Ti sei dipinto come l'eterna pecora nera, come un cantore a due passi dalla voragine. Sei stato lo sciamano oscillante tra due mondi, il nano sulle spalle di un gigante. Solo che poi per sta roba ci vuole un fisico bestiale. Bisogna star sempre in sella al destriero e tenere nell'armadio un'armatura di riserva.

Fortuna che tu sei della razza di Iggy. E, in più, sei uno cazzuto, cazzutissimo.

Del resto superare la giovinezza è un'arte. Trattasi, dicono i maestri, di trovar l'abito giusto oppure, più semplicemente, non far del tutto schifo.

Alcuni ci riescono, Andy, per dire, sembra Archimede Pitagorico, Martin uno spaventapasseri, Robyn un gran figo. Però, tra tutti, Julian, sei tu quello più a posto. Sembri un guerriero, cazzo, un super eroe, una specie di fricchettone Uhr punk.

Come avresti potuto, altrimenti, fare un disco come questo? A vent'anni da Peggy, a trenta da Fried. Come?

Già, Fried. Ti fossi fermato li, o avessi inciso altri venti dischi tutti uguali, nessuno ti avrebbe detto niente. Invece no, dopo un periodo un po' così, quando il piano, immagino, era ancora diventare una pop star, sei partito coi dischi monstre, quelli che, belli o non belli, hanno sempre qualcosa che eccede.

Deve essere un pochino come quella storia di Eros raccontata nel Simposio. Eros non è un grande Dio, Eros è figlio di Povertà, oppure di Mancanza. Uno sfigato magico, un tizio iperconnesso, uno sollecitato dal bisogno e sempre in cerca.

Eros insomma è uno come te.

E comunque com'è sta faccenda che più passano gli anni più mi diventi barricadero? Come dici? Tutti i rivoluzionari sono condannati? Sarà per questo che sei diventato rivoluzionario pure tu? Del resto le fondamenta si gettano sull'impossibile e anche il punk per non morire ha dovuto suicidarsi. Il lavoro dell'Arcidruido è nei secoli dei secoli.

E quindi: a tra mille anni, caro Julian...

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“Revolutionary suicide”

Tanto per cominciare ecco due ballate iper freak e un rito sciamanico nel bosco..The kraut side of the moon, the weird scene of the folk...

Traccia uno è una bellissima cosa bucolica avvolta da una lucentezza quasi pop che la rende dolcissima e ne magnifica la qualità trascendente. Il sole di una mattina di primavera e una specie di devozione...

Traccia tre è un favoloso epic folk. Un racconto di atrocità su quattro accordi stracciati di chitarra + fisa + colpi di grancassa. Immaginate un crescendo di quelli che non crescono mai. Solo che poi a forza di scintille siam tutti intorno al fuoco a piangere. Il massimo dell'intensità arriva al minuto dieci, ma l'orgasmo (coro finale e bordate di synth) è lunghissimo e, per dirla con Tiresia, pure femminile...

“Straziante e bello”, dice il Quieto e il Quieto è uno che se ne intende.

Traccia undici è il rito e quel che dice è “distruggi la religione”. Nelle intenzioni del Cope dovrebbe essere una faccenda tipo Amon Duul I + William Blake alla voce solista. E diciamo che non si può dir meglio di così...

Uno, tre e undici sono il cuore del disco e da soli fan quasi quaranta minuti. Anche il resto però funziona e funziona parecchio.

Funziona il pop Cope. Funziona il combat folk virato “Skellington”. Funziona l'elettronica vintage. Funziona il crooning alla Roxy Music. Funzionano i trucchetti e tutte le stranezze.

Ripeto: a tra mille anni...

Trallallà...

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