Un paio di mesi fa la mitica Flying Nun Records ha pubblicato il secondo LP dei Mermaidens, un trio da Wellington, Nuova Zelanda, che propone una revisione del sound tipico dell'etichetta e della new-wave in una versione quasi 'sacrale' per quelle che sono le performance della vocalist.

L'album si intitola 'Perfect Body' e per la serie 'battere il ferro finché è caldo', segue solo di un anno il disco di esordio, 'Undergrowth', uscito sempre per la stessa etichetta e registrato come questo ultimo da James Goldsmith presso i Blue Barn Studios (Wellington, Nuova Zelanda).

Considerati secondo la critica come la novità più interessante nel panorama alternative neo-zelandese, Lily West, Gussie Larkin e Abe Hollingsworth aka Mermaidens, propongono in verità un sound che non è particolarmente innovativo, ma che fondando su solide basi riesce a essere convincente pure ripetendo sempre gli stessi determinati schemi.

Le canzoni del disco si fondano su costruzioni di arpeggi tipicamente wave minimali e ricchi di riveberi e eco, sferragliate e impazzimenti noise delle chitarre elettriche, una potente e sempre dominante sezione ritmica.

Le atmosfere proposte dal disco sono in qualche maniera accattivanti, quasi glamour e allineate in questo senso al concept proposto dal titolo dell'album e sviluppato poi di canzone in canzone. Su tutto spicca probabilmente la voce di Gussie Larkin, capace di fornire performance differenti a seconda della situazione, dimostrandosi una valida e duttile interprete e probabilmente il vero punto di forza del terzetto. Tanto che in alcuni casi il sound delle canzoni si fonda probabilmente solo e esclusivamente su questa caratteristica, come ad esempio nelle ballate 'Mind Slow' oppure la suggestiva e acustica 'Smothering Possession'.

Ma c'è di più: è infatti proprio l'interpretrazione di Gussie Larkin, più che gli arrangiamenti, di volta in volta a determinare le caratteristiche di ogni singolo brano. In 'Perfect Body', la title-track, il cantato sexy e ammaliante ripropone determinate reminiscenze Doors in un contesto opposto dalle caratteristiche fredde e minimali. 'Sunstone' è il pezzo più tirato dell'album in cui la voce di Gussie Larkin si erge su costruzioni noise standard e vaporizzazioni del suono delle chitarre.

Apparentemente più complesse 'Lizard', 'Satsuma', 'Give It Up' e la conclusiva 'Fade', in cui è inevitabile pensare a Siouxsie Sioux, che costituisce chiaramente uno dei punti di riferimento principali del gruppo; così come alcune costruzioni possono forse ricordare certi momenti tipicamente Radiohead.

In bilico tra uno shoegaze più semplice e quello che chiamano dreampop, proposte indie e alternative che si rifanno agli anni novanta e atmosfere dark e visionarie, i Mermaidens provano in qualche maniera a infilarsi nel grosso calderone della musica neo-psichedelica, ma la sensazione è che le loro attitudini siano differenti e maggiormente portate a spingere verso sensazioni indie pop che possono nel migliore dei casi essere tinteggiate di quella psichedelia tipica dei Charalambides dei coniugi Tom e Christina Carter.

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