3.La buona novella
Il decennio più produttivo nella carriera di De Andrè ha per puro paradosso come prima pietra uno dei suoi lavori migliori. La buona novella prende a piene mani dai Vangeli apocrifi e li adatta al contesto storico di allora. All'inizio possiamo trovare Maria che alle prime mestruazioni viene cacciata dal tempio dove era cresciuta e lasciata in custodia a Giuseppe, che poco dopo partì per molto lontano e il cui ritorno avrebbe impiegato molto tempo. Al suo ritorno da Maria però essa dice che in un sogno capì che era incinta del figlio di Dio. Intanto passano gli anni, il figlio di Maria sta per essere messo in croce:essa prova a consultarsi col falegname che sta modellando la croce per suo figlio, dopodichè comincia la processione di Gesù e dei due ladroni per la Via della Croce. Ormai vicini alla morte, i tre personaggi vengono affiancati dalle loro tre madri, che piangono davanti ai loro figli ormai pronti per morire. Ma uno di essi, Tito, mostra nelle sue ultime memorie il pentimento e l'aver imparato cosa sia l'amore e la carità stando accanto al figlio di Dio. E a contraltare al canto iniziale di Laudate dominem appare sul finale Laudate hominem, ovvero una lode all'uomo. L'uomo, un essere come il Cristo, un essere capace di grandi cose e di grandi azioni ma che molte volte rimane inerme davanti a ciò che può vedere. O un uomo come Tito, che si pente in punto di morte, che capisce che la sua vita è stata si maligna ma in un attimo perde totalmente il suo valore. L'uomo sarà anche capace di tutto questo, ma il tempo ormai parla chiaro, l'uomo si è dimenticato dell'amore per la vita. E vive come una pianta la sua minuscola esistenza. Ma, seconda Faber, nulla è ancora perduto:l'uomo può ancora ritrovare questi valori. E lo può fare solo con un ultimo e disperato esame di coscienza. Per polverizzare i suoi peccati e per tornare a vivere come Dio comanda
Voto pignolo:10 e lode
La gemma tra le gemme: Il testamento di Tito
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