Per me “mettere a posto” è una scusa, mi conosco...

Quando decido di svuotare un cassetto dove giorno dopo giorno butto di tutto per mettere un po’ di ordine so che significa rivedere vecchie foto, rileggere lettere, rivivere situazioni.

Quindi provare emozioni. Mi ci vuole poco, ho vissuto parecchio e la mia mente, ma soprattutto il mio cuore, ci ritornano volentieri, o forse non mi frega più nulla perché penso il “bello” sia passato, o forse entrambe, o probabile siano solo nobili deliri ahahah.

Ovviamente le Contesse sono la mia vita ora, il resto conta poco o nulla, se non quei “famosi” valori che devono sempre essere lì, presenti e spontanei.

Con i dischi è diverso. Mentre nel cassetto devi riordinare (che brutto termine!) e sai già cosa trovi, se sposti degli album vi è sempre la sorpresa di un album che non ricordi, che fai fatica, al primo impatto, ad associare a persone o situazioni. Quindi è come un album nuovo o quasi, perché poi lo risenti e (ri)associ tutto.

Questo cd non ricordavo di averlo ma ricordavo di averlo sentito. Stranissimo per me che non so scaricare un album e che da anni luce non ascolto musica a casa di qualcuno (e mai mi è piaciuto, la musica è una cosa mia, non esiste ascoltarla mentre parlo o mentre altri parlano). L’unico neurone rimasto a dare un minimo di ragionamenti logici al nobile cervello si mette automaticamente in azione e mi riporta indietro ai tempi dell’album.

Les Fleurs de Lys. Ma così è scritto errato no?! Se lo scrivo - in francese - se metto les ci vuole la s in fleurs, oppure tolgo la s in les e mi tengo fleur senza s.... per creare ancora un po’ di confusione potete trovare il nome della band comunque parecchi modi, compresi un The Fleur de Lys e un Fleur de Lys senza articolo che forse sarebbe meglio. Decidete voi, figuriamoci se mi metto a fare il letterato “estero” e che comunque interessa il giusto, zero.

Storia strana e di cui si conosce poco. Band di Southampton, la loro carriera si è sviluppata tra il 1964 e il 1969 con centro focale ovviamente Londra.

Di quel periodo possiedo tantissimi album acquistati in quegli anni novanta che videro il nascere di una nuova fase psichedelica e quindi la stampa o la ri-stampa di tutto il possibile dei sixties. Presi, ma ascoltati poco.

E questo, riascoltato oggi, è assolutamente un gran bel ciddi.

La psichedelia inglese è stata un fenomeno prettamente musicale e di costume. Al contrario degli Usa non c’erano guerre alle quali opporsi, studenti scontenti e arrabbiati o neri trattati come merde. Quindi nessuna protesta specifica, solo una voglia matta di variare il blues ed il rock’n’roll rendendoli più vari e fantasiosi. Tutto si colora, Londra diventa il centro di tutto. Si vive, si suona, si balla, ci si sballa, divertimento assoluto. Fin troppo e ,come sempre quando le cose sono belle, finirà presto.

Ma gli anni della Swinging London saranno epocali (e mai sta merda abusata di parola qui ci sta da dio!).

Penso che chi ha avuto la fortuna di passare la giovinezza in quel decennio abbia vissuto dieci volte la mia vita e 100 quella di un inutile del giorno d’oggi sempre “in fila per tre” e improponibile per la (mia) nobiltà d'animo.

Tutto era compresso al massimo, tutto si bruciava immediatamente, ci si godeva al limite del possibile e, pure dell’impossibile, ogni istante. Perché quando una carica di adrenalina circonda e abbraccia una intera generazione è la nobilissima follia ad imperare... non lo so, non c’ero, ma è così che immagino fosse.

E quindi accadeva che per un gruppo che aveva successo ve ne erano decine che non riuscivano a raggiungerlo veramente mai.

In quel colorato, euforico e folgorante periodo poteva accadere che uno dei primissimi gruppi della Swinging London finisse la carriera senza incidere neppure un album.

Eppure questi ragazzi erano uno dei gruppi leggendari di quella Londra psichedelica, tra i più popolari nei club più alla moda della capitale inglese.

Sono oggi una clamorosa band di culto di quegli anni, ricordata e ammirata dagli “addetti ai lavori” (intendo gente che c’era, colleghi o amanti e “collezionisti” di rock britannico del periodo).

Hanno sfornato parecchi notevoli singoli, apprezzati tra gli appassionati, ma non sono riusciti mai a sfondare. Stranissimo che siano durati così tanto; di solito se un gruppo non raggiungeva il successo nel giro di uno/due anni, si scioglieva.

Qui sta l’altra loro particolarità. Hanno cambiato almeno quattro/cinque/sei formazioni (la loro storia non è così documentata) con un unico membro, il batterista tal Keith Guster, sempre presente. Ecco perché hanno attraversato più fasi, con più etichette discografiche, tra le quali anche l’Atlantic.

E, senza farlo apposta (o chissà proprio per farlo invece), incisero singoli anche sotto le mentite spoglie di altri gruppi con nomi quali Shyster, Chocolate Frog, Rupert’s People o The Staccatos. In questi ultimi sembra che i componenti, a parte l’inossidabile batterista, fossero tutti ex Creation... altra band leggendaria con un po’ più di successo discografico (e altra tra le mie preferite). In altri casi si sono uniti e hanno aiutato le carriere di cantanti solisti tra le quali la formidabile ventenne Sharon Tandy.

In questo caso suonavano per la Stax (si i Neri, forse unica band bianca) in quella che fu la loro fase (anche) soul. E hanno accompagnato in tour artisti di livello assoluto come Aretha Franklin ed Isaac Hayes.

Aggiungiamo poi che sembra purtroppo non si sappia dove sia finito il materiale di registrazioni dei Fleur de Lys con l’astro nascente del rock mondiale. Nel 1966 a Londra, in quella stupefacente Londra, stava spiccando il volo tal Jimi Hendrix. Era il loro anno, erano anche loro sulla rampa di lancio. Ma non era destino. Vorrei tanto sentirle quelle registrazioni.

Un ricco e succulento buffet psichedelico da 24 portate, ma leggero e suadente. Finirete in forma, per niente appesantiti, anzi ... dondolanti, appunto.

Si può ascoltare la psichedelia della band sotto varie sfaccettature. Spesso strettamente legata a quel semplice beat british di quegli anni, a volte più vicino ad atmosfere più rilassate alla Byrds o Beatles od al soul con la splendida voce di Sharon.

Ci sono poi anche una eccitante cover di "Circles" degli Who ed un singolo, stranamente di discreto successo commerciale "Reflection of Charles Brown" che, più che ricordare, è quasi uguale ad " A Whiter Shade Of Pale" dei Procol Harum... tanto per creare ancora più "confusione" attorno all'identità della band.

Ma si sente, eh se si sente, che il loro meglio esce quando sono più aggressivi con quel sound denominato "freackbeat", dove lasciano andare tutto ed una splendida chitarra acida, graffiante e distorta si prende la scena. Ecco che probabilmente quell'incontro con Jimi li aveva segnati davvero tanto. "Prodigal Son", "Mud In You Eye", "Gong With The Luminous Nose", "One City Girl", "Hold On", "Daughter Of The Sun", "Liar", "Tick Tock", "Hammerhead", "So Come On", "I've Been Trying" .... va beh, a parte un paio di episodi scialbi, potrei elencarle tutte.

Potrei finire ma devo dirvi cosa mi era subito venuto in mente associato al cd.

Belle gnocche, goliardate con gli amici, feste, concerti?!. No... mi è venuto in mente che alla base dell'acquisto del cd, informato dal mio amico che "sapeva tutto", c'entrava un ventenne già sveglio e smaliziato, il "mio" Diavolo (che palle oh ahahah). Il primo a credere nei Fleur de Lys, a produrre i loro primi 45 giri ed a suonarci pure è stato lui.

Ma stavolta non ce l'ha fatta Jimmy a far decollare questi ragazzi. Poi fu preso da altre cose (Yardbirds e il Dirigibile), all'inizio era veramente carico a mille.

Ma poi era troppo presto, il ragazzo doveva ancora recarsi sul crocevia per barattare l'anima.... e niente cari ragazzi non era destino.

Buon ascolto, gran sound, fidatevi.

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