Anche io facevo parte di quella ondata di ragazzi, un po' di anni fa.

Quei ragazzi dal sorpreso: "Aaaaaaaaaah JJ Cale! Ma è quello di "Cocaine" di Clapton, minchia!".

Quella nostra affermazione "... è quello di Cocaine di Clapton" molto pulita e senza malizia, dalla sincerità disarmante, da novelli dal forte entusiasmo di sapere, parlava molto di JJ Cale e senza che noi lo sapessimo, messo in ombra - condizione che gli calza a pennello e nella quale si trova volutamente a propio agio - dalle sue stesse creauture portate alla ribalta da altri artisti; come Clapton appunto - senza dimenticare "After Midnight" oltre "Cocaine"-, Lynyrd Skynyrd ed altri.

Arrivò il momento di JJ Cale.

Il suo momento, nella nostra vita di agguerriti appassionati e inesperti di musica. Scoprimmo alla fine che, seppur molto bella, la "Cocaine" di Clapton di quel tempo non suonava sincera come la versione originale di JJ Cale. Clapton in questi anni ha ritrovato la sua strada, il suo gusto di suonare, la sua voglia di prendere una chitarra e suonarla come se la stesse suonando dondolandosi su di un'amaca attaccata a due alberi, in una splendida giornata di sole in campagna. Molta di questa sincerità ritrovata portò a "The Road to Escondido". Un disco dalla forte onestà, che racconta molto della serenità di Clapton e della vita low profile di Cale, alle prese con nulla di eclatante, con nulla da mettere in discussione. Una rimpatriata come da vecchi compagni di bevute, nostalgica ma non patetica, di gloria, non commiserata. Incurante delle mode, dal tempo musicale in continuo mutamento, nel quale una cosa "passa di moda" dopo un mese, JJ porta ancora con orgoglio il suo Credo non incline a compromessi; non sia mai.

Chi vive di suggestioni cerca di crearsele, e dato che il disco è arrivato a me in acquisti fuori sede, quale modo migliore di concedergli un primo assaggio in giro per le strade che si confondono con i campi della Bassa modenese, come se si trattasse delle Grandi Pianura dell'Oklahoma? La pace dei sensi esiste, veramente. Si apre la custodia del disco e lo senti subito Cale, i suoi profumi, il suo sguardo profondo e austore, beffardo ma rassicurante, da vecchia canaglia dal cuore sincero, da uomo del South, un po' agricoltore un po' musicista, i suoi jeans sgualciti, i suoi capelli arruffati, il suo berretto verde militare, la sua barbetta vissuta, i suoi amati paesaggi campestri che parlano attraverso lui e lui attraverso loro. Se si trattasse di un giovane, crederei che uno uomo con un modo di presentarsi così lo faccia solo per puro "alternativismo"; ma JJ Cale è la sincerità di una vita che l'ha seguito.

Il disco regala molte atmosfere americane, custodite come una vecchia e segreta ricetta dallo stesso Cale. Folate autentiche jazzy & bluesy di "Who Knew", sapori Folk dalla andatura serena alla "Hesitation Blues" in "Former Me", Rock Boogie in "Down to Memphis", vecchio Country da saloon in "Cherry Street", R&B in "Oh Mary", e una "Roll On" che da' il nome al disco e la quale vede un ospite alla chitarra... Avete capito chi, un pezzo che rappresenta la loro sintesi.

Un disco del genere mi lascia sorpreso ma sicuro, trovarlo in questo 2009; del resto ascoltare JJ Cale è come aprire le finestre della casa di campagna, dopo essere rimaste chiusa tutto l'inverno, pronte ad accogliere il sole di fantastica estate.

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