Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su Ondarock.it

Il principio nella genesi del sistema planetario Pink Floyd fu Syd Barrett.

E Syd Barrett creò i Pink Floyd, la psichedelia malata, gli spettacoli di luci stroboscopiche, la ricerca sonora, e uno stile chitarristico naive... E il settimo giorno, come le stelle blu che brillano troppo, fuse per sempre, esplodendo radioso nel cielo, immensa supernova.

Ecco un disco rock così antico ma così attuale: "eppur si muove" nonostante abbia 40 anni suonati-bene-.Anno di grazia 1967, i Beatles sono al culmine della loro carriera, hanno abbandonato le ormai trionfali esibizioni live per dedicarsi interamente ad albums in studio, mentre i P.Floyd sono all'album di esordio dopo due singoli andati piuttosto bene in classifica (Arnold Layne e See Emily Play) e forti soprattutto di un grosso seguito underground per via degli psichedelici "light show" all'UFO club, che consistevano nella proiezione diretta sul gruppo di diapositive allucinate sulle quali era posto dell'inchiostro. A contatto con il calore della lampadina, l'inchiostro si scioglieva e creava effetti visivi di grande impatto. Con il cambio di ritmo mutavano anche le immagini, in un tripudio di arte visionaria. La band poi introdusse anche un'altra innovazione nel live, quella del suono quadrifonico: collegando gli strumenti ad amplificatori posti ai quattro lati del locale, suoni diversi provenivano da punti distanti fra loro, dando così l'impressione che la musica avvolgesse il pubblico.

Ad Abbey Road negli studi EMI, i Beatles registrarono il Sgt. Pepper che uscì il 1/6/1967, e i P.Floyd The Piper At The Gates Of Dawn, stampato il 5 Agosto del 1967. Si dice che il mixaggio sia stato eseguito con l'ausilio dallo stesso Barrett che spostava i cursori come meglio credeva-forse a caso- ma deciso ad ottenere quel suono sospeso, spaziale.

La produzione è di Norman Smith, che era stato il principale ingegnere del suono dei Beatles per i primi anni ‘60. Ma i Floyd vanno molto più lontano i confini musicali dei Fab Four: si va dalle improvvisazioni avanguardistiche e quasi neo jazz della suite, alle canzoncine pop come nursery rhyme (filastrocche / ninne-nanne per bambini). Syd Barrett, golden boy e menestrello spaziale, per via del troppo LSD e forse per una predisposizione schizofrenica, uscirà pian piano di scena, dopo aver collaborato solo ad un paio di canzoni del secondo album dei Floyd e due album solisti nei primi anni 70. Il paradosso sarà che l'uscita di scena alimenterà il suo mito.

Kevin Ayers gli dedica una canzone, nasce persino una Syd Barrett Appreciation Society, con un suo organo, la rivista Terrapin. A metà del decennio, più d'un gruppo del nascente punk lo vorrebbe come collaboratore o produttore: i Damned e gli stessi Sex Pistols, Jimmy Page sognerà per anni di produrre un disco della Testa Matta, si dice, pure i Blue Oyster Cult-ma è una leggenda metropolitana o qualcosa che lessi su un vecchio libro di testi si Pink? Boh qualcuno mi aiuti-; David Bowie farà una cover di See Emily Play su Pin-ups, es is dice che ha influenzato gli Xtc, diversi gruppi new wave-True West-Robin Hitchcock, e avrà tributi degli artisti più svariati...

CANZONE PER CANZONE

Schietto ed immediato, come ogni esordio che si rispetti, The Piper At The Gates Of Dawn è destinato a resistere all'usura del tempo e delle mode. L'album raccoglie 11 canzoni perfette, diverse una dall'altra ma legate dal filo rosso del sogno: fu subito un grande successo raggiungendo il sesto posto delle classifiche inglesi, dove rimangono per 20 settimane nei Top 20.

Il messaggio di un'opera ispirata lo rivela già la scelta della copertina, una sovrapposizione miscelata dei volti dei musicisti, con tinte fortemente allucinate. Otto degli undici brani sono firmati da Syd Barret, i restanti tre sono opera di Roger Waters, in collaborazione con lo stesso Barrett, Wright e Mason. In Italia l'album esce con una copertina diversa da quella originale inglese, con Gilmour anzichè Syd Barrett, anche se in realtà il primo diventerà membro della band nel secondo disco. Il titolo di questo LP viene dal titolo del settimo capitolo del libro di Kenneth Graham "Wind in the Willows", dove Ratty e Molly cercano un animale perduto, e hanno una specie di esperienza religiosa quando incontrano, appunto, "The Piper At The Gates Of Dawn", il Pifferaio ai cancelli dell'alba (che molti identificano nel dio Pan). Nel 1967 il gruppo presentava una formazione a quartetto, con Syd Barrett alla chitarra, alla voce, Roger Waters al basso, Richard Wright alle tastiere, e Nick Mason alla batteria. In questo disco Barrett e compagni attuano una vera rivoluzione copernicana nell'universo rock.La produzione di Syd Barrett scaturisce in gran parte dalle sue esperienze dei "viaggi" in LSD di una mente visionaria. Il "Piper" sposa, in modo assolutamente alternativo per l'epoca, mix di pop e ardita psichedelia, corredando questo con testi "acidi" e fortemente allusivi sotto quel velo di fanciullesca innocenza. Il naturale prosieguo del successo dei primi due 45 giri dei Floyd, "Arnold Layne", censurata dalle radio per i riferimenti alla storia di un travestito, e quindi la magistrale "See Emily Play", apparentemente una semplice canzone beat dal testo un po' flower power e il finale enigmatico. Emily è una lucida follia di chitarre slide distorte e saturate,di tonalità orientali, delay a nastro, nonché sovraincisioni, organi spaziali e carillon, e divenne un capolavoro di fine anni 60. Dopo il successo del singolo il gruppo entra in sala per il primo album.

L'album dei primi Floyd è veramente psichedelico e tutti i brani nascondono una punta di follia rendendoli unici e innovativi per il loro genere. Il bip-bip di "Astronomy domine", il Signore dell'astronomia, apre le danze all'insegna della psichedelia più malata, la stessa che scosse la mente di Barrett, tanto da essere ossessionato da pericoli e spie extraterrestri: realtà e illusione si confondono, mentre l'angoscia cresce lentamente e alla fine prende il sopravvento, proprio come nella vita del compianto Syd.

"Astronomy domine" è in pratica il resoconto di un viaggio stellare intrapreso da Barrett attraverso l'uso dell'LSD (si narra addirittura che per orientarsi abbia portato con sè un manuale di astronomia, per le allusioni nel testo a Dan Dare, autore inglese di opuscoli del genere o che orbitasse in acido intorno a della frutta tonda, boh!).

L'astronave Pink Floyd decolla sino alle stelle, tra rumori di apparecchiature e sibili di comete a cui succede un basso pulsante e continuo, ultima connessione radio con la terra, mentre la chitarra onnipresente, insieme a un canto solenne svagato al tempo stesso, sembra errare in un panorama cosmico oscuro e tenebroso. Il tappeto stellare tessuto dalle tastiere dà solidità al tutto amplificando l'inquietante sensazione d'infinito. Nel testo vi è anche un accenno a Oberon e Titania come riferimento al Sogno di Mezza Estate di Shakespeare e ai nonsense di una finta radiostazione spaziale che parla di un oroscopo: "Moon in both [houses]..." ..... "...Scorpio, [Arabian Skies], Libra...".... two/ten] seconds to [ignition]..."..... "...all systems satisfied..."."...just completed orbital...". Come affermò Gilmour in un'intervista dei tempi di Ummagumma, fare dal vivo Astronomy domine gli dava la sensazione di suonare un rock'n roll a super volume; e in effetti, i blues di Bo Diddley e i vecchi rock'n roll erano il repertorio che Syd adolescente suonava nelle festicciole domestiche. Ma di tutto ciò c'è ormai una completa trasfigurazione, del passato rimane solo una lontana eco: ormai il nostro si ritrova sospeso nel bel mezzo dell'universo, ne conosce l'immensità e prova l'ebbrezza mista ad angoscia di esserne il "signore"..., tanto da venirne sospinto in volo dalle pulsazioni vitali della sua chitarra e dalle percussioni di Mason, che enfatizza le parti più drammatiche. Nel momento in cui il gruppo (basso, tastiera e batteria) creava linee melodiche solide e compatte, Barrett era libero di viaggiare con la propria chitarra verso luoghi conosciuti solo nella sua mente, nella sua distorta immaginazione.

Syd non è un guitar-hero di fine sixties, ma la sua tecnica essenziale cede il passo ad un modo molto originale e quasi impressionistico di suonare-era anche un discreto pittore-forse dovuto al fatto che il suo primo strumento fu un banjo: attento al rumorismo, al suono dipinto, le radici in Bo Diddley si univano ad un uso molto personale della slide, insieme all'incisività dei Rolling Stones di Brian Jones, alle violenze ritmiche e ai feed-back di Hendrix , per finire al ronzio spaziale della dodici corde elettrica di Mc Guinn dei Byrds.

La seconda canzone è "Lucifer Sam", un futuribile e strambo proto-hard rock, con un riff agile, ossessivo e incalzante e un accompagnamento di tastiere che sembra richiamare un'atmosfera orientale. Il testo è arcano ha riferimenti ad una strega, Jennifer, e vi è chi vi ha visto visto persino dei riferimenti agli emisferi destro e sinistro del cervello, mentre il ritornello da nursery rhyme, da filastrocca, narra di un magico gatto (Lucifer) che ha qualcosa di inspiegabile.

Barrett cerca persino di ricreare con la chitarra i miagolii del gatto protagonista del testo della canzone. L'atmosfera si fa ancora più fiabesca nel terzo brano, "Matilda mother", Barrett si cimenta nel ruolo di menestrello (anticipando in pratica i racconti fiabeschi del progressive e del rock romantico), portandoci nel mondo di una favola, che si interrompe e poi riprende. La solenne atmosfera creata durante il racconto è interrotta da un malinconico "Mother, tell me more"."Matilda Mother" rievoca con delicatezza i tempi andati di un'infanzia felice, il fascino delle fiabe, l'immaginazione come via di fuga dal dolore, con quegli amici esistenti solo nella fantasia idilliaca dei bambini."Flaming", la canzone successiva, è un collage di suoni, soffi pneumatici e rumori inseriti in una atmosfera sognante e cosmica. Musicalmente strampalata e dal testo chiaramente allucinato (solo, nelle nuvole/viaggio per telefono, non posso toccarti, ma dopo potrei), è la fotografia di un viaggio mentale in un universo sonoro fatto di echi crescenti, chitarre scroscianti, tamburi, campanelli e una miriade di rumori: schiocchi, tonfi secchi, fruscii, quasi a trasmetterci l' infinità di sensazioni che una mente alterata può essere in grado di carpire dalle luci, dai colori, dai profumi e dai suoni della natura... La seguente "Pow R. Toc. H" consiste in un semplice giro di basso ripetuto fino all'infinito, che crea una atmosfera scurissima. Le percussioni enfatizzano i punti nevralgici, e sottolineano l'avvento degli urli finali tra voci di indiani lisergici, cori finti, aperture solenni di organo che però non portano da nessuna parte:come immagini buttate sopra un'atmosfera cupa e densa di una jam di blues che costruisce, attorno all' ossessivo giro di basso di Roger Waters, una sorta di giungla primitiva, in un sovrapporsi di versi scimmieschi, sussurri e soffi. La febbrile improvvisazione prosegue con "Take thy Stetoscope and walk" firmata Roger Waters, è un esperimento basato sulla ripetizione ossessiva delle parole "doctor doctor", ed è forse la testimonianza del ritorno da un viaggio, o probabilmente lo stato di una mente malata e oppressa. Tuttavia nel finale si risolve riversandosi in una melodia che guarda al beat, con cori sovrapposti e un allucinante organo monotonale suonato da Wright. Il brano successivo è "Interstellar overdrive", la cronaca di un viaggio umano nell'universo e un saggio di arte visionaria: oggi verrebbe definita come "post-rock". Introdotta da un riff da film dell'orrore, sviluppato e riciclato dal riff di un pezzo dei Love cover di Bacharach, My little red book..mamma mia che giro....

si sviluppa nei suoi undici minuti seguendo una sola regola: almeno uno strumento deve mantenere il ritmo. E sopra questo ritmo interpretato ora da uno, ora da un altro strumento, si dipana una jam session acidissima, dove la chitarra selvaggia di Syd sfoga le inquietudini sonore risucchiate dai gorghi cosmici dell'organo di Wright, creando un clima surreale fatto di astronavi che sfrecciano, di asteroidi che si scontrano, di alieni e alienazioni, di suoni spaziali, di tempeste stellari, di quiete cosmica, di paradisi intravisti e umanamente irraggiungibili. Barrett è completamente in viaggio.

La sua mente disegna scene inquietanti e paurose, o ancora si immerge in liquidi universi che sfuggono alle possibilità umane tra montagne di accordi sgangherati, sotto giungle di strepiti liberi e feroci uragani ritmici atti ad evocare l'aspetto più oscuro dell'immensità. I suoni e i rumori sembrano creati e gettati casualmente nella favola mistico - musicale : una tempesta di suoni distorti, di pura sperimentazione rumoristica proveniente dalle profondità cosmiche più remote, e ci mostra scenari desolati di crateri lunari, cresce e decolla nuovamente alla conquista di nuove galassie...Il bip bip interstellare di questa jam seminale sarà poi ripreso dai Floyd nell'inizio della suite Echoes, con una nota di piano invece che di chitarra. Lo stesso sarà per i giri ossessivi del basso di Waters, che da See Emily Play in poi via via si farà un po' più funky nelle suite Echoes e Atom Heart mother, e nei brani Money, Sheep, sulla pallosissima Shine on you crazy diamond, e infine su Another brick in the wall.

Interstellar Overdrive è ricordato anche per il grande impatto live e termina con l'atterraggio dell'astronave con fischi di frenate simulate con la chitarra. Subito attacca "The Gnome":" Voglio raccontarti la storia di un ometto, se posso" esordisce Syd in saltellante filastrocca dai toni fiabeschi ispirata a "Il Signore degli Anelli" di R. Tolkien. Si prosegue con i canti e cori mistico-cabalistici di "Chapter 24", ispirato al libro "I Ching", uno dei libri fondamentali del confucianesimo, il cui titolo richiama appunto al 24° capitolo di tale scritto, intitolato "Fu", ovvero cambiamento/successo. Il testo è oscuro e metaforico, le tastiere sono in primo piano e la canzone finisce con un coretto quasi orientaleggiante, dall'incedere solenne e che non arriva da nessuna parte, mentre uno stralunato breve assolo di chitarra riciclato da un pezzo escluso, Sunshine, va in dissolvenza.

Segue "The scarecrow", dove su una base ritmica di nacchere simile al calpestio di zoccoli di cavalli, Syd canta la filastrocca dello spaventapasseri inanimato e fermo, condannato a spaventare gli uccelli intenti a razziare le spighe di grano...Questa canzone è un gioiellino di rock minimalista, con pochi accordi di chitarra elettrica e il "rinascimentale" mellotron di Wright, che accentua la sensazione di dolce malinconia del pezzo, mentre il testo è un allegoria di uno stato umano di depressione e impotenza, che Syd riprenderà quando già molto squilibrato, comporrà Vegetable Man. Il disco si chiude con la folle "Bike" dove emerge l'anima freak di Syd e le prime stranezze di questa chiusura d'album purtroppo fanno presagire l'imminente "implosione" del leader, quasi un prematuro epitaffio di Barrett che poco dopo perde la misura, manifesta segni di squilibrio mentale ed entra in una sorta di trance impenetrabile.

Il testo allude all'amore un po' stralunato per una ragazza, come in una stravagante -per non dire schizoide-,serenata in cui Syd si rivolge alla sua fanciulla e si chiude con un tentativo di sconfinare nell'avanguardia, tra campanelli impazziti e folli trombette e carillon che suonano da tutte le parti, fno quasi a voler dire: la sveglia suona, il sogno è finito...

Quest'album è un "vinile miliare" del rock psichedelico. Indiscusso protagonista è Syd, di cui va sottolineato l'incredibile approccio compositivo, la capacità di sperimentazione chitarristica, l'audacia delle soluzioni architettate. Suo braccio destro Rick Wright, che con il suo "organetto" mono -penso ai Gem, ai Farfisa- riuscirà a canbiare delle melodie orientali in visioni d'Universo.

Sono o non sono questi, in verità, i veri Pink Floyd, quelli titanici e forse più autentici? E pensare che anche A Saucerful of Secrets lasciava è stato ed è un grandissimo disco, pure con Barrett ormai ridotto a convitato di pietra. E la band a 5 nel disco volante di Saucerful è lontana anni luce dai P.Floyd miliardari degli anni 70, con quel barboso e onnipresente 4/4 lento condito da super-tastiere, rumorismi - e suoni melliflui ...

Syd era sicuramente diventato un uomo vegetale o uno spaventapasseri ingestibile, aiutato da Waters e Gilmour sui due album solisti, ma è lui il vero Pink, il ghost in the machine, il fantasma nella macchina Floyd. E' lui la parte oscura della Luna, quel tocco di follia creativa che si eclisserà dal leviatano Pink Floyd. Che dire degli altri...

Su Mason e Wright, nulla da eccepire, bravissimi e riservati, forse Wright avrebbe meritato un po' più di spazio, ma sugli altri 2 si può aggiungere qualcosa. Vogliamo parlare dell'estro chitarristico di Gilmour, ma anche della sua scarsa vena compositiva senza il leader, Roger Waters? E di quest'ultimo, gran compositore ma chiuso, contradditorio, ora predicatore socialista e antimilitarista dalle ballate acustiche con gli onnipresenti uccellini da Arcadia perduta (su 4 dischi 4, Ummagumma, More, Animals e The Wall, troppo!!), ora tecnocratico direttore di show e concept stramiliardari e strapagati. Anche riguardo alle liriche, Barrett appare più convincente di Waters, le cui velleità poetiche sono spesso incentrate su una ampollosa e in fondo paranoica critica alla società moderna e ai suoi meccanismi, mancante dell'agilità di Barrett, più surreale ma in fondo più convincente. La doppia morale di comunismo al caviale e salotto di Waters si svela completamente in Dark Side, il "Thriller" degli anni 70, icona planetaria del rock di quel periodo: "Money is a crime/share it fairly/but don't take a slice of my pie" suona "fesso", se si pensa che Dark Side per quei tempi costò una cifra pazzesca, con una post-produzione di circa otto mesi otto di Alan Parson. Con un apparato simile, oggi sono risibili le dichiarazioni di verginità perduta del gruppo, della serie non ce l'aspettavamo un successo simile, ora siamo in crisi.... Waters, Gilmour, Mason e Wright erano a tutti gli effetti superstar di un mercato strozzato attraverso il cartello delle principali major.

Ma io dico: solo fessi politicizzati come i Clash vendevano i dischi come Sandinista a prezzo stralciato...Vi risulta che tante rockstar pseudo-impegnate come Waters abbiano mai regalato qualcosa? Nemmeno al povero Syd, che capitò come un marziano negli studi Emi proprio durante le session di Wish you were here, l'album a lui dedicato.Grasso, calvo, Syd chiese "quando registro la mia chitarra?" e Waters gli rispose che tutte le chitarre erano già state incise e chiedendogli cosa pensasse di Wish You Were Here Syd gli rispose laconico "'Sounds a bit old." -"Ha un suono un po' vecchio" ...Waters piangeva coccodrill tears, forse per la critica? ma cortesemente Syd fu messo alla porta.

Forse aveva ragione Johnny Rotten dei Sex Pistols a metterci pure i P.Floyd nel calderone dei truffatori del rock nella canzone The Great Rock'n'Roll Swindle. "I hate Pink Floyd" recitava la scritta di una t-shirt che Johnny Rotten indossò in più di un'occasione nel '77, quando i Pistols pubblicavano Never Mind The Bollocks. "Odiavate i Pistols?" chiese un giorno un giornalista a Waters, mentre giocava a golf in campi di prestigio- e questi con calma serafica, dopo avere aggrottato la fronte rispose: "Uhm... no... non mi sembra... eravamo molto presi dalla registrazione di Animals". E questo mentre era appena iniziato il decennio nero dell'economia inglese, il "British Disease". la Gran Bretagna andava a pezzi sotto i colpi dell'IRA, dell'inflazione, dello sciopero dei minatori.

Meglio i puri ma veri Pink Floyd del 1967, o gli asettici tecnocrati musicali di The dark side of the moon? Ai posteri....

 


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