Sabato 11 dicembre andai con un amico al Latte Più, un locale a Brescia ove era in programma il concerto degli inglesi Firebird.

L’arrivo.
Attorno alle dieci e mezza, dopo alcuni minuti spesi per cercare il posto, ubicato in una grande zona industriale, arrivammo a destinazione. All’ingresso riconobbi immediatamente il nuovo bassista dei Firebird, Greyum May, al telefono. Mi sarebbe piaciuto scambiare due chiacchiere con lui, così aspettai qualche minuto… tuttavia la telefonata doveva essere molto lunga! Fu così che mi arresi e tornai dentro per non congelare. Eccomi dentro, ed ecco la sorpresa numero due: Bill Steer, il frontman famoso per aver militato nei Carcass, era qualche metro avanti a me e chiacchierava con qualcuno. Mi giro per dire all’amico: “Hey, è proprio lui!” ed ecco che, come volto nuovamente lo sguardo, Bill è sparito, dietro al palco. Peccato! In due minuti mi ero fatto sfuggire due membri della band!
Dopo questi sfortunati eventi, bevemmo una birra e attendemmo pazientemente l’inizio del concerto. Per fortuna il DJ alle nostre spalle aveva un valido repertorio a disposizione e, per merito di ciò, l’attesa fu più piacevole col giusto sottofondo. Si stava bene all’interno del Latte Più: l’atmosfera era piuttosto calda e le luci contribuivano a rendere l’ambiente ulteriormente gradevole. Peraltro non era nemmeno pieno di gente, e questo non poteva essere che un bene: quando vennero i Pelican il pubblico era talmente numeroso che ci si muoveva a malapena.

OJM
Attorno alle undici si creò un po’ di movimento dalle parti del palco e il gruppo d’apertura, gli OJM, entrò in scena. Devo ammettere che non li conoscevo proprio ma mi sono goduto la loro esibizione. I quattro ragazzi suonarono della buona musica, un rock con sfumature stoner che strizzava l’occhio ai 70s. Fatto piuttosto insolito, non avevano un bassista, bensì un tastierista. L’inizio del loro show fu piuttosto impressionante, col chitarrista intento a fare sfoggio delle sue doti effettistiche. Se poi aggiungiamo che potevano vantare un cantante talentuoso, passionale e potente allora il gioco è fatto. E invece no: una condizione simile alla noia prese piede dopo alcune canzoni, a causa del sound un po’ ripetitivo e sconosciuto ai più. Il pubblico non era molto interessato, vi erano applausi educati al termine di ogni canzone ma posso giurare che non aspettassero altro che finissero per cedere il posto ai Firebird.
Entro mezzanotte gli OJM finirono, così demmo un’occhiata allo stand del merchandising. CD, vinili, magliette…bella roba, un po’ fuori portata per due giovani perennemente al verde! Fu così che applicammo la filosofia del “guardare ma non toccare”.

Firebird
Volevamo i Firebird e, puntualmente, i Firebird arrivarono a mezzanotte. Eravamo molto euforici. Bill Steer, Greyum May e l’ipertatuato batterista Ludwig Witt presero i loro posti sul palco. In un buon italiano Bill ci salutò (“Buonasera”) e, nel vedere il pubblico sparpagliato: “Come here, come, join us!” e allora eccoci di fronte a lui, appena sotto al palco. L’opener del concerto fu la potente For Crying Out Loud, dall’ultimo album Double Diamond. Molto soddisfacente la scelta della scaletta, equilibrata e pregevole. Blue Flame, Jack the Lad, Silent Stranger: il groove di Grand Union era scintillante in sede live, così come l’attitudine diretta e sincera di Meantime. Molto buona anche la cover di James Taylor, Fool for You. Bill Steer offrì uno spettacolo fantastico, grazie al suo talento genuino, sia alla chitarra che alla voce e addirittura all’armonica! C’era da aspettarselo da uno come lui. Anche il bassista fece bella figura, dimostrando di saperci fare col suo strumento, dettando ritmiche energiche e potenti. Uno dei momenti più intensi della serata lo regalò Ludwig Witt, che durante Zoltana si esibì in un assolo che, dai venti secondi del disco, fu prolungato oltre due minuti! Veramente impressionante!
Ironicamente chiusero col classico Slow Blues, il pezzo più veloce. Senza particolari attenzioni al pubblico lasciarono il palco e la magia della serata se ne andò con loro…apparentemente! Dopo pochi istanti cominciammo coi cori “We want more! We want more!” e, poco dopo, tornarono in scena. Che dire dell’encore Four Day Creep, cover degli Humble Pie? Eseguita con maestria, il miglior modo per chiudere un concerto da 10 e lode.

Post-concerto (considerazioni e return trip)
Alla fine dello show pensai di aspettare un po’ per poter beccare i membri della band a spettacolo concluso ma, sfortunatamente, Morfeo stava per impossessarsi del mio amico nonché autista della serata così, onde evitare spiacevoli sorprese, convenimmo che era il caso di tornare.
Quanto a musica e musicisti ecco il mio responso:

  • OJM: hanno buone intuizioni, i ragazzi sanno il fatto loro ma devono farne ancora di strada. Voto: 7/10
  • Firebird: concerto pressoché perfetto, incredibile la potenza che riesce a sprigionare dal vivo un minuto power trio, tutto ciò ha un nome: classe. Voto: 10

Dovendo dare un voto complessivo alla serata non c’è media matematica che tenga, 10 per tutta la vita!

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