Come ormai è di usanza, attorno ad ogni disco in uscita degli Iron Maiden si crea un'attesa quasi spasmodica, questo disco non ha fatto la differenza.

In questi anni più che mai questa band è sotto l'occhio vigile ed implacabile di ogni metallaro che ne sonda la qualità delle uscite, spesso con scetticismo... ciò nonostante quello che mi appresto a recensire è un lavoro che, invece di tentar di accontentare tutti, se la va proprio a cercare... sì, perchè i Maiden anche questa volta sembrano voler ribadire il concetto su cui il loro ideale di produzione si basa da anni, ovvero: "noi facciamo quel che ci pare e basta".

"A Matter of Life and Death" si presenta dunque come un prodotto controcorrente, ambizioso, un certo senso anche rischioso, infatti eccetto l'opener l'intero album si basa su brani alquanto lunghi, non vi sono pezzi immediati alla "2 minutes to midnight", "the evil that men do" o "run to the hills", l'intero album si basa sulla formula magica inventanta nel precedente album 'Dance of Death' con il brano "Paschendale", intro lenta, crescendo, assoli, outro lenta ma proposti in salsa creativa di vari stili musicali (blues, folk, metal..), in sostanza con questo disco i Maiden, nonostante la posizione di status simbol inattaccabile, hanno intrapreso un cammino che quasi li dissocia da un passato del quale resta solo una certa sfumatura a livello di sound e di qualche soluzione compositivo-strutturale.

Già l'opener DIFFERENT WORLD, pur essendo la più immediata e corta dell'album, utilizza un tipo di chorus e pre-chorus in stile Thin Lizzy, ovvero qualcosa di completamente inusuale per loro, con un cantato basso, per certi versi difficile da assimilare ma anche azzeccato ed esaltante, in ogni caso questa si rivela un'ottima opener ma ben lontana da ciò che segue.

THESE COLOURS DON'T RUN è il classico brano alla Maiden, forse l'unico nell'album, parte lento ma ritmato, cresce sempre più in velocità e potenza, questo brano parla della figura del soldato, uomo comune che rischia la vita per il proprio lavoro e il ritornello è un'incitazione al coraggio che certamente in molti canteranno a gran voce ai concerti, dopo il secondo antemico chorus, parte la sezione solista di chitarra, la quale ci riporta indietro nel tempo fino agli anni '80, fantasia ed esecuzione magistrale, musica per le orecchie.

BRIGHTER THAN A THOUSAND SUNS... parla della bomba atomica, in effetti una bomba lo è per davvero, pesante, molto pesante, con sezioni di chitarra alla Metallica, cresce in furia... e poi si spegne d'improvviso nel ritornello.. la voce sussurrante di Bruce che sembra perdersi nell'infinito, per poi riprendere in potenza e intensità, d'mprovviso il cambio il tempo, la cavalcata, la voce solenne e altisonante, la confusione, una serie di assoli incrociati, la calma, ancora potenza... di nuovo il ritornello quasi contemplativo, come se volesse esprimere lo stupore di un bambino al crescere di quella terrificante luce in una scena a rallentatore... l'esplosione finale, l'ultima constatazione a voce bassa, quasi morente "holy father we have sinned. . . ", un brano che racchiude la potenza di un calcio nello stomaco e la delicatezza di un fiore di montagna, brillante, più di mille soli.

THE PILGRIM: brano rocker alquanto particolare e interessante, con un ritornello di difficile accesso e assoli dal sapore quasi egizio, riporta indietro nel tempo al periodo powerslave ma in modo completamente diverso, ottimo.

THE LONGEST DAY: di certo uno dei capolavori assoluti dell'album. Un oscuro giro di basso ci trasporta sulle spiagge della Normandia, i soldati si incitano l'un l'atro, è arrivato il momento di sfidare la morte per il bene del mondo, il brano cresce, sempre più deciso, le barche si avvicinano alla spiaggia, i soldati si scagliano in acqua e con essi la canzone esplode in solennità, arriva il ritornello, la voce di Bruce che sembra superare l'infinito, oltre la cortina di proiettili che si riversano contro i fragili corpi, oltre quell' inferno, fino al cielo... parte la sezione strumentale, eccelsa, coinvolgente, brillante, si ritorna al cantato, la canzone non sembra trovare un vera fine, cosa ne rimane di quei soldati, se siano sopravvisuti o se si siano uniti in riposo nelle rosse acque solo Dio può saperlo. Eccellente, diventerà un dei grandi classici dei Maiden.

OUT OF THE SHADOWS: una carezza dopo lo schiaffo morale precedente, è più simile ad un classico brano solista di Bruce che uno dei Maiden... e in effetti in questo brano Bruce da forse il meglio di sè da molti anni a questa parte. È una semi ballata, trascinante, con un ritornello che ricorda forse un pò Tears of the Dragon, veramente interessante e ben congeniata la parte strumentale dal sapore blues, in sostanza un brano più che ottimo.

THE REINCARNATION OF BENJAMIN BREEG: parte in atmosfera, la voce narrante di Bruce, la calma prima della tempesta, improvvisamente l'esplosione, le chitarre ci vanno giù pesante, il ritmo e abbastanza statico e in generale la struttura semplice, ma di grande effetto, un'inno alla sofferenza, buon brano.

FOR THE GREATER GOOD OF GOD: l'altro capolavoro assoluto dell'album. Geniale e di grande impatto l'intro, ciò che credete sia il ritornello in realtà non lo è, ad un certo punto infatti è la voce potente e altisonante di Bruce che lo marchierà a fuoco nella vostra mente, la sezione strumentale è stupenda e originale, anch'essa alquanto convolgente, un brano molto lungo, ma si spererebbe che non finisca mai.... un brano che riflette sull'uomo e sulla guerra, mi permetto di definirla la "Rime of the Ancient Mariner" del nuovo millennio.

LORD OF LIGHT: strano, inusuale. . . ma molto interessante oserei dire, ha delle venature folk e delle brillanti idee compositive, orecchiabile e dal sapore biblico il ritornello, in effetti questo brano parla di Lucifero e Dio, non è un brano di facile accesso, personalmente è quello che ho dovuto ascoltare di più per apprezzarlo ma ne è valsa la pena.

THE LEGACY: un piccolo capolavoro anticonformista nella discografia Maideniana. Ha un'atmosfera medievale, Bruce sembra un cantastorie alla corte del Re, le idee racchiuse in questo brano sono fulminanti, particolare e d'impatto il ritornello e ben congeniata la parte strumentale, si chiude come è iniziata, in un'atmosfera oscura e sinistra. . . grande prova finale, molto interessante e magistralmente riuscita.

IN CONCLUSIONE

TESTI: sotto il profilo dei testi molto facilmente questo è il miglior album nella storia dei Maiden, tutti molto ispirati e d'impatto.
MUSICA
: A sprazzi fatta di colpi di genio e brillanti uscite, sperimentale, eppur mai pacchiana, da notare la grande e passionale spontaneità che si avverte in molte parti del disco, ricorda Somewhere in time sotto questo punto di vista.
PERFORMANCE
: eccezzionale, un album dove ogni singolo membro è grande protagonista
SOUND E PRODUZIONE: produzione pìù che ottima, suono pulito, potente, compatto e d'atmosfera, la cosa stupefacente è che quest'album è stato registrato in presa diretta e non ha subito manipolazioni aggiuntive dopo il mixaggio.

CONSIDERAZIONI PERSONALI
L'album di per sè è eccelso, pieno di idee tutte ben congeniate ed eseguite, un capolavoro? Non sarò certo io a deciderlo, l'ardua sentenza va ai posteri, sta di fatto che questi sono i nuovi Maiden, non c’è più tempo per il solito headbaging... non c’è più tempo per il concetto di heavy metal. I Maiden hanno smesso di recitare la parte degli Irons canonizzati per essere qualcosa di coerente ma completamente diverso al contempo. I Maiden, oggi più che mai, sottolineano che loro sono gli Iron Maiden e basta – non più etichette plastificate da affibbiargli come in passato, non più semplici definizioni per impacchettarli in un concetto predefinito… Maiden e basta!

Ciò su cui quest'album si basa è la potenza narrativa di sei uomini nel pieno della loro età della ragione, è un disco che ha molte cose da dire e richiede un pubblico che sia disposto a sedersi e saperlo ascoltare con calma e coerenza, è un disco che ha bisogno di molti ascolti, qualcuno al primo impatto può rimanere interdetto, confuso, ma non per questo deve saltare a conclusioni affrettate... date tempo al tempo e lasciate che la musica cresca lentamente in voi, è un album molto introspettivo, scritto col cuore, da chi ha ancora qualcosa da raccontare a tutti noi... da chi ha ancora voglia di farci sognare. In sostanza lo ritengo il miglior album uscito dopo gli anni '80, credo un gradino superiore pure a 'Brave New World', che è un altro grande lavoro... comunque già so che ci sarà chi lamenterà questo nuovo prodotto, ma una cosa è certa; i Maiden hanno finito di far felici i metallari da una quindicina d'anni... ma per fortuna continuano per la loro strada senza dare troppo ascolto alla gente.

Perchè la verità è una sola; il suo pubblico non sa minimamente nè cosa vorrebbe davvero sentire nè cosa li renderebbe davvero soddisfatti. Allora io dico; per i nostalgici, i vecchi albums li avete. Ficcateveli nello stereo e vai con il rimpianto. A quelli che invece non seguono clichè, questo è l'ennesimo spettacolo di disco.

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