Nato dall'incontro delle menti di Canaan e Colloquio, il progetto Neronoia, dopo aver incuriosito pubblico e critica con il discreto debutto "Un Mondo in Me" del 2006, giunge in questo asfittico 2008 al suo secondo atto.

 "Il Rumore delle Cose" conferma le buone premesse gettate dal fosco predecessore, superandolo in compattezza e meticolosità, perdendo forse qualcosa sul piano della spontaneità e della immediatezza.
Difficile definire i contenuti del tomo in questione: la musica dei Neronoia, al di fuori di ogni lecita classificazione, si pone al centro di un pentagono che vede ai suoi vertici ambient, dark-wave, doom, post-rock, industrial. Una musica che non smentisce senz'altro quanto evocato dall'eloquente monicker.

 Sorta di Sigur Ros delle tenebre, i Neronoia s'impongono alle nostre orecchie con suoni ovattati, squarciati dal passo spossato di una batteria lontana e dall'insinuante asprezza di gelide synth chiamate a tessere vuoti esistenziali degni di tal nome.
L'ascolto è tuttavia scorrevole, grazie soprattutto alla durata dei brani (tutti piuttosto brevi, generalmente oscillanti fra i tre e i cinque minuti) e alle liriche in italiano, le quali aiutano a mantenere desta l'attenzione durante l'ascolto.
Da "XI" a "XX" (i brani sono titolati semplicemente con dei numeri e la numerazione riprende proprio laddove essa terminava in "Un mondo in me") suoni ed umori cambiano di poco o nulla. Le liriche minimali di Gianni Pedretti, seppur tutt'altro che brillanti, ben tratteggiano il vuoto esistenziale che s'intende esprimere fin dal nome della band: una spossatezza priva di colore e dolore e rabbia e disperazione, ma volta a sostenere su un piedistallo di fango e polvere una rassegnazione vuota di speranza e di contenuti, un macigno al collo e sull'anima, un trascinarsi avanti senza direzione alcuna, un lasciarsi vivere giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, istante dopo istante, fino alla fine (sempre che una fine ci sia concessa).

 Gli stenti e il disorientamento di una vita squallida prima ancora che crudele, subita in ogni singolo frangente (fisico ed emotivo); l'esasperazione del momento attualmente vissuto affogata nella rassegnazione del momento successivo: tutto ciò non si concretizza in slanci lirici degni di nota, ma in una sfocata contemplazione dell'essere che serpeggia fra le gobbe della noia prima ancora del dolore vero e proprio. Forse perché provare dolore è comunque un segnale di vita, una modalità attiva dell'essere.

 "Provo a dare un sostegno, a questo mio mondo, che perso nel nulla, in piedi da solo, più stare non sa. Provo comunque, a cercare, la forza di fare, qualcosa, chissà" (XIII)

 "Resto solo, mi accontento, non mi muovo, son contento" (XV)

 "Vado avanti, poi mi fermo, sono stanco, mi confondo, nasco oggi, non ricordo, vado avanti, poi ritorno" (XVI)

 Gli affanni e la raucedine del recitato di Pedretti, la sua voce profonda che scandisce cinicamente frasi semplici e sospese nel vuoto, spesso ripetute all'esasperazione, oscure filastrocche prive di poesia e tanto astratte ed impalpabili da essere mutuabili in qualsiasi situazione della vita, sono quindi non l'orpello meramente didascalico, ma una componente irrinunciabile di una musica ragionata e meticolosamente congegnata: due elementi (quello lirico e quello musicale) che si sorreggono e sopportano a vicenda, che procedono a braccetto, l'uno la stampella dell'altro, zoppicando e secernendo un cantautorato esistenziale che sceglie come tappeto sonoro il pulsare lento di un oscuro ambient, ravvivato sovente da ariose chitarre (spesso in delay) in bilico fra dark ottantiano ed evoluzioni post-rock tipiche dei nostri anni.

 Acclamati (forse pure troppo) dalla stampa nostrana, i Neronoia e "Il Rumore delle Cose" rimangono una realtà comunque di rilievo nel panorama della musica oscura tricolore dei nostri giorni (probabilmente i più degni eredi dei defunti Monumentum): il segnale vivido (e purtroppo isolato) di un'Italia che fugge da ogni tentativo di emulazione per scivolare in una dimensione finalmente originale: un possibile terreno fertile per proseliti che, chissà, potrebbero anche germogliare fuori dagli angusti confini nazionali.

Al buio in questa via, la noia scivola via...

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