Un disco uscito pochi mesi fa, dedicato alla memoria di Pino Daniele e Massimo Troisi, e passato quasi del tutto inosservato, come purtroppo accade per tutti quegli artisti che - anche se grandissimi - non sono più in auge, o addirittura nemmeno lo sono forse mai davvero stati.

Come nel caso di Pietra Montecorvino, al secolo Barbara D'Alessandro, un'interprete che definire "straordinaria" è forse anche riduttivo: è certamente una delle più forti che abbiamo, nonché tra le pochissime vere "grandi" rimaste sulla scena.

Pietra Montecorvino non avrebbe bisogno di presentazioni, se solo fosse più facile essere artisti in un mercato piccolo e ulteriormente immiserito come quello musicale italiano
degli ultimi (oramai) decenni.

Come tutte le grandi interpreti, Pietra è forte di un timbro vocale inconfondibile: energico e dolente, profondamente viscerale, a tratti crudo, a tratti commuovente, spesso entrambe le cose.

Ad una voce così non servono sfarzose orchestre, né post-produzioni stellari, ed infatti il risultato ottenuto in questo album con gli arrangiamenti (essenziali ma incredibilmente suggestivi), di Erasmo Petringa, è eccellente. Suono mediterraneo, suono in cui si mescolano folk (chitarre), rock (voce), musica da camera (violoncelli): è il suono di Pietra.

"Bella 'mbriana", "Mal di te", "Sicily", "Notte che se ne va". "Io vivo come te", "'O ssaje comme fa ' o core": impossibile stilare una classifica delle migliori tracce di questo lavoro, sono tutte indissolubilmente legate fra loro, come parti inscindibili di uno stesso mosaico, frammenti di uno stesso ritratto, di una stessa anima.

Una menzione a parte va a quella che è finora la miglior interpretazione di "Anna verrà", una delle più belle canzoni degli ultimi trent'anni, che in questo disco diventa a tutti gli effetti una canzone di Pietra Montecorvino, forse l'unica interprete in grado di darle un vestito così perfetto.

Se la Magnani - figura immensa a cui il pezzo è ispirato e dedicato - fosse nata a Napoli invece che a Roma, l'avrebbe di certo cantata così: avrebbe raccontato sé stessa con la medesima voce e la medesima passionalità di Pietra Montecorvino.

Quando la si guarda e la si ascolta è impossibile non accostarla alla Berté. L'arte e la voce di Loredana da sempre vengono a sublimare un qualcosa di provocatorio, di esasperato, di arrabbiato; in Pietra tutto questo emerge, sopravvive, ma si attenua declinandosi in un'avvolgente amarezza, in una calda e affascinante malinconia. Due diversi modi in cui si esprime la sofferenza di due anime dal temperamento forte e dolce al tempo stesso, entrambe ferite da un qualcosa di oscuro, indeterminato, e forse "irrinunciabile". Entrambe così maledettamente istintive ed estranee al compromesso.

In questa sua ultima fatica discografica, come tutti gli omaggi che si rispettino, non c'è nulla di pianificato, bensì è tutto frutto di un'ispirazione piuttosto repentina: Pietra ha registrato il disco in un solo giorno, dopo averne stilato "di getto" la scaletta, attingendo dalla miglior produzione del compianto Pino Daniele.

La dedica è estesa anche Massimo Troisi, amatissimo dalla cantante (ben oltre la semplice ammirazione artistica) e inevitabilmente legato alla memoria di Pino Daniele grazie anche alla storica amicizia che li univa.

«Il cd è dedicato a tutti due, ho sognato di essere la terza parte di un triangolo, e parlo di sogno perché Pino io non l’ho nemmeno conosciuto, solo una volta, a Roma, essendomi accorta che stava a tavola in una trattoria, sono entrata e gli ho regalato una rosa, senza nemmeno presentarmi».

Eppure era stato proprio Pino Daniele, in un certo senso, inconsapevole artefice del suo debutto sulle scene con la partecipazione al film "FF.SS.", dove in molti la ricorderanno interpretare il brano "Sud". «Ai provini del film di Arbore cantai tre pezzi di Pino, li sentivo dentro, non mi sembrava di sostenere un esame, erano pezzi di me come lo sono adesso. E fui scelta...»

Era il 1983, una vita fa, un lungo arco di tempo che ha visto Pietra nascere e rinascere artisticamente più e più volte, dividendosi tra cinema, teatro e soprattutto musica, dischi e concerti. Una carriera - per scelta - non certo facile, sapientemente guidata da Eugenio Bennato (ex compagno e padre dei suoi due figli) e talvolta intervallata anche da momenti bui, come la depressione che la colpì alcuni anni fa, e di cui fa accenno nei suoi personali e trasognati scritti presenti all'interno dell'autobiografico libro "Malamusik" (2013).

Con questa sorta di ritorno alle origini, ossia alle canzoni di Pino, un cerchio si chiude, sperando ciò possa rappresentare per lei il preludio di un'ennesima ripartenza.

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