Siamo nel 2005, ormai il nu è morto e sepolto, ma le uscite dei vari gruppi sopravvissuti della scena sono fioccate come neve in questo anno: c'è chi non ha cambiato di una virgola, riproponendo la stessa formula tra alti e bassi (Disturbed, Ill Nino, Sevendust, Staind, Static-X), c'è chi voleva svoltare dal recente passato ma non è riuscito a pieno a mettere in pratica le proprie idee (Limp Bizkit), c'è chi ha leggermente modificato il proprio sound verso lidi più duri (Hed Pe, Soulfly), c'è chi è uscito con addirittura due album nel giro di 6 mesi, dal dubbio valore (System Of A Down), c'è chi si è evoluto mantenendosi sempre su alti livelli confermandosi una delle teste di serie del genere (Mudvayne), e c'è chi, per calmare l'attesa del nuovo album, ha mandato sul mercato una raccolta di inediti e b-sides (Deftones). E naturalmente al culmine di questo anno ricco di ritorni nu-metal nel marasma metalcore sempre più imperante (e irritante) non potevano mancare loro, i padrini incontrastati, i capi, i profeti, gli immortali: i KoRn.

Le premesse comunque non erano delle migliori: l'abbandono del chitarrista Head per la fede cristiana è stato senza dubbio una brutta tegola per il gruppo, ma i nostri non si sono persi d'animo, e questo nuovo album ha già la particolarità di essere il primo album della band californiana senza la solita line-up, che era rimasta invariata fin dal giorno della loro nascita. Inoltre questo è anche il primo album della band non prodotto dalla Sony, con cui i nostri avevano sciolto il contratto qualche mese fa, per approdare alla Virgin. Ma oltre a questi accaduti non da poco, c'erano altri fattori che non mi facevano sperare in bene per questa nuova uscita: già "Take A Look In The Mirror" non mi era sembrato un gran che (certo, un buon album, bello potente, ma un pò povero di idee), poi la partecipazione al "Coca Cola Live At Mtv" sinceramente mi fece un pò storcere il naso, e naturalmente la solita consapevolezza che i nostri non riproporranno più canzoni memorabili come "Faget" o "Kill You" (tanto per citare due titoli), ma forse è meglio così, visto che sono sempre stati un gruppo in continua evoluzione.

Ma ora l'attesa è finita, e finalmente è uscito il settimo album della band di Bakersfield, "See You On The Other Side". Beh che dire, l'evoluzione continua! Si vede che questo album ha avuto un processo di concepimento molto lungo e ragionato, almeno in confronto al suo precedessore. Infatti la rabbia esplosiva di cui era impregnato "Take A Look In The Mirror" si è drasticamente ridimensionata per dare spazio ad atmosfere più cupe e più elettroniche del solito, come a voler confermare tutte le dichiarazioni fatte da Jonathan e soci riguardo ad un album con forti influenze industrial. Infatti quasi tutti i brani sono conditi da piacevoli arpeggi elettronici che ne arricchiscono la proposta. Questo però non vuol dire assolutamente che i nostri si siano ammosciati tutt'un tratto, anzi la rabbia c'è e tuona imperiosa in brani come "Politics", "Hypocrities", "Coming Undone", "Getting Off", "Liar" e "For No One", a conferma che lo stile KoRn domina ancora incontrastato, nonostante siano passati già più di 10 anni. "Love Song" porta con se ancora gli strascichi del sottovalutato "Untouchables", "Open Up" è una lunga cavalcata di 6 minuti introdotta da un piacevolissimo riff di basso di Fieldy e disciolta in un arpeggio acustico finale seguito da un intermezzo simile a quelli presenti in "Issues"; fa il pari con questa canzone "Seen It All", altro pezzo di 6 minuti totali di durata. Naturalmente come non dimenticare il grandissimo singolo (nonchè prima canzone dell'album) "Twisted Transistor", orecchiabile, frizzante, piacevolissimo, con un video veramente ganzo: grande! Davis poi ripropone in "Liar" quelle sfuriate vocali senza senso che hanno fatto grandi pezzi come "Twist", "BBK" e "Freak On A Leash" (chi se li ricorda?), veramente da pelle d'oca; e addirittura stupisce nel finale di "Getting Off" con un growl che ricorda troppo quello di Devin Townsend. Qui di spunti ce ne sono e parecchi: spiazzanti e sorprendenti "Throw Me Away", con le sue atmosfere "depechemodiane", e la conclusiva "Tearjerker", una canzone veramente anomala per i KoRn, con un magnifico Jonathan che per i primi 3 minuti e mezzo ci guida con la sua stupenda e melodica voce, accompagnata solamente da un oscuro sottofondo elettronico, prima dell'avvento di tutti gli altri componenti a concludere questo settimo capitolo della saga KoRn. Da notare anche l'uso molto frequente della cornamusa, presente nei finali di alcune canzoni, e l'assenza di pezzi rap suonati in collaborazione con qualche rapper famoso (come successe con Nas in TALITM). È inutile sottolineare che avere in un gruppo un cantante come Jonathan Davis è un lusso che si possono permettere in pochi: è lui infatti che da quel tocco in più che rende i KoRn una band unica, e qua lo ha dimostrato ancora una volta (come se ce ne fosse stato bisogno).

Quindi, un album con più idee rispetto a "Take A Look In The Mirror" (che mi è sempre sembrato un modo per tornare subito in carreggiata dopo il passo falso di "Untouchables") che punta meno ad attaccare l'ascoltatore con violenza, privilegando un uso più massiccio dell'elettronica, elemento veramente dominante durante tutto l'album. Sarà che non mi aspettavo niente di che, ma sono rimasto piacevolmente sorpreso da questo nuovo lavoro. Secondo me un ottimo ritorno per i KoRn, che non deludono mai (almeno per quanto mi riguarda). Secondo il modesto parere del sottoscritto, la migliore uscita nu metal di quest'anno, naturalmente insieme a "Lost And Found" dei mitici Mudvayne.

Vivamente consigliato!!! Loro sono già andati dall'altra parte (con o senza Head)... Ora tocca a voi!

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