Mi sono colpevolmente accorto solo ora che su DeBaser manca la recensione del "miglior disco" (almeno così è definito un po' ovunque) dei Phish, il misconosciuto (in Europa) "Picture of Nectar". A saperlo avrei iniziato la mia carriera di De-recensore con questo. Ma vabbé, ormai è andata. 

Il disco in questione esce nel 1992, ed è il terzo della discografia della jam band americana e forse quello che la rappresenta meglio sotto tutti i punti di vista. Prima di arrivare a questo capolavoro i Phish avevano autoprodotto tre album esclusivamente su cassetta (i primi due non rilasciati ufficialmente negl anni di produzione, ma solo successivamente a notorietà acquisita) ed un solo album del tutto ufficiale, "Lawn Boy", da molti quindi considerato l'effettivo esordio.

Se questo "primo" album, come già bene illustrato in una recensione DeBaseriana, rappresenta già un gran disco dalle forti tinte progressive sposate alla tradizione popolare americana il suo successore incarna meglio ed in tutto e per tutto l'anima dei Phish da lì a seguire: l'album infatti è un concentrato di generi e di stili da rendere quasi impossibile una sua semplice catalogazione ed è anche uno dei pochi dischi in studio di questo gruppo che trasmette la stessa forza e attitudine che hanno lo reso uno dei più quotati a livello live di sempre.

La mancanza di un filo conduttore e il coraggio di inserire in un disco di tendenza squisitamente pop registrato in studio brani molto brevi o molto lunghi (si va dai 40 secondi di "Catapult" agli oltre 8 minuti di "Tweezer") sono sicuramente stati premiati da un risultato eccezionale all'ascolto e all'analisi.

Il disco è trascinante, melodico, ascoltabile e leggero e al contempo è colto, elaborato, tecnico ed interessante sotto qualsivoglia punto di vista lo si voglia osservare. Se la matrice emozionale può sembrare un po' "frivola", incentrata quasi completamente a contenuti allegri, umoristici ed ironici (ed in parte autobiografici), quella tecnica non può attirare che applausi e lodi: di criticabile ci sarebbe solo la sensibile disomogeneità del materiale, ma accusare di ciò una "jam band" sarebbe come accusare l'acqua di essere umida.

I brani del disco sono tutti notevoli e allo stesso modo non si nota la presenza di riempitivi: si parte dall'aggressiva "Llama", dalle sonorità hard rock applicate ad un brano fra il bluegrass e il country per proseguire con una serie di pezzi memorabili, molti dei quali a distanza di 18 anni e una decina di album ancora compongono il clou dei concerti dei Phish.

Da segnalare sono assolutamente "Cavern", "Guelah Papyrus", "Stash" e "Chalk Dust Torture", tutti e quattro brani veloci e movimentati che alternano southern rock, country, funk, ritmi sudamericani e divagazioni psichedelico-progressive; allo stesso modo non sono trascurabili "Eliza", bell'esercizio jazzy-pop, "Glide" e "Poor Heart", rivisitazioni ironiche rispettivamente dei gruppi vocali popolari statunitensi (alla "I Re Acuti" di simpsoniana memoria, per intenderci) e del country meno pretenzioso.

Le perle però sono sicuramente "Tweezer" e "Tweezer Reprise", due furibonde rock jam da far impallidire qualsiasi altro gruppo rock degli ultimi 20 anni per ispirazione, capacità tecniche esecutive e compositive e soprattutto per capacità di trascinare e non annoiare per neanche 10 secondi degli oltre 11 minuti di durata totale delle due tracce, base da qui in avanti di praticamente tutti i live del gruppo di Anastasio & C. con esecuzioni spesso superiori ai 20 minuti ad indicare che la durata in studio non è assolutamente fine a se stessa, ma anzi è ben compressa e strutturata.

Prima di terminare un accenno alla produzione: la registrazione è buona, i suoni sono tutti ben riconoscibili e dinamici, con sonorità molto sature a richiamare gli anni '70, soprattutto nel suono della chitarra, a volte un po' troppo preponderante sul resto della strumentazione, che meriterebbe di più per il livello eccelso dei componenti del gruppo. Soprattutto la sezione ritmica potrebbe essere più "pompata" a volte, almeno per i miei gusti. Per quanto riguarda la copertina la raffigurazione è quella di un'arancia (o comunque una buccia d'agrume che molto gli simoglia) con i colori estremamente saturati. Perfettamente abbinata alla musica "fresca", "lisergica" e "solare", ma non dolce e melliflua, del gruppo.

Carico i commenti... con calma