"A night at the opera", capolavoro assoluto, monumento internazionale al Glam Rock. Un album che non è nemmeno corretto definirlo tale, in quanto non è una raccolta di canzoni, ma di opere d'arte. Con un paragone non troppo azzardato potremmo definirlo come il Louvre, con i suoi quadri, le sue sculture, e la sua Gioconda alla fine: "Bohemian Rhapsody".

Non sarà facile per me descrivere tutto ciò, ma reputandomi un fan dei Queen, non potevo che recensire quello che ancora oggi è uno tra i dischi più premiati a tutti i livelli.

Si comincia con un pizzico di Hard Rock, con "Death On Two Legs", e con quello che diventerà uno dei giri di pianoforte più famosi. Forse non sono riuscito a capire il vero senso di questa canzone, che parla della "morte su due gambe", che sfianca, che dovrebbe essere in carcere. Tra le note si sente tutta la rabbia di Mercury, che enfatizza enormemente l'intero pezzo.
Dall' Hard Rock, ci ritroviamo catapultati in una strana quanto dolce atmosfera retrò, con "Lazing On Sunday". Una canzone sicuramente non ricchissima di significato, anche se "poltrire la domenica", ci trasporta in qualcosa di surreale, che in parole povere riesco a definire solo "strano".
Dopo questo balzo all'indietro, ritroviamo una musica più dura, con alla voce, però, un Roger Taylor molto teatrale, con discrete capacità vocali, e che si trova a suo agio con un pezzo ritmato, orecchiabile e che... descrive la sua auto.
Già in queste prime tre canzoni, infatti, ritroviamo l'eccentricità di Mercury e dei Queen in generale.
Volgarmente possiamo dire che "iniziano in un modo e finiscono in un altro", ma forse è proprio questa loro bizzarria, non solo musicale, ma anche con i testi veri e propri, che rende opere d'arti ogni canzone. Se il batterista canta, il chitarrista fa sempre il chitarrista e la Rossa Speciale, assieme a  Brian May, rendono "I'm In Love With My Car" comunque un gran bel pezzo.
Alla Track numero 4 un classico della band: "You're My Best Friend", recentemente usata come colonna sonora di un film con Jennifer Aniston, ci riporta alla classica canzone dei Queen. La regina in tutto il suo splendore ci parla d'amore, con i canoni classici ma che non annoiano maie rendono paradossalmente unico ogni pezzo. Nient'altro da dire per descrivere un successo mondiale che parla meglio di se mettendolo nel lettore.

Se fino a qui avete avuto qualche dubbio sulla bellezza oggettiva dell'album, da "'39", fino alla fine, tutti comprendiamo le grandi capacità di questa band. Proprio con "'39" possiamo apprezzare le buone capacità vocali di Brian May, che descrive questi Volontari del trentanove come degli eroi, come uomini che partono su queste navi senza mai aver paura, e che tornando a casa portano buone notizie su questo nuovo mondo. Come in molte canzoni dei Queen, qui non ci si deve fermare al testo vero e proprio, ma leggere tra le righe per capire cosa rappresentano questi volontari e le lacrime della madre quando tornano a casa. In questa bellissima canzone, la Red special viene un po' messa in ombra, in quanto la chitarra acustica fa una perfetta cornice alla dolce ma forse un po' flebile di May.
Tra i coristi, comunque, Freddie fa sentire la sua presenza avanzando con i suoi celeberrimi acuti.
L'alternarsi di Hard Rock e Glam continua, infatti alla canzone numero 6 troviamo "Sweet Lady", che inizia con un bel riff elettrico, e che preannuncia un bel brano. Le aspettative non sono deluse, e Freddie ci presenta la "Dolce Signora". Questa dolce signora che pare essere come un peso, che opprime, che non fa respirare, ma che viene esortata alla fine a credere di avere quello che vuole.

Metà album, già sembra un capolavoro, ma ancora ci sono altre canzoni da ascoltare e arrivati fino a qua non si ha certo voglia do smettere.

 07: "Seaside Rendezvous". Un atro balzo all'indietro, con un'atmosfera che potrei definire "alla Chaplin", e tutti al mare. Una "canzoncina allegra", non impegnativa, molto orecchiabile, con i soliti giochi di voce di Mercury, che ci a assaporare ogni nota. A queste caratteristiche si aggiunge la "strana" musica, fuori dai canoni "reali" , senza infatti il classico assolo di May, se non uno strambo abbozzo all'inizio con un effetto quasi comico. Comunque non viene abbassato il livello dell'album, ma "Seaside rendezvous" ci fa fare un brake, facendoci rilassare.
Ritorniamo con i piedi per terra, ed ecco che il soffio di vento ci annuncia la bellissima suite di "A Night at The Opera": la canzone del profeta. "The Prophet's Song", è una specie di monito, avvertendoci di una "catastrofe" e che l'unica soluzione per evitarla è solo l'amore. Ecco che i rivolge ai bambini, quando dice che l'unica strada è l'amore, e che è ancora possibile percorrerla. A contribuire a formare la "mesta atmosfera" di questo ipotetico apocalisse, ci pensa Brian May, unito ai cori quasi monotoni di Mercury, quando vuole "farsi sentire dalla gente". Quelli che sembrano esercizio vocali, vengono alternati ai cori, ed infine ad un malinconico assolo finale di chitarra, in pieno stile con il tema della canzone che alla fine ritrova la voce di Mercury, e che termina come la canzone è iniziata: vento e chitarra classica. Bellissima suite, sia a livello musicale che tematico.
Dopo poco più di otto minuti ecco un'altra canzone che ha fatto la storia: dolce, delicata...semplicemente splendida e perfetta. Non riesco a trovare altri aggettivi che rendano bene, e che descrivano come merita "Love Of My Life". Un pianoforte accompagnato da una chitarra acustica, un giro dolcissimo, e la medesima dolce voce di Freddie che inizia a cantare come il più delicato degli strumenti. Una canzone anche struggente quando chiede all'amore della sua vita di non lasciarla, perché non sa cosa sia questo per lui. Altro pianoforte, ma ora con la Red Special, e la voce lascia spazio ad un classico ma emozionante assolo, dopo aver detto "I still love you". Terminato l'assolo la canzone va lentamente a "dormire", con l'iniziale giro di pianoforte.
Finita "Love Of My Life", ecco "Good Company". La chitarra ci introduce a questa strana storia delle buone compagnie che lasciano nel protagonista solo una delusione. Finiamo con un banjo credo, che incita a prendere le buone compagnie. Non è un pezzo molto significatico, ma il livello generale dell'album non decade.
Al termine ecco l'undicesima traccia, la Canzone che parla di libetà, la Canzone che rappresenta i Queen in tutto il mondo, un'opera d'arte, la nostra Gioconda. Ecco i classici cori che si chiedono se tutto ciò sia vero o no, "open your eyes, look up to the sky and see...", impossibile commentare. Ma ecco che il pianoforte accompagna quella che verrà definita come una delle più belle voci in tutto il mondo. Ecco questo ragazzo che parla con la madre, che dice di non voler morire, ma che si rassegna perché ormai è troppo tardi, e saluta tutti, perché deve andare. Il saluto alla madre, ed ecco Brian May con un assolo memorabile, intenso, breve ma semplicemente splendido. Ecco poi la commedia con "Scaramouche", "Galileo" e "Bismillah", ed il ragazzo che continua a dire di essere un poveraccio. Dopo un acuto, però, ecco la batteria ed ecco che la Red Special parte, accompagnata da un Freddie subito più duro e... Hard Rock. Bastano pochi secondi, però, ed il tappino finale ci riaccompagna a casa dopo un viaggio bellissimo.

La canzone è finita, e... non rimane più niente da fare. Abbiamo ascoltato una delle migliori canzoni che mente umana abbia scritto, perfetta sotto ogni punto di vista... un'esperienza unica e semplicemente indimenticabile.

Dopo quest' apoteosi musicale, un tocco definitivo per fare capire da dove vengono i Queen con "God Save The Queen", e purtroppo come tutte le cose belle, anche "A night At The Opera" finisce troppo presto.

Abbiamo potuto conoscere le grandi capacità vocali e strumentali di una delle più grandi, produttive e qualitative Rock Band che abbiano solcato i palchi e riempito gli stadi di tutto il mondo, facendo innamorare milioni di persone, o anche facendo solo passare dei bei momenti ai tanti che per anni hanno seguito (e spero che seguiranno) le gesta del messaggero degli dei e compagni.

Ormai è un annetto che ascolto la regina, e questo rimarrà l'album più bello in assoluto.

Come nelle mie altre recensioni sui Queen, la frase finale va a Jhon Deacon, che anche se dietro le quinte, ha il suo bel da fare, ed è lui che scrive a quattro mani con Mercury "You're My Best Friend".

Un piccolo tributo ad una band che riesce sempre a farmi cambiare stato d'animo.

 Semplicemente Grazie

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