Questo è l'album che chiude gli anni 70, un periodo di grande importanza per la musica, dominato dal progressive e sfumato quando invece ci fu l'esplosione del punk. Però si può dire che pochi gruppi avevano saputo interpretare un decennio così' complesso come i Pink Floyd.

Questo album molto ambizioso non solo fu il loro ultimo capolavoro, ma anche un'opera che sapeva leggere alcune tematiche del decennio attraverso la metafora del muro: sia le divisioni e le segregazioni politiche, che la condizione di separazione tra Roger waters e il pubblico, tra lui e il suo passato (tantissime le figure chiave, in particolare la madre tratteggiata nella bellissima "Mother") e tra lo stesso Waters e i restanti membri della band.

Musicalmente il lavoro è superbo: se Waters era l'indiscussa e monarchica mente, Gilmour per conto suo riusciva a ritagliare spazi incredibili, con assoli fantastici come in "Another brick in the wall" e sopratutto "Comfortably numb", che dimostrano che l'essenza della musica dei Pink Floyd è sempre quella di alienare l'ascoltatore, perso in bellissime dimensioni psichedeliche.

Sicuramente il miglior album dei Pink Floyd assieme a "the piper at the gates of dawn". "The wall" è un grandioso affresco sulla paura dell'uomo di non riuscire a comunicare con il prossimo, e di restare solo in un mondo che non comprende. Dopo di esso, la fine dei Pink Floyd.

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