Peter Buck porta un'orrenda camicia rosa tamarro, coi merletti: è probabile che l'abbia pagata mille dollari. Peter Buck non ride più, lo guardo e vedo un uomo invecchiato, io - che avevo creduto che gli eroi vivranno sempre giovani e belli.
Seduti al tavolo del locale beviamo birra americana, come in una canzone dei Six By Seven. Sul palco suona Devendra Banhart, strimpella un incanto chiamato "Little yellow spider". Peter fa un cenno del capo, come per apprezzare; guardo Devendra, e mai m'era sembrato così giovane e bello. Peter lo sa, sa tutto di me lui, conosce ogni cosa del mio cuore, glielo ho aperto tanti anni fa. E sa che è lo stesso per me: Hey, uomo, potrei stupirti per quante cose conosco di te - gli dissi una volta. E lui fece un cenno del capo, come per apprezzare, anche allora.
Ero io a Bologna, Peter, in prima fila: mi muovevo sudato cercando il tuo sguardo; ero io a Napoli; ero sempre io alla fine, a pochi passi dai tuoi, t'avevo aspettato a lungo ed ora eravamo lì, io e te. Non mi parlasti, ma mi guardasti un'ultima volta, e valse più di mille parole.
Devendra sta suonando la malinconica "A ribbon". Hey Peter, ti rendi conto? I R.e.m. per me sono stati tutto. Sono stati la mia giovinezza, il mio candore andato perduto e la mia rabbia che ancora rimane. Sono stati "Country Feedback" e "Gardening At Night", sono stati l'inizio di "Reckoning" e la fine di "Document". I R.e.m. sono stati io che canto ubriaco "Find the river". Canto sempre "Find the River", quando sono ubriaco. Sono stati le liriche di "World Leader pretend".
Ci sono degli album che necessitano di tempo per rivelarsi appieno, si aprono a te con lentezza. "Around the sun" si apre a te così lentamente da sembrare fermo. La ballata innocua di "Leaving New York", l'inutile litania di "Aftermath", l'elettronica spicciola di "The outsider", la leggerezza di "The ascent of man", la mediocre tensione di "High speed train", tesa ad irritarmi.
Usciamo dal locale prima che Devendra finisca. Avevo visto "Fight Club" pochi giorni prima in televisione, che gran film. Guardo Peter e gli faccio: Hey, amico, a parte che con la tua camicia, prova a colpirmi diritto agli occhi. Siamo solo due amici di vecchia, vecchissima data alla resa dei conti, non ci sopportiamo più, così come siamo. Il tempo passa, e le strade si dividono. Resta il peso del passato, grosso come un macigno.
Quando sarò ubriaco, continuerò ancora a cantare "Find the river" sotto la pioggia. Ma oggi, oggi no. Oggi non piove, è una serata incantevole: mi batto per un'ultima volta col mio ultimo eroe e poi lo lascio andare, seguendolo con lo sguardo mentre si allontana dalla mia strada. Poi rientro nel locale, ad ascoltare felice Devendra Banhart. Lo guardo suonare la sua chitarra e ne godo.
Un giorno - penso - arriverà anche per lui il tempo di appendere quella chitarra al chiodo.
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Altre recensioni
Di francis
"Leaving New York è la più bella canzone dell'anno, una deliziosa e commovente ballata."
"Fatti un giro intorno al sole, mondo, tieni duro perché ancora non sto saltando giù... voglio il sole su di me, voglio la verità per essere libero."
Di enryka1
I R.E.M. sono finalmente tornati.
La voce di Stipe continua a regalare emozioni, accompagnando l’ascoltatore in un viaggio mentale verso il mondo dei sogni celati.
Di mantaray
Potrei liquidarlo dicendo che si tratta del "solito" album dei R.E.M.
Le canzoni si snodano senza regalare scossoni o colpi di coda.
Di STIPE
I R.E.M. ora sono come un cane a tre gambe, ma pur sempre un cane che riesce lo stesso a camminare.
Mai prima d’ora i R.E.M. avevano chiamato una canzone come l’album. Brano davvero bello con un finale mozzafiato.
Di Starblazer
La prima volta che lo ascoltai... mi sentii come un cobra davanti al flauto dell’incantatore. Ero semplicemente Stregato. Ipnotizzato. Affascinato.
Mi inchino e mi tolgo il cappello davanti al disco più brutto e meno ispirato dei R.E.M., il punto più basso della loro carriera, un vero e proprio passo falso.