Prendete il termine "crossover". Una parola abusata e violentata negli anni fino alla morte della stessa. Qual è il suo significato? Come quasi tutti sanno, questo vocabolo deriva dall'inglese "to cross over", ed è quindi un richiamo all'interscambio, alla contaminazione e alla fusione di diversi generi musicali.

Troppo spesso, però, questa definizione è stata spesa per gruppi come i Linkin Park o, peggio ancora, i Limp Bizkit. Che non sapevano fare altro che suonare chitarre pesanti mentre un coglione sparava i suoi "fuck" e "shit" in mezzo ai versi del solito rap insulso.

Signore e signori, una volta esistevano i Mr. Bungle (bungle=pasticcio), una band di eccelsi musicisti che negli anni '90 prese il suo piccolo pubblico per la mano e gli disse: "Allora, caro. Ora ti spiego cos'è sto cacchio di crossover".

Pensate ad un qualsiasi genere. Loro l'hanno affrontato. Spesso i loro pezzi consistevano nell'aggregazione di stili musicali "stridenti" l'uno con l'altro. Inascoltabili per chi non ha orecchie allenate, ma superbi per chiunque abbia interesse verso il non banale.

Mi astengo dal provare a recensire "Disco Volante", il loro secondo lavoro, nonchè il più sperimentale, e opto per questo album omonimo, più accessibile. Se volete capirli, dovete farlo un passo alla volta, o rischiate di fare indigestione e sentrvi nauseati. Proprio questo è il motivo che mi ha spinto, volendo fare una recensione su di loro, a scegliere il disco di debutto, il più famoso dei tre pubblicati (e il più venduto), grazie alla spinta di "The Real Thing" dei Faith No More e al video di "Quote Unquote", l'unico della loro carriera. Ma è solo un dettaglio. Folle è chi pensa di poter dire qualcosa su queste canzoni. Quindi ecco qual è il messaggio. Se non conoscete quest'opera, procuratevene un ascolto immediato, se la conoscete già... Bè, continuate ad ascoltarla, amarla e tentare (inutilmente) di capirla. Quando penserete di esserci arrivati, godetevi un momento d'orgoglio. In cinque minuti vi accorgerete del vostro errore.

E questo non è neanche l'episodio più complicato della loro discografia, come ho già detto. I componenti dei Mr. Bungle, qui, sono ancora acerbi (sempre in rapporto ai dischi successivi, ovviamente). Soprattutto lo è Mike Patton, all'epoca 23 anni, che rivelerà solo qualche anno dopo la sua VERA pazzia. In ogni caso, già in questi dieci pezzi si dimostra molto più versatile e geniale degli altri frontman della sua generazione.

Dare 5 stelle a quest'opera è riduttivo. Parafrasando George Orwell, vi dico: "Molti dischi valgono 5, ma alcuni valgono 5 più di altri". Grazie.

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