Parliamo di "Bright Size Life", il primo album da solista dell'appena ventunenne Pat Metheny, la leggenda sorridente del Missouri. La  line up vede la partecipazione illustre di un giovanissimo Jaco Pastorius e del batterista Bob Moses; la formula del trio dona leggerezza e freschezza al sound: a Pat l'esclusiva sulle scelte e le finalità armoniche, la sezione ritmica accompagna dolcemente il discorso della chitarra, sostenendolo e mai appesandendolo.
L'album si presenta quindi come una valida e (a quanto pare mantenuta) promessa di classe e raffinatezza.

Già dalle note iniziali del brano d'apertura, "Bright Size Life", che presta il titolo all'album, si viene scossi dalla incisiva personalità ed originalità dello "stile", dal fraseggio, dalla ricerca sempre incalzante di percorsi melodici innovativi e lontani da ogni canone preesistente. Il termine ricerca non è uno dei più indicati: Pat non cerca, il suo è un uso consapevole e cosciente degli strumenti della sua vena compositiva, è come se sfruttasse sapientemente saperi ancestrali e personali. Ecco che quindi appaiono brani come "Sirabhorn" e "Unity Village", stupendi esperimenti di uno stile che sembrava mostrare già dal debutto le sue solidissime basi. A seguire "Missouri Uncompromised" che riconferma la vivacità e la freschezza del fraseggio Metheniano: l'orecchio trova nuove spiagge su cui approdare e ristorarsi.

La musica di Metheny sembra in perfetta analogia con la grande storia della Musica, dai ritmi primigeni alle raffinate sonorità che ricordano l'avanguardia e il progressive settantino, e mi riferisco a "Midwestern Nights Dream": non esistono più barriere tra generi ed epoche, anzi tutto è proposto in massima libertà e freschezza . Fondamentale il sostegno del Pastorius, per le linee di basso che lasciano intravedere perfettamente lo spessore di una tale promessa della fusion (non erano ancora arrivati i tempi con i Weather Report).

In una così vibrante ondata d'energia, la lezione jazz (che Pat apprende da maestri quali Gary Burton o Mick Goodrick), sembra essere ampliamente assorbita, assimilata ed elargita in qualcosa di enormemente soggettivo, lontano da emulazioni o banalità: tutto è nuovo e perfettamente in regola, come si deduce da "Uniquity Road", ma soprattutto da "Omaha Celebration".
L'album si chiude con "Round Trip - Broadway Blues", tributo a Ornette Coleman, celeberrimo fondatore del movimento free jazz, e personaggio molto caro al nostro Pat, che ancora oggi non manca di citare ed omaggiare.

In definitiva, "Bright Size Life" è un album che ricordi sorridendo, come si sorride ad un sorriso candido e sincero di un bambino.
L'impressione totale è quella di una bellezza puerile, adolescenziale: fresca e senza turbe. E' proprio ciò che racchiude questo album: un grido allegro e vivace, una dolce ed invitante catarsi.
Pat Metheny pensa e vive attraverso la sua chitarra, ama e viene amato perchè scrive ciò che è.
Album consigliatissimo, e se ci si ferma a pensare cosa voleva dire nel '75 ascoltare tutto ciò, diviene quasi indispensabile nella cultura musicale di ogni buon amante di musica.

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