ma debolmente si può intravedere: “E Andrea l’ha perso, ha perso l’amore”. Perso l’amore, certo, ma perso anche l’amante: forse questo gioco è voluto, come i “riccioli neri”. Il tragico finale viene descritto come un invito dal secchio:” Signore, il pozzo è profondo […] più fondo del fondo degli occhi della notte del pianto”. Invito accettato da Andrea seguito dal “Tema di Rimini” che cresce in atmosfera con gli archi e si stempera con le chitarre.
“Avventura a Durango”, traduzione tratta da “Desire” di Bob Dylan, gli valse i complimenti dal collega d’oltreoceano: un’avventura/fuga d’amore sognante con il desiderio di redenzione, il cui finale si sospende nel dubbio dopo “il dolore caldo”. Allo spagnolo viene sostituito un miscuglio di dialetti del Sud Italia, ed è in linea con la riscoperta stilistica del mondo di Dylan e Cohen iniziata con De Gregori (“Canzoni” e “Volume VIII”) e conclusasi con questo album. Suggestivi i versi che ci pongono in un universo messicano tra “corrida e tequila ghiacciata”, tra Toreador e Villa.
La sognante “Sally” è una storia trasognante con tradizioni popolari, riferimenti specifici (il re topo di Marquez), ove il protagonista lascia con dolore tutto: prima la famiglia, poi l’amore, poi il “pesciolino d’oro”, facendo abuso di “eroina”, restando senza nulla di concreto. E’ un pezzo esemplare, ove “Marinella” e “Volta la carta” si fondono benissimo con grande lirismo. Pezzo meno famoso ma non da sottovalutare.
“Zirichiltaggia” è una contesa per un’eredità nel sardo gallurese dopo “quattro anni di Sardegna”: ognuno dei due contendenti critica l’altro per ogni singolo difetto. Rapido e vivace, in cui il violino “detta” il ritmo all’atmosfera. Con questa, Faber si inizia a interessarsi ai dialetti.” Se non fosse per Manzoni e altri […] “l’italiano verrebbe usato solamente in “tribunale”.
La “London Valour” naufragata nel 1970 è un’ennesima metafora della nave-società che va alla deriva portandosi tutti dietro. Vari i possibili riferimenti: “massoneria”, attentati, guerriglie vive in quegli anni, proposti in una sorta di “talking blues”, tipici brani parlati a sfondo politico. Infatti, più che cantato, il brano è quasi parlato. Folaghe conclude l’album stemperando di nuovo il dolore precedente.
Elenco tracce testi samples e video
01 Rimini (04:07)
Teresa ha gli occhi secchi
guarda verso il mare
per lei figlia di pirati
penso che sia normale
Teresa parla poco
ha labbra screpolate
mi indica un amore perso
a Rimini d'estate.
Lei dice bruciato in piazza
dalla santa inquisizione
forse perduto a Cuba
nella rivoluzione
o nel porto di New York
nella caccia alle streghe
oppure in nessun posto
ma nessuno le crede.
Coro: Rimini, Rimini
E Colombo la chiama
dalla sua portantina
lei gli toglie le manette ai polsi
gli rimbocca le lenzuola
"Per un triste Re Cattolico - le dice -
ho inventato un regno
e lui lo ha macellato
su di una croce di legno.
E due errori ho commesso
due errori di saggezza
abortire l'America
e poi guardarla con dolcezza
ma voi che siete uomini
sotto il vento e le vele
non regalate terre promesse
a chi non le mantiene ".
Coro: Rimini, Rimini
Ora Teresa è all'Harrys' Bar
guarda verso il mare
per lei figlia di droghieri
penso che sia normale
porta una lametta al collo
è vecchia di cent'anni
di lei ho saputo poco
ma sembra non inganni.
"E un errore ho commesso - dice -
un errore di saggezza
abortire il figlio del bagnino
e poi guardarlo con dolcezza
ma voi che siete a Rimini
tra i gelati e le bandiere
non fate più scommesse
sulla figlia del droghiere".
Coro: Rimini, Rimini
04 Andrea (05:31)
Andrea si è perso, si è perso e non sa tornare
Andrea si è perso, si è perso e non sa tornare
Andrea aveva un amore, Riccioli neri
Andrea aveva, aveva un dolore, Riccioli neri.
C'era scritto sul foglio che era morto sulla bandiera
C'era scritto e la firma era d'oro era firma di re
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Occhi di bosco contadino del regno profilo francese
Occhi di bosco soldato del regno profilo francese
E Andrea l'ha perso ha perso l'amore la perla più rara
E Andrea ha in bocca un dolore la perla più scura.
Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo
Andrea gettava Riccioli neri nel cerchio del pozzo
Il secchio gli disse - Signore il pozzo è profondo
più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto.
Lui disse - Mi basta mi basta che sia più profondo di me.
Lui disse - Mi basta mi basta che sia più profondo di me.
06 Avventura a Durango (04:51)
Peperoncini rossi nel sole cocente
polvere sul viso e sul cappello
io e Maddalena all'occidente
abbiamo aperto i nostri occhi oltre il cancello
ho dato la chitarra al figlio del fornaio
per una pizza ed un fucile
la ricomprerò lungo il sentiero
e suonerò per Maddalena all'imbrunire.
Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà
e presto arriveremo a Durango
Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà
tu potrai ballare o fandango
Dopo i templi aztechi e le rovine
le prime stelle sul Rio Grande
Di notte sogno il campanile
e il collo di Ramon pieno di sangue
Sono stato proprio io all'osteria
a premere le dita sul grilletto
Vieni mia Maddalena voliamo via
il cane abbaia quel che è fatto è fatto
Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà
e presto arriveremo a Durango
Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà
tu potrai ballare o fandango
Alla corrida con tequila ghiacciata
vedremo il toreador toccare il cielo
All'ombra della tribuna antica
dove Villa applaudiva il rodeo
Il frate pregherà per il perdono
ci accoglierà nella missione
Avrò stivali nuovi un orecchino d'oro
e sotto il livello tu farai la comunione
La strada è lunga ma ne vedo la fine
arriveremo per il ballo
e Dio ci apparirà sulle colline
coi suoi occhi smeraldi di ramarro
Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà
e presto arriveremo a Durango
Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà
tu potrai ballare o fandango
Che cosa è il colpo che ho sentito
ho nella schiena un dolore caldo
siediti qui trattieni il fiato
forse non sono stato troppo scaltro
Svelta Maddalena prendi il mio fucile
guarda dove è partito il lampo
miralo bene cercare di colpire
potremmo non vedere più Durango
Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà
e presto arriveremo a Durango
Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà
tu potrai ballare o fandango
07 Sally (04:48)
Mia madre mi disse - Non devi giocare
con gli zingari nel bosco.
Mia madre mi disse - Non devi giocare
con gli zingari nel bosco.
Ma il bosco era scuro l'erba già verde
lì venne Sally con un tamburello
ma il bosco era scuro l'erba già alta
dite a mia madre che non tornerò.
Andai verso il mare senza barche per traversare
spesi cento lire per un pesciolino d'oro.
Andai verso il mare senza barche per traversare
spesi cento lire per un pesciolino cieco.
Gli montai sulla groppa sparii in un baleno
andate a dire a Sally che non tornerò.
Gli montai sulla groppa sparii in un momento
dite a mia madre che non tornerò.
Vicino alla città trovai Pilar del mare
con due gocce d'eroina s'addormentava il cuore.
Vicino alle roulottes trovai Pilar dei meli
bocca sporca di mirtilli un coltello in mezzo ai seni.
Mi svegliai sulla quercia l'assassino era fuggito
dite al pesciolino che non tornerò.
Mi guardai nello stagno l'assassino s'era già lavato
dite a mia madre che non tornerò.
Seduto sotto un ponte si annusava il re dei topi
sulla strada le sue bambole bruciavano copertoni.
Sdraiato sotto il ponte si adorava il re dei topi
sulla strada le sue bambole adescavano i signori.
Mi parlò sulla bocca mi donò un braccialetto
dite alla quercia che non tornerò.
Mi baciò sulla bocca mi propose il suo letto
dite a mia madre che non tornerò.
Mia madre mi disse - Non devi giocare
con gli zingari del bosco.
Ma il bosco era scuro l'erba già verde
lì venne Sally con un tamburello.
08 Zirichiltaggia (02:18)
Di chissu che babbu ci ha lacátu la meddu palti ti sei presa
lu muntiggiu rúiu cu lu súaru li àcchi sulcini lu trau mannu
e m'hai laccatu monti múccju e zirichèlti.
Di quello che papà ci ha lasciato la parte migliore ti sei presa
la collina rosa con il sughero le vacche sorcine e il toro grande
e m'hai lasciato pietre, cisto e lucertole.
Ma tu ti sei tentu lu riu e la casa e tuttu chissu che v'era 'ndrentu
li piri butìrro e l'oltu cultiato e dapói di sei mesi che mi n'era 'ndatu
parìa un campusantu bumbaldatu.
Ma tu ti sei tenuto il ruscello e la casa e tutto quello che c'era dentro
le pere butirre e l'orto coltivato e dopo sei mesi che me n'ero andato
sembrava un cimitero bombardato.
Ti ni sei andatu a campà cun li signuri fènditi comandà da to mudderi
e li soldi di babbu l'hai spesi tutti in cosi boni, midicini e giornali
che to fiddòlu a cattr'anni aja jà l'ucchjali.
Te ne sei andato a vivere coi signori, facendoti comandare da tua moglie
e i soldi di papà li hai spesi tutti in dolciumi, medicine e giornali
che tuo figliolo a quattro anni aveva già gli occhiali.
Ma me muddèri campa da signora a me fiddòlu cunnosci più di milli paráuli
la tòja è mugnedi di la manzàna a la sera e li toi fiddòli so brutti di tarra
e di lozzu e andaràni a cuiuàssi a a calche ziràccu.
Mia moglie vive da signora e mio figlio conosce più di mille parole
la tua munge da mattina a sera e le tue figlie sono sporche di terra
e di letame e andranno a spostarsi a qualche servo pastore.
Candu tu sei paltutu suldatu piagnii come unu stèddu
e da li babbi di li toi amanti t'ha salvatu tu fratèddu
e si lu curàggiu che t'è filmatu è sempre chiddu
chill'èmu a vidi in piazza ca l'ha più tostu lu murro
e pa lu stantu ponimi la faccia in culu.
E tu quando sei partito soldato piangevi come un bambino
e dai padri delle tue avanti t'ha salvato tuo fratello
e se il coraggio che ti è rimasto è sempre quello ce la vedremo in piazza
chi ha la testa dura e nel frattempo mettimi la faccia in culo
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Altre recensioni
Di Grasshopper
"Rimini è una stupenda ballata con delicati arpeggi di chitarra, un profondo ritratto di donna nello stile di Leonard Cohen."
"Con 'Avventura a Durango' De André ebbe i complimenti di Bob Dylan per l’ottima traduzione di questa storia di due fuggitivi."
Di AJM
"'Rimini' è denso di quella malinconia di fondo che ti abbraccia."
"Non è da cercare qui il De André più famoso, ma un artista da riscoprire in solitudine, fuori dalla massa."
Di wolfatthedoor
Ascoltare questo disco ad occhi chiusi, lascia la fantasia libera di viaggiare tra una serie di immagini.
La poesia di Faber raggiunge punte elevatissime nella title track, storia della 'figlia del droghiere' costretta ad 'abortire il figlio del bagnino e poi guardarlo con dolcezza'.
Di POLO
Rimini è un album che merita, a parte 'Avventura a Durango' che vorrebbe rileggere quella vecchia canzone di Bob Dylan ma a me fa venire in mente solo la casa del grande fratello.
Non riesco a trattenere la commozione quando parte la canzone 'Andrea': 'Andrea aveva un amore riccioli neri'.