Abbiamo già disputato sul concept alla base del doppio disco pubblicato dai Moon Duo in questa prima metà dell'anno 2017.

Il duo formato da Ripley Johnson (Wooden Shjips) e Sanae Yamada, tipicamente affascinati e interessati al mondo dell'occultismo e del misticismo (non solo religioso), si propone con questa doppia opera, 'Occult Architecture', di affrontare quelli che sono i principi del pensiero filosofico cinese e dello Yin e Yang.

Nel primo disco, rifacendosi a quelle che sono le fondamenta del pensiero e in una esposizione - diciamo così - più o meno grossolana, il duo si proponeva di affrontare ogni aspetto che riguardasse uno dei due lati della 'medaglia', lo Yin.

Considerato come il lato oscuro, oltre che come quello femminile e legato al mondo misterioso della notte e delle creature che popolano la Terra, il disco (uscito in pieno inverno, lo scorso febbraio su Sacred Bones) suonava in maniera monotona e si rifaceva nelle atmosfere a certe sonorità dark-wave degli anni ottanta. Questo ovviamente senza rinnegare quell'impianto rock and roll minimale tipico del duo e che costituisce oramai il loro più tipico marchio di fabbrica, peraltro divenuto in qualche modo - nonostante la sua semplicità e il suo non essere in nessuna maniera innovativo - anche un punto di riferimento e di ispirazione per nuove band del genere neo-psichedelico, cui personalmente non ritengo questa band appartenga più. O almeno non del tutto.

Ho espresso nel recensire il primo capitolo di questa opera le mie perplessità per quello che riguarda l'accostamento della 'femminilità' all'immaginario di concetti come 'oscurità' oppure 'notte' o semplicemente 'terra', considerando in qualche maniera questo tipo di definizione limitante. Personalmente non ne so abbastanza di cosmologia taoista per stabilire quanto questa caratterizzazione sia oggetto di una interpretrazione del duo o effettivamente accettata alle basi di questa filosofia di pensiero. Che comunque in ogni caso si basa sull'alternanza e quindi allora forse il problema sono semplicemente io che non vedo i presupposti di questa alternanza tra mascolinità e femminilità, ma tant'è.

Comunque se il primo volume quindi era dedicato allo Yin, il secondo per forza di cose è dedicato a quello che è lo Yan, il lato luminoso, quello associato ai principi di uomo, sole, luce e spiriti ultraterreni. Ripley Johnson ha definito il volume due come 'il palazzo dei cristalli' e chiaramente ha specificato che tutte e due le opere fanno parte dello stesso pensiero cosmologico e come tali sono da intendersi separamente ma anche come due parte di un unicum a seconda delle diverse situazioni.

Mixato dal solito Jonas Verwinjen a Portland (mentre il precedente era stato mixato a Berlino, chissà che anche in questa scelta non ci siano dei significati di carattere simbolico, oltre che questioni di natura semplicemente logistica) di fatto sta che dove il disco precedente si poteva considerare monotono, ripetitivo, affatto innovativo rispetto alle precedenti produzioni del gruppo, se non semplicemente brutto; questo qui è invece un disco che sorprende per quelle che sono le sonorità che Johnson e Yamada propongono e che rendono 'Occult Architecture, Vol. 2' se non il migliore capitolo della loro discografia, sicuramente quello più interessante.

In questo caso possiamo veramente in effetti parlare di un ritorno della musica psichedelica e del kraut-rock oppure della space-music intesa come esperienza mutuata dagli Spacemen 3 di J. Spaceman e Sonic Boom dalla fine degli anni ottanta.

La prima traccia, 'New Dawn', si può considerare effettivamente come una versione pop-rock degli Spacemen 3 con delle sfumature Galaxie 500 e in particolare per quella che è la sensibilità espressa dal cantato evocativo e allo stesso tempo in qualche maniera evanescente, come se le parole si bruciassero alla luce del sole come lo sguardo quando alziamo la testa verso il cielo e finiamo col restare abbagliati e perdiamo per qualche istante il senso della vista. 'Mirror Edge' è un pezzo solo strumentale che inneggia ai Velvet Underground e alla cultura new-age; 'Sevens' e 'Lost In Light' e la stessa 'Crystal World' invece riprendono in qualche maniera percorsi concettuali che appartengono agli anni settanta e alla sfera della kosmische musik, quello art-rock e proto-punk degli La Dusseldorf di Klaus e Thomas Dinger e allo stesso tempo quello del minimalismo ambient, prossimi ai paesaggi sonori più artificiali di Brian Eno, proposto dagli Harmonia di Dieter Moebies, Hans-Joachim Roedelius e Michael Rother.

La visione che mi viene in mente è quella di Marcello Mastroianni ne 'La decima vittima' di Elio Petri, a capo dei tramontisti: 'Siamo nati causalmente, ma per fortuna causalmente moriremo. Questo ultimo raggio di luce ci giunge da centoquarantanove milioni di chilometri. Nostro padre se ne va, e lo vediamo spegnersi con i nostri occhi. Ma non dobbiamo disperarci, il pianto è purificatore, ci libera dalle angosce di tutti i giorni. E non a caso voglio ricordarvi che mentre noi seguiamo l'agonia di questo nostro diletto amico, i nostri fratelli della California possono salutarne la rinascita mattutina. E ora concentriamoci, il momento magico sta per scoccare...'

Eccolo qui.

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