Prendi tre ragazzine giapponesi sui diciott'anni.
Prendile carine, inguenue e dolci, come solo le asiatiche possono essere, in divisa scolastica alla marinara. E poi sorprenditi.
Perchè se ti aspettavi che questa fosse la recensione del classico disco orribile di un trio idol di  j-pop commerciale, beh, ti stai sbagliando di grosso.

Le Red Bacteria Vacuum nascono dalle ceneri e dai mozziconi di sigaretta abbandonati sulla moquette bruciacchiata di una cantina umida e sporca. Gridano come solo poche possono gridare, sfondando vetri, anime e corde vocali. Picchiano duro come se picchiassero le teste degli odiati uomini. Polverizzano testicoli con lo sguardo. Ti schiaffeggiano a suon di chitarra, batteria e basso. Non te l'aspettavi, ma sta succedendo.
Loro. I loro visi carini che germogliano di cattiveria che molti gruppi punk o metal si sognano. Loro, che dietro gli accennati occhi a mandorla, possono trivellarti le cervella con brani spacca-budella (L'indimenticabile, ferocissimo "Roller Coaster"). 

"Dolly Dolly, Make An Epoch" è il loro album del 2009. Fatto di budella e baci. Fatto di abbracci e sangue raggrumato. E' una rivoluzionaria opera punk che sintetizza in poco tempo dolcezza, timore, rabbia e cuore. Un disco che si apre con un pezzo indefinibile come l'irresistibile "Horror Samba" e che tocca vertici assoluti in due perle come "Diet" o "Aurora", dolci polaroid di rabbia giovanile e disagio dell'anima. "Why?" è la scheggia che in due minuti scarsi sintetizza tutto il fenomeno delle Riot Grrrls, "Color", invece, si fa vagamente più orecchiabile e surfeggiante con risultati più che convincenti. 

"Envy" è sensuale e gorgheggiante, come una rosa che improvvisamente muore sulle palpebre chiuse, con una lacrima lasciata affogare sulla pelle. Poi esplode, e diventa orgasmo. "Gerilonn" è pressocchè inutile, nel suo improvvisarsi elettronica e discepola delle Perfume, ma dopo poco diventa già irresistibile. Ma l'arte delle Red Bacteria si concretizza in un pezzo assurdo come "Antonius Ni Sagasu", indefinibile farsa punk-western-kabuki che spiazza dal primo ascolto e lascia sporco nell'anima, prima che la chiusura dell'album spetti a due pezzi con i contromaroni. 

In primis, un'irresistibile canzone come "XXX The Truth", trasognata e vagante come un sogno di mezza estate, una nuvola trasparente che diveggia, e poi "Zero" che incatena e picchia l'ascoltatore con una conclusiva scarica di adrenalina femminile.

E quando chiudo gli occhi, i miei sonni sono tutt'altro che d'oro.  

Cattivo, emozionante e inaspettatamente struggente, "Dolly Dolly, Make A Epoch" è servito. 

Carico i commenti... con calma