Anno 2017 dell'Età di Donald Trump. Benvenuti.

Oggi parliamo dell'ultimo disco di Julian Cope, 'Drunken Songs', pubblicato via Head Heritage e contenente - come lo stesso autore ha voluto precisare - sei bevande che riscalderanno la vostra anima durante le giornate senza sole; sei racconti di ubriachezza, che vi verranno raccontati mentre il druido si esibisce nel vostro immaginario muovendosi tra i tavoli di una antica osteria delle vecchie Isole Britanniche.

Il disco, presentato come una boccata d'aria in questi tempi difficili e con un chiaro riferimento alla elezioni di Donnie come nuovo Presidente degli USA, è costruito concettualmente su una canzone scritta da Julian Cope per il proprio funerale, ‘As The Beer Flows Over Me’, una canzone già presente nel doppio disco del 2012 'Psychedelic Revolution' e che celebra la cultura del Nord Europa e invita gli ascoltatori a diffondere anche nelle terre meridionali la birra al posto dell'uva. Quindi abbiamo 'Liver Bis As Hartlepool', un omaggio di Cope alla sua città adottiva e una specie di gioco di parole che fa riferimento alla cirrosi epatico e infine una risposta alla canzone di uno dei suoi vecchi compagni di viaggio, Pete Wylie, intitolata 'Heart As Big As Liverpool'. L'epopea di 19 minuti di 'On The Road To Tralee' che - letteralmente - 'conclude l'album con 20 miglia di ubriache memorie, osservazioni pittoresche e incidenti rustici.'

Diviso sostanzialmente in due parti, la prima contenente cinque canzoni ('Drink Me Under The Table', 'Liver Big As Hartlepool', 'As The Beer Flows Over Me', 'Clonakility As Changed', 'Don't Drink And Drive (You Mighy Spill Some)') e la seconda interamente dedicata alla lunghissima 'On The Road To Tralee', 'Drunken Songs' è stato pubblicato da Julian Cope (che nell'occasione suona tutti gli strumenti ed è anche producer) lo scorso febbraio.

Come descritto secondo quelle secondo le stesse tracce che ci ha voluto fornire lo stesso Julian Cope, il disco si può considerare come una specie di omaggio alla 'birra', riconosciuta evidentemente come un elemento peculiare e fondamentale di quella cultura nordica cui egli, quale arcidruido, non può che essere devoto oltre che profondo conoscitore dall'alto delle sue conoscenze storiche e archeologiche.

Visionario e allo stesso tempo ironico, musicalmente vicino a alcuni dei lavori pubblicati da Cope nel corso di questo decennio, come il già citato 'Psychedelic Revolution' del 2012 e 'Revolutionary Suicide' del 2013, 'Drunken Songs' è una collezione di ballate folk psichedeliche e allucinate e che sembrano uscire direttamente fuori da un tempo lontano e avvolto tra le nebbie ancestrali delle isole di Sua Maestà.

Dei due dischi menzionati precedentemente, che invece trattavano tematiche più elevate, 'Revolutionary Suicide' si apriva con un vero e proprio canto dedicato a Odino ('Hymn To Odin'), e si caratterizzavano per la lunghezza delle singole canzoni quanto delle opere complessive (parliamo in entrambi i casi di un doppio LP), questo disco qui appare quasi essere una specie di appendice. Come se il nostro professore di archeologia preferito avesse voluto prendersi una pausa tra una lezione e un'altra e invitarci con lui al pub a prendere una birra, cogliendo giustamente l'occasione per impartirci qualche lezione sulla cultura nordica e cantare assieme a noi delle vecchie ballate folkloristiche senza tempo.

Musicista e autore letterario e poeta, gigantesco critico letterario e principale responsabile della riscoperta della musica kraut, ma anche della scena rock giapponese degli anni cinquanta-sessanta, esperto di antiquariato e di archeologia, cultore dell'arte antica e preistorica ma chiaramente soprattutto della cultura nordica e pagana. Devoto al Dio Odino, custode dei segreti delle rune, Julian Cope rubò ai giganti la poesia, padroneggia la magia e si muove lungo le strade come un pellegrino, dissimulando il suo aspetto e la sua reale natura.

Ogni tanto evidentemente si ferma da qualche parte a bere, prima di riprendere il suo cammino.

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