Una copertina gialla dalla grafica quasi banale, con al centro la sagoma arancione di un uomo avvolto dalle fiamme e un breve titolo che fa (erroneamente) pensare al capolinea di una giovane carriera.
Si chiama “The End” la terza pubblicazione dei Mammoth, che in questa occasione abbandonano il suffisso WVH, per offrire una definitiva visione d’insieme della band di Wolfgang Van Halen, talentuoso erede del compianto Eddie. Anche in questa occasione le registrazioni si sono tenute presso i leggendari 5150 Studios di Los Angeles, storica location che ha accolto i Van Halen durante l’intera carriera. La produzione è affidata ancora a Michael “Elvis” Baskette, membro ormai inamovibile della famiglia allargata che comprende anche Alter Bridge e Tremonti (con i quali Wolfgang ha suonato come bassista per due anni).
Nessuna immagine sofisticata, quindi, come si è invece visto con i primi due lavori della band, che per il self-titled “Mammoth” del 2021 aveva persino attinto da un’opera dell’artista John Brosio.L’impatto estetico è in netta contrapposizione con quello che andremo ad ascoltare già dall’opening “One Of a Kind”. Un crescendo di riff e percussioni, per aprire quello che è sicuramente il più maturo dei tre lavori proposti in poco meno di cinque anni di attività. Ci ricordiamo delle doti vocali di “Wolfie” già dal primo ritornello, nonché della qualità nella composizione, affidata in toto al giovane polistrumentista nato a Santa Monica.
Con il video di “The Spell”, Wolfgang coglie ancora una volta l’occasione per ricordarci, in modo scherzoso, che se avesse più di un paio di braccia, potrebbe badare da solo all’economia della dimensione live. Lo fa anche con il potente giro di basso, che sfocia poi in un assolo accattivante, uno dei tanti proposti nelle restanti nove tracce.
Parlando ancora di video, poi, è d’obbligo citare quello pubblicato per la titletrack “The End” (tra le migliori dell’album). Si parte con un rapidissimo finger picking, specialità della casa, che provoca la violenta reazione di un pubblico di licantropi, tra i quali compaiono anche l’amico Myles Kennedy (Alter Bridge, Slash) e consorte, identificabili tra la folla prima della bestiale metamorfosi. Durante l’esibizione non manca neppure il tapping, importante legacy di casa Van Halen, che stupisce e strappa un bel sorriso, facendoci ripensare a Eddie quando impugnava la sua Frankestrat bianca rossa e nera.
Lungo la tracklist, si passa da tematiche e contenuti frivoli, come nel caso della mid tempo “Better Off” o dell’esplicito refrain di “I Really Wanna”, fino ad abbracciare contenuti che trattano tematiche contemporanee, come la paura di affrontare i tempi che corrono, con tutta la loro violenta incertezza. C’è comunque la luce che illumina il fondo del tunnel con “All In Good Time”, unica traccia che indossa i panni della ballad, vera grande assente in questo terzo episodio della discografia dei Mammoth. “Distance”, presente nel primo album e dedicata a papà Eddie, aveva tracciato un profondo solco e forse il discorso è soltanto rimandato. Rimaniamo stupiti al cospetto del grunge di “Happy” e non schiviamo lo schiaffo dato dall’hard rock di “Something New” e “Selfish”, dove gli strumenti si intrecciano in modo tecnicamente egregio. Già dai primi lavori è ben chiaro che lo stile della band attinga a piene mani dalla fonte del post grunge di inizio millennio e, vuoi per la presenza di Baskette alla produzione, vuoi per il recente passato alla corte dei Tremonti, diventa inevitabile notare palesi influenze a livello compositivo.
Tre dischi di qualità in quattro anni sono davvero qualcosa di notevole, al netto del dna e della storia personale di chi li ha realizzati. Wolfgang Van Halen ha iniziato la sua carriera a quindici anni e ha fatto parte della leggendaria band di famiglia, con la quale tredici anni fa ha anche registrato un album, "A Different Kind Of Truth". Ha poi ricevuto l’inevitabile investitura del padre, che aveva avvertito il mondo intero con queste parole:
"Aspettate di sentire questo ragazzo suonare il basso, la chitarra e la batteria. Può fare tutto quello che faccio io alla chitarra... il nome 'Van Halen', l'eredità di famiglia andrà avanti anche dopo che me ne sarò andato, perché questo ragazzo è semplicemente naturale".
Nulla di più profetico. Ad oggi Wolfgang “Wolfie” Van Halen ha raccolto un’eredità tanto importante quanto inevitabile, essendo un vero e proprio prescelto. E’ solo all’inizio della carriera e in Europa ha già suonato ma non l'ha ancora fatto da headliner, cosa che sicuramente accadrà presto. Siamo sicuri che farà tanta strada, grazie al suo talento e al supporto di uno speciale angelo custode, che ha sempre "corso con il diavolo" ma l'ha anche sempre superato in volata.
Elenco e tracce
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