Per una band come i Pain of Salvation, e soprattutto per una persona come Daniel Gildenlow (leader sempre più assoluto del gruppo) parole come "cambiamento", "metamorfosi", "evoluzione", sono più che importanti: sono fondamentali. Vitali. Sono la base portante, le fondamenta su cui si poggia il complesso di Eskilstuna.

Dal 1997 (anno di uscita dell'esordio "Entropia") ad oggi il gruppo svedese è sempre stato coinvolto in un costante processo di mutamento musicale, di ricerca di nuove soluzioni e atmosfere, ma negli ultimi anni questo processo ha raggiunto il suo picco e la sua massima estensione: "BE" è stato il primo forte segnale che le cose erano sostanzialmente cambiate rispetto al passato, "Scarsick" con i suoi arrangiamenti secchi e diretti e la sua musica straight-to-face è stato il punto di non-ritorno, "Linoleum" ha spiegato chiaramente come sia inutile rimanere in attesa di dischi uguali ai primi capolavori.

Perchè lui, Daniel Gildenlow, non è interessato a rifare un nuovo "Remedy Lane" o un nuovo "The Perfect Element", almeno musicalmente parlando (noi, intanto, rimaniamo in attesa della terza parte della saga di He e She). Lui, lo svedese, non si fossilizza sulle solite soluzioni e sui soliti trucchetti da compositore navigato. Lui vuole provare nuove vie, vuole tentare strade quantomeno inusuali per un gruppo come i Pain of Salvation, perchè come qualsiasi cosa anche un gruppo musicale ha bisogno di cambiare, di mutare. La stessa teoria dell'evoluzione è lì a testimoniarlo: se una specie non si adatta ai cambiamenti dell'ambiente e del tempo, questa muore. Solo coloro che si adeguano e cambiano, possono continuare a vivere. Solo coloro che passano al livello successivo dell'evoluzione.

Ed è proprio questo che fanno i Pain of Salvation: evolvono. In barba ai fans possessivi ed egoisti che li vorrebbero cristallizzati sugli stessi schemi e sullo stesso genere, Gildenlow segue la sua strada, non curandosi delle critiche e delle lamentele dei supporter di vecchia data. Trovandosi quindi con una line-up ancora una volta rinnovata (il francese Lèo Margarit sostituisce infatti il precedente batterista Johan Langell) il gruppo prosegue con questo nuovo album il percorso intrapreso già col precedente "Scarsick": giocare con i generi e la forma canzone, decomporli e trasformarli a proprio piacimento.

Questo "Road Salt One" (la cui seconda parte è attesa per il prossimo Ottobre) risulta sicuramente l'album più eterogeneo e variegato della discografia della band: si passa facilmente dal progressive di vecchia data ("No Way") alla struggente ballad ("Sisters") al blues marcio ("Tell Me You Don't Know") a richiami alternative rock ("Curiosity") per arrivare anche ad echi di valzer, i quali riportano alla memoria le atmosfere di alcuni pezzi della Diablo Swing Orchestra o dei primi Mechanical Poet (la particolarissima "Sleeping Under The Stars", che si candida a nuova "Disco Queen"); ed in questo clima di varietà viene valorizzato ogni membro del gruppo, con una sezione ritmica devastante e la voce di Gildenlow che svetta su chiunque, Gildenlow che nei 55 minuti che compongono "Road Salt One" fornisce forse la miglior prestazione di tutta la sua carriera, riuscendo a cantare su qualsiasi tono possibile, suscitando emozioni perfino quando la musica risulta soffusa o quasi del tutto assente ("Of Dust"). Ma, in qualche modo, rimane comunque un'ancora al passato: il concept, anche se per ora abbastanza nebuloso dato che manca ancora la seconda parte di questa epopea, riprende alcuni temi già affrontati in "Remedy Lane"; in particolare il sesso, vero leitmotiv dell'album e qui usato come metafora e viatico di insoddisfazione, dolore, sofferenza e di delusione, caratteristiche che accomunano un po' tutti i personaggi dei dischi dei Pain of Salvation.

Il 2010 quindi ci regala un gruppo che, tenendo fede alla sua fama di band camaleontica, muta ancora pelle e che, continuando a rimanere distante dalle atmosfere dei dischi del passato, riesce a sorprendere e a mantenere intatta l'altissima qualità dei propri lavori; nonostante tutto, i Pain of Salvation continuano a rimanere sulla cresta dell'onda.

E l'evoluzione continua.

Elenco tracce e video

01   What She Means to Me (00:49)

02   No Way (07:08)

03   She Likes to Hide (02:57)

04   Sisters (06:15)

05   Of Dust (02:32)

06   Tell Me You Don't Know (02:42)

07   Sleeping Under the Stars (03:37)

08   Darkness of Mine (04:15)

09   Linoleum (04:55)

10   Curiosity (03:33)

11   Where It Hurts (04:51)

12   Road Salt (04:40)

13   Innocence (07:13)

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Altre recensioni

Di  _Ozzy

 Veramente questo pastrocchio sonoro ... dovrebbe far ricredere chi è rimasto deluso e scottato dalla virata stilistica di un gruppo che è sempre stato ritenuto tra i top del progressive “intelligente” e mai banale?

 In sostanza un disco con ottime canzoni, arrangiamenti ridondanti ed esagerati e zero (dico zero!) senso.


Di  _Ozzy

 Un disco con ottime canzoni, arrangiamenti ridondanti ed esagerati e zero (dico zero!) senso.

 Daniel Gildenlow è un geniaccio e mi piange il cuore sentire come si pavoneggi cantando 4 stili diversi in 3 secondi di canzone.