Eclettica, schizofrenica, camaleontica e dannatamente talentuosa, a tre anni di distanza dallo scintillante debutto, Janelle Monàe torna finalmente a calcare l'affollato palcoscenico di questo 2013 con una classe e un'eleganza invidiabili, cosa non da tutti o meglio non da tutti coloro che hanno alle spalle un'opera prima capace di sorprendere critica e pubblico; perché, diciamocelo, il secondo album è quasi sempre per un artista una sorta di prova del nove, e tale prova può rivelarsi tremendamente complicata, in particolar modo se si deve portare avanti la pesante eredità di un disco come "The Archandroid". Un'impresa mica da poco, insomma, soprattutto quando il pubblico che ti segue è sempre lì sull'attenti, pronto a denigrare il minimo passo falso da te compiuto. Qualsiasi preoccupazione, però, svanisce durante l'ascolto di "The Electric Lady", perché il sequel (o meglio, prequel) delle avventure dell'androide Cindi Mayweather non delude affatto le aspettative, rivelandosi un più che degno erede del predecessore.

Come in "The Archandroid", anche in questa seconda fatica in studio la giovane cantautrice americana ci trasporta nel suo universo retro-fantascientifico popolato da uomini e robot, presentatoci piuttosto efficacemente attraverso spezzoni tratti da un fittizio show radiofonico, ossia i vari interludi, in tutto tre, piazzati in determinati punti dall'album. Musicalmente parlando, tale mondo distopico si traduce in due suites musicali (la quarta e la quinta della storia di Cindi Mayweather ambientata a Metropolis) all'interno delle quali si alternano senza soluzione di continuità una pletora di generi musicali che Janelle dimostra di saper interpretare e padroneggiare in maniera impeccabile: che si tratti di rock, funky, pop-punk, jazz, lounge, R&B o semplicemente pop, la nostra si conferma un'interprete raffinata e versatile, merito anche della sua camaleontica e bellissima voce, in grado di trasformare in piccole perle anche gli episodi più sfacciatamente scala-classifiche come la ballata "Prime Time" e la scoppiettante "Dance Apocalyptic", probabilmente i pezzi più catchy e "tradizionali" (passatemi il termine) dell'intero lotto. Il tutto è poi impreziosito da un'atmosfera afro-futuristica molto cinematografica e, soprattutto, dalle azzeccatissime guest-star chiamate all'appello: due grandi come Prince ed Erykah Badu (rispettivamente nelle tracce "Givin' Em What they Love" e il singolo "Q.U.E.E.N.", di cui vi consiglio di vedere il bellissimo video) non potevano che dare origine a brani di classe, così come Esperanza Spalding in "Dorothy Dandrige Eyes" e Solange Knowles nella title-track "Electric Lady"; si rivela infine una piacevole scoperta il più commerciale, ma talentuoso Miguel, dotato di una voce calda e vellutata che non può che calzare a pennello a un pezzo come la già citata "Prime Time".

Insomma, quello che abbiamo tra le mani è un signor disco, degno successore di "The Archandroid" nonché candidato a titolo di pietra miliare del neo-soul. Se proprio si vuole trovare un difetto, si può dire che manchino una parte di quella freschezza che nel precedente lavoro trasudava da ogni singola nota e l'epicità di pezzi come "Come Alive (The War of the Roses)" e "Mushrooms & Roses", ma ciò è compensato da una minore dispersività in termini di sound dovuta a un maggiore orientamento verso sonorità più funky e jazz, per cui alla fine c'è proprio poco di cui lamentarsi. In poche parole: album promosso a pieni voti, nonché ascolto praticamente obbligato per gli appassionati del genere e non solo.

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