A volte bisogna ascoltare i consigli degli amici. Perché gli amici si preoccupano quando ti vedono disperso in una mare di merda. E per merda intendo power metal e gli ultimissimi Dream Theater che mi avevano messo addosso una depressione tale da lasciarmi inebetito davanti lo specchio a fissarmi per ore e ripetere tra me e me: “Ma tu chi sei? E io chi sono?”.

Detto questo, passiamo ad altro. Il power mi ha fatto letteralmente girare tutto ciò che umanamente ad un essere umano è possibile far girare. I Dream Theater mi avevano dato il colpo di grazia. E, allora, perché continuare a soffrire? Perché, quindi, non ritornare alle origini?

Proviamo con qualcosa di fresco fresco, visto che fuori fa caldo, caldo…. Proviamo con l’ultima release dei nostrani Necrodeath, band che ci aveva lasciati tutti in Romania in compagnia del conte Dracula e dei vampiri succhiasangue che oggi si sono reincarnati nelle zanzare puttane. E parlando dei Necrodeath e, quindi, di Peso e soci, mi vien da pensare. Molto.

Esaminando l’album mi accorgo che siamo al cospetto di un altro concept incentrato, questa volta, sul tema dell’origini della specie. Tema interessante, senza dubbio, affrontato con molta “originalità” dai Necrodeath

Tuttavia, sempre a proposito della band, devo dire che mi sono avvicinato, questa volta, non con poca diffidenza verso questo “Phylogenesis”, visto che, le precedenti release del combo ligure, non è che mi avessero entusiasmato più di tanto. Anzi, a dirla tutta, “Draculea” mi aveva consegnato una band prossima per l’etichettatura “alla frutta”, mentre, i precedenti dischi, ad eccezioni di “Mater Of all Evil” (che, tuttavia, non reputo neppure il capolavoro che si va sbandierando in giro) mi mostravano una band, si, capace di far esplodere tutta la loro rabbia, devastazione, follia, tenacia, cattiveria, tecnica. Insomma: una band davvero in forma ma, allo stesso tempo, una band che riempiva i loro dischi con tracce insipide e che, alla fine, ti lasciava con l’amaro in bocca.

In particolare in “Draculea” avevo avvertito quel senso di “vuoto”, di “nulla”, che tanto mi fa venir voglia di stroncare i dischi e la band che li partorisce. 
Sarà che io sono maggiormente attaccato,da un punto di vista affettivo, al thrash degli esordi della stessa band, quei due primi album che hanno fatto tremare il panorama italiano e internazionale. Insomma: quell’accoppiata di dischi strafighissimi sui quali dominava “Fragments Of Insanity” dove il connubio thrash-black era praticamente perfetto.

Sarà.

Tuttavia non ho voluto giudicare a priori e ho preso tra le mani il nuovo bimbo dei Necrodeath e…. Sono rimasto abbastanza soddisfatto.

Dal punto di vista musicale, finalmente, la band ha abbandonato quello pseudo thrash che aveva caratterizzato i loro dischi ma che a me sembrava solo un ammasso di tanto rumore assordante, tutto fumo e niente arrosto.

Ritrovo, con mio sommo piacere, un ritorno in grande stile di Pier Gonnella che, con la sua chitarra, riesce a sfornare riff che sembrano macigni di Dio sa solo quante tonnellate e assoli veloci, melodici e affilati che avevo praticamente dimenticato. Cazzo! Finalmente son ritornati gli assoli nei brani. E la cosa mi gasa non poco. Specie nella maniera con la quale vengono eseguiti. Specie se, poi, dietro alla chitarra c’è tutto un muro di musicisti che esegue il loro lavoro a regola d’arte. 

Peso, che cavolo ve lo dico a fare, sembra un martello pneumatico, un omino caricato con delle batterie a fonte inesauribile. Martella che è una bellezza, violenta il suo strumento fino alla sfinimento alternando parti estremamente veloci a momenti più meditati e lenti, riflessivi e cadenzati, come nella fantastica conclusiva e devastante “Final War”.

Ma è sin dall’opener che i Necrodeath ci mostrano i controcazzi che avevano rinchiuso in non so quale cassetto di non so quale baule gettato in non so quale punto dell’oceano. “Awekening Of Down” è un ottimo biglietto da visita che ci presenta i Necrodeath in forma più che smagliante con un Peso sempre in primo piano che martella velocemente e poi più lentamente, inserendo ritmi diversi stando attento a non sbagliare mai un colpo. Idem dicasi per l’ottimo Gonnella dal quale riusciamo ad udire degli ottimi riff e assoli che mi mandano in estasi. Ottimo esempio di speed thrash-black di cui i Necrodeath sono i nostrani dominatori. 

Ma il bello deve ancora arrivare. Ed è, infatti, un basso inquietante ad introdurci la successiva “I.N.R.I.” dal titolo alquanto …. aheam…. Tralasciando il titolo della song, mi soffermerei piuttosto sul fatto che la stessa può essere definita una tra le migliori tracce del lotto assieme a “Propination Of The Gods”, traccia più lunga del disco (ben sette minuti e mezzo), introdotta da una chitarra acustica che poi lascia scatenare l’inferno in terra da parte di una band che sembra davvero avere molto da dire; song nella quale si scatena un’autentica furia musicale apoteotica con un Flegias sempre sugli scudi. 

In “The Theory”, invece, la parte da leone la fa l’ottimo Gonnella assieme alla sua chitarra. Divina. Non aggiungo altro. Così come “Extreme Emotional Shock” si dimostra claustrofobica, cupa e angosciosa. Lenta e ossessiva, con un singer che ruggisce come un’anima dannata e quei riff di chitarra che ti trascinano in un vortice di autentica follia. Follia che poi, inaspettatamente, esplode in un assolo magistrale, dalla durata breve, ma intenso. Concludo citando la pirotecnica “Cloned World”, song nella quale la band sfodera l’ennesima prestazione da urlo.

A questo punto non mi resta che fare le dovute considerazioni e tirare le somme.

La prima cosa che mi chiedo è: perché diavolo, i Necrodeath, hanno dovuto aspettare così tanto per mostrarci gli attributi che sempre li hanno contraddistinti ma che, pareva, avessero occultato per qualche strana ragione a noi, e a tutto l’universo, oscura? 

Altra considerazione: molti hanno detto che questo disco è stato fatto con la “puzza sotto il naso”. Nel senso che, visti i risultati non proprio esaltanti delle precedenti release e, soprattutto, dell’ultimo disco, la band di Peso e soci abbia giocato la carta jolly, ossia “facciamo quello che sappiamo fare, andando sul sicuro”. 

Alcuni potrebbero fargliene una colpa. Io no. Decisamente preferisco questo ai precedenti “100% Hell”, “Tone(s) Of Hate” e l’ultimo Draculea”. Decisamente. 

Quindi, rimasto abbastanza soddisfatto non posso far altro che consigliare a tutti voi l’ascolto di questo nuovo parto targato Necrodeath che porta il nome di “Phylogenesis”. Disco che, spero, abbia un altrettanto ottimo seguito. 

Ma questo spetta solo ai Necrodeath deciderlo.

Nell’attesa…. Mi riascolto “Persuasive Memory”…

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