Già è difficile scegliere i dieci dischi dell’anno, figuriamoci quello di una decade. Fossi rapito da alieni ostili e messo sotto tortura alla domanda fatale: “Qual è il disco più rappresentativo degli anni '90?” Risponderei: The K&D Sessions. Doppio disco esploso dalle menti addizionate di due outsider in stato di grazia. Punto decisivo di una rivincita in musica dell’Asse Vienna-Berlino. Artefatto elettro-domestico dal design sofisticato.


The K&D Sessions. Perché condensa e sublima gli stili del decennio. Drum’n’bass. Trip Hop. Downtempo. Perché mantiene memoria delle radici. Funky, Black e Hip Hop. Perché propone groove aquatici profumati di jazz.
The K&D Sessions. Perché l’alchimia magica suona solida e irripetibile. Grazie al mastice manipolato dal duo. Dub allo stato brado, libero da stilemi reggae. Dub paffuto e lussurioso il cui incedere ipnotico impone il ritmo all’interno lavoro. The K&D Sessions.
Perché è un composto totale di veri remix. Nel decennio dove l’arte del taglia-e-cuci raggiunge il suo apice. Dove il dj è l’artista. E tutti sognano di diventarlo. Dove le vendite dei decks superano quelle delle chitarre.
The K&D Sessions. Perché quelle rivisitate sono fonti eccellenti. Degli Ottanta: Bomb The Bass e Depeche Mode. E dei Novanta: Roni Size, Lamb e David Holmes, tra gli altri. Perché gli arrangiamenti migliorano gli originali. Perché il primo disco suscita stupore. Ed il secondo, oscuro e magnetico, invita a n ascolti. E svela sorprese e segreti ad ogni viaggio. Perché suona profondo e senza tempo. Ed anche i marziani potrebbero ballarlo. Ovunque siano diretti. The K&D Sessions.

E' la mia risposta. Voi che dite, me la salvo la pellaccia?

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