Dopo i capolavori "The Perfect Element Part. I" e "Remedy Lane" che rimangono gli apici indiscussi della loro carriera, i Pain Of Salvation, illuminati da un altro colpo di genio del grande Daniel Gildenlow sfornano un album, nel 2004, assolutamente nuovo e insolito per la loro discografia. "Be" è infatti un album che non ha precedenti nella discografia della band e il sound proposto ha ben poco a che vedere con quello dei lavori precedenti.

La band decide infatti di distaccarsi dal progressive metal per provare un album tanto particolare e incomprensibile quanto affascinante! Uno degli album più strani e difficili che la scena progressive ci abbia mai regalato!

Tanti generi messi insieme così non si erano davvero mai sentiti! In quest'album la componente metal viene messa da parte, o meglio viene tirata fuori solo in pochi pezzi, e viene dato più spazio a quella progressive che viene espressa però in maniera radicalmente diversa da come veniva espressa in precedenza. C'è un po' di tutto in questo album: folk, classica, gospel, blues, prog-rock, etnica... ma nessuno deve azzardarsi a pensare che si tratti di un calderone o di un agglomerato; si potrebbe semmai paragonare ad un minestrone con tante verdure diverse (a me fa schifo gran parte della verdura, odio il minestrone ma mi permetto lo stesso questo paragone) ma tutte inserite con lo scopo di creare un sapore unico e inconfondibile.

Se amate i Pain Of Salvation più classici questo disco so che non farebbe per voi ma se amate le sperimentazioni e la tentazione di andare al di là di ciò che da un gruppo siete abituati ad ascoltare questo disco sarà per voi un'autentica perla!

Per la prima volta i PoS si servono di un'orchestra di 9 elementi e precisamente due violini, una viola, un violoncello, un flauto traverso, un oboe, un clarinetto, un clarinetto basso, una tuba.

Certo, per trattare un argomento particolare e delicato come il rapporto fra dio e uomo, era necessario un sound molto particolare e loro sono riusciti a crearlo. Io, pur essendo dichiaratamente ateo, ho apprezzato molto quest'idea.

L'intro "Animae Partus" è vocale, costernata da particolari effetti sonori poi ecco "Deus Nova": intro orchestrale poi potenti chitarre accompagnate dall'orchestra mentre una voce recita quante persone popolavano la terra in determinati momenti della storia, poi un'altra parte vocale. Poi "Imago" brano folk-etnico guidato dall'orchestra (sezione fiati su tutto) e dalla mandola di Daniel. Il rumore della pioggia ci conduce diretti a "Pluvius Aestivus" che è invece un brano di musica classica dove le note delicate e i giri armoniosi del pianoforte di Fredrik Hermansson sono accompagnate dai suoni sinfonici dell'orchestra; brano un po' ripetitivo ma da apprezzare per come gli arrangiamenti sopraggiungono... Il piano infatti parte da solo, poi viene sopraggiunto da pizzicati di violini e poi da un'orchestra sempre più incisiva. In "Lilium Cruentus", invece, la componente metal torna a farsi sentire  anche se la presenza dell'orchestra è sempre molto tangibile; il risultato è un brano a tratti malinconico a tratti carico, con la prestazione vocale di Daniel ad enfatizzare. Con "Nauticus" tornano invece i Pain più atipici: si tratti infatti di un brano acustico che oscilla fra il tribale e il gospel, è una sorta di preghiera alla quale segue una parte vocale, e per la precisione una conversazione in auto. Poi "Dea Pecuniae" brano a metà fra jazz, musical, gospel, rock-blues e soul che vede ospite anche una voce femminile. "Vocari Dei" è invece una sorta di ringraziamento a Dio; il sound è anche qui classicheggiante, con l'orchestra in primo piano, in particolare le melodie suonate con l'oboe, armonici di chitarra e anche un solo di chitarra classica; e mentre gli altri suonano ecco delle voci registrate (messaggi telefonici lasciati presso una segreteria allestita allo scopo) che ringraziano Dio. E se finora la componente metal è stata praticamente assente, presente soltanto in appena due brani ecco che invece questa componente viene recuperata due tracce successive, le più dure di questo particolarissimo album. "Diffidentia" è un brano con chitarre distorte e forti influenze nu-metal alle quali si intrecciano deliziosi tocchi di piano e violino, mentre gli ultimi tre minuti sono decisamente più soft, orchestrali e dalle connotazioni gospel e jazz come già sentito in "Dea Pecuniae". Orientamento metal anche nella successiva "Nihil Morari": inizio con orchestra di sottofondo, arpeggi di chitarra e anche tocchi di piano, poi chitarre distorte (sempre con l'orchestra ad accompagnare) e reprise di "Deus Nova", finale simile all'inizio, solito arpeggio e solite orchestrazioni. La parte finale è introdotta da un pregevole brano acustico,"Latericius Valete": delicata chitarra acustica più qualche tocco di oboe, poi una chitarra elettrica appena distorta accompagnata dagli archi. "Omni", anch'essa sui 2 minuti e mezzo è un brano eseguita solo con organo e voce, mentre "Iter Impius" è una sorta di ballad incentrata sul piano di Fredrik Hermansson a cui si aggiunge l'orchestra; bello l'assolo di chitarra centrale, ma anche la prestazione vocale rabbiosa e drammatica di Daniel nel finale. La conclusione è delle migliori con "Martius/Nauticus II": introdotta dal clavicembalo vede un inizio tribale e un proseguimento etno-folk basato sul tema di "Imago", con mandola e orchestra conditi con un ottimo giro di basso e un perfetto drumming. Bello il finale percussionistico. L'outro "Animae Partus II", che dice semplicemente "I Am" e ci fa ascoltare il battito di un cuore, chiude un album davvero straordinario, elegante, raffinato.

Un album così nasce una volta ogni tanto nella storia, ma quando nasce tiene incollati un gran numero di appassionati. Da avere, come del resto tutti i lavori della band!

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