L'11 Settembre 2001 è una data tragica nel nostro immaginario collettivo; il terribile attentato alle Twin Towers ha sconvolto il mondo intero e la vita di un numero interminabile di famiglie che hanno perso i propri familiari in quel drammatico giorno. Ma l'11 Settembre 2001 in Francia viene distribuito Des Visage Des Figure dei Noir Dèsir, apprezzato gruppo transalpino che si era già fatto apprezzare per dischi di pregevole fattura quali Tostaky e Du ciment sous les plaines e soprattutto notare anche fuori dai confini nazionali (ad esempio Tostaky era stato prodotto a Londra).

Si potrebbe obiettare a questa introduzione con un affermazione legittima: "dov'è il nesso tra i due fatti?"; ebbene Bernard Cantat  leader della band di Bordeaux e compositore dei testi, chiama la traccia numero due "Le grand incendie".  Questo rende l'album ancora più enigmatico e misterioso.

E' il loro disco più "commerciale", (chiaramente definire questo disco commerciale sarebbe come affermare che gli asini volano, e voi saprete benissimo che gli asini non volano) lo dimostrano sia la parmanenza al primo posto nelle classifiche tra i brani più ascoltati di "Les vent nous porterà", sia il milione di copie vendute e gli innumerevoli premi "portati a casa" dalla band.

Ma tutto l'album è intriso di una atmostera cupa, desolata, stagnante di rabbia e malinconia. E' la poesia a farla da padrona, lo dimostra l'abilità compositiva del frontman che tanto abilmente ne è l'interprete principale. Con quel suo timbro timido e sensibile, arrabbiato e allureo; gli altri membri della band mirabilmente ne dipingono strumentalmente uno sfondo impressionista.

Questa è la chiave di lettura del disco, poi ci pensano i testi eruditi e ricercati oltrechè i temi affrontati in essi dal visionario Cantat a dare ulteriore profondità al prodotto. Nel complesso spiccano la già citata "Le vent nous porterà", che tra l'altro vede la partecipazione di Manu Chao alle chitarre, la titletrack "Des Visage des figure", ballata tanto sommessa quanto intrinsecamente incendiaria; a "L'envers à l' endroit", perla tanto elettronica quanto sottile (On peut caresser des idéaux sans s'éloigner d'en bas, On peut toujours rêver de s'en aller mais sans bouger de là), che insieme a "L'enfant roi" e la meravigliosa "Des armès" musicata sulla base di uno struggente scritto di Leo Ferrè, sono tutte in bilico tra cantautorato e raffinata psichedelia.

Altri brani da sottolineare anche per il cambio di passo riscontrabile rispetto alle linee guida del disco  sono "Le grand incendie" appunto, tesa incalzante, dritta al cuore, "Son Style 1" (con venature chiaramente elettro-punk) e "Lost": pezzi di una certa vivacita', e di sicuro impatto.

Un capitolo a parte merita il brano (è in questo caso assai improprio chiamarlo brano) più arduo (anche da recensire) e pretenzioso del disco: la traccia numero 12, "L'europe", vero e proprio atto di scherno nei confronti  delll'Europa; 24 minuti di amare riflessioni scritte dal cantante assieme al polistrumentista ungherese Akosh Szelevényi e Brigitte Fontaine: contro tutto e tutti. Una critica all'intero mondo occidentale con un linguaggio duro e crudo. Incalzante e passionale, angosciante ed epica, musicata meraviglisamente in perfetta conformità con lo scritto.

Questo è chiaramente il disco della consacrazione internazionale, vista l'improvvisa visibilità ottenuta dai Noir Dèsir entrati (e poi subito usciti) nel circuito di Mtv e del Main Stream musicale. Se si focalizza sul gruppo prescindendo da questo, si nota nella band un uso della musica colto e raffinato, musicalmente ineccepibile, visionario e onirico. Il punto più alto della loro produzione artistica, che stranamente è coinciso con il loro successo.

Un disco sopraffino e dall'infinita valenza simbolica, carico di emozioni e sentimenti tanto forti quanto sinceri.

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