Chiudi gli occhi. Immagina di far scorrere il dito sul mappamondo, punti una destinazione, in quello stesso istante ti ritrovi risucchiato nel luogo. Senti il clima, vedi i colori, le strade, i ruscelli, il suono della natura, avverti l’odore dell’aria stopposa, l’invincibile sfida del gelo continentale. Immagina che il mondo ti osservi, almeno quanto lo osservi tu che lì ci sei capitato quasi per caso; che qualcuno segua i tuoi passi, li anticipa col pensiero, studia i percorsi, ti legga dentro. Con slanci lenti e profondi e con passo felpato, l’aria ti penetra e scorge ciò di cui sei fatto, diventa un tutt' uno con te e va a cercare ciò di cui non è possibile proferire, che non ha parola ma solo sostanza invisibile, un liquido vischioso che non puoi mostrare alla luce del giorno, che irrompe di notte, quando è incredibilmente complicato guardarsi, estremamente semplice far emergere tratti della personalità complicati e offuscati. È una voce che parla, una voce antica, che appartiene al mondo intero, che resituisce a quella sostanza una dignità in forma di suono. Ti conquista lentamente, ti afferra per i fianchi e ti possiede in un amplesso che dura tutta la notte, per tutta un’ epoca.

Tutto ciò è diventato musica, suono, ritmi tribali e avvolgenti, soluzioni armoniche sospese e intense, un misto di new york hip hop, ambient, musica elettronica, dub, reggae, musica psichedelica, jazz, funk e soul. In una sola parola Trip hop, un genere che mette insieme l’hip hop all’idea del viaggio mentale, onde che si incastrano ad un groove instancabile, ambienti che si riconoscono e si fondono in un universo inesplorato, un assemblaggio di generi diversificati, il tutto modellato in un flusso sonoro quanto mai gentile e aggressivo, prorompente, affascinante e tagliente, violento nella sua voluttuosa delicatezza. È a Bristol che nasce questo genere incredibile, è negli anni Novanta che si afferma con i Massive Attack nel 1987, che insieme a Tricky, Portishead e Morcheeba rappresentano la storia di questo genere, andando a ripescare sonorità retrò e lo-fi in chiave anche orchestrale.

Nell’album ci sono tracce che sono storia e fanno scuola a tutto il mondo dell'elettronica e non. Il viaggio comincia con Angel, un puma dalla voce incredibile di nome Horace Andy che avanza lento verso la sua preda, che implode in un beat apertissimo arricchito da una chitarra distorta ma che poi segue nuovamente le sue orme, volge le spalle e si richiude, come se nulla mai fosse accaduto; un preludio alle luci bianche di Risingson, un vero capolavoro che apre le danze alla eterea Teardrop, rara perla della musica elettronica interpretata dalla voce angelica di Elizabeth Fraser (Cocteau Twins) che rompe l’atmosfera dark del disco. Ma questa dolcezza è solo una patina che offusca il guardo, che si libera con l' arrivo di Inertia Creeps, un racconto di un mistero antico mai svelato, un viaggio nelle tenebre di un Paese lontano che fa eco a ritmi tribali e tappeti dub; pare poi che alla fine del tunnel si riesca a trovare ristoro in Exchange, il punto luce del disco, un basso pizzicato che sottende ad armonie sospese tra fade out alternati a fade in, compressori e filtri dal sapore analogico e retrò, uno stretching del resto più che meritato. Sara Jay fa rientrare il tutto con Dissolved girl e Robert "3D" Del Naja, Grant "Daddy G" Marshall e Andrew "Mushroom" Vowles continuano il viaggio con Man next door di nuovo con Horace Andy, con Mezzanine che dà il titolo dell'album, mentre la voce soave della Fraser torna poi su Black Milk e Group Four.

Il viaggio introspettivo, multiculturale, potente, si risolve con il ritorno splendente a riva di (Exchange) le cui coste avorio luccicavano in lontananza, e risplendevano a contrasto con la sabbia nero pece che ricalcava le tracce lasciate lungo il cammino di Mezzanine, un racconto dell’eternità di cui può godere la musica elettronica di un certo livello, di una certa profondità e spessore ad oggi ineguagliato.

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