IO REM CONTR.

Il "Mal di sesso" si sa, prima o poi colpisce tutti. Capita, a me, alla mia portiera del palazzo e sicuramente anche a voi, miei adorati spippettari incalliti che non siete altro!? Ma non è grave, tranquilli... c'è chi lo supera in un modo, smanettandosi di cassette porno ad esempio e facendo l'abbonamento settimanale al MI-SEX e chi invece "somatizza" il tutto scrivendo libri, dipingendo, cucinando, componendo poesie o facendo musica. È il caso di questo famosissimo gruppo che, reduce dal successo planetario del "dittico" OUT OF TIME - AUTOMATIC FOR THE PEOPLE, nel 1994 dà alle stampe questo MONSTER, una specie di concept con il "sesso & suoi derivati" come comune denominatore, sterzando bruscamente il tiro e, di fatto, cambiando lo stile musicale della band. Ma le cose non nascono sempre "spontanee", casuali e sincere come pensano SEMPRE E COMUNQUE i fans di ogni credo e bandiera...

il 1994, infatti, per chi se lo ricorda, era "l'anno del grunge"; ne parlavano tutti e le copertine dei più famosi settimanali (musicali e non) erano tutte per i nuovi paladini del movimento (Cobain in testa). E che avranno pensato i nostri? "Cià che facciamo un album bello grunge anche noi, ecchecazzo... vuoi proprio che non ne siamo capaci?! Eddai, su... una marea di chitarroni, quattro accordi in croce, testi "no-future" e buona notte al secchio!". Sarà andata proprio così o sono io al solito troppo cinico?!
E così questo album, con i precedenti lavori del gruppo di Athens, praticamente NON C'ENTRA UNA BEATA FAVA (a parte la voce particolare di Stipe che poco o nulla ha a che fare col grunge? come se Samuele Bersani cantasse Heavy Metal!): chitarre molto distorte, batterie belle pesanti e prepotenti, bassi gnucchi e ossessivi, insomma un "episodio" atipico e fuori classificazione nella produzione della band. Un classico riff rock-blues della chitarra di Peter Buck ci spara in apertura "What's the frequency, Kenneth?" (brano pesante e coinvolgente, non a caso uno dei più gettonati dai R. E. M. nell'apertura del loro live che seguirà). Con "Crush with eyeliner" si nota la partecipazione alla chitarra di Thurston Moore dei Sonic Youth, in pratica uno "Tsunami di Decibel" che sovrasta tutto e tutti, persino la voce dello stesso Stipe che sbraita inutilmente visto che non si capisce cosa cappero voglia dire ma anche questo effetto immagino sia studiato ad hoc; con "King of comedy" iniziano a diventare evidenti i riferimenti sessuali che ritroveremo in tutto l'album (lo stesso Stipe dichiarò in una intervista ad un giovane giornalista: "Monster è un album in cui l'argomento principale è il sesso e le sue perversioni ossessive? lei ad esempio, che fa stasera?"). "I don't sleep, I dream" è uno dei brani più "sesso-maniacali" dell'album (e forse della loro intera discografia); si ricorda in particolare il ritornello in falsetto di Stipe che miagola "... sei venuta ad alleviare il mio mal di testa? Fai bene i pompini? Sono bravo a letto? chi dei due è meglio?". Che sia un "vero bisogno sentito" o una paraculata per far presa sui teenager assessuati adoratori della band, non ci è dato sapere e se segreto sarà, statene certi, se lo porteranno nella tomba!
"Star 69" (69... mica cazzi eh, siamo alle battute da oratorio... ) abbastanza sciapa precede "Strange currencies" e "Tongue", gli unici due brani che in qualche modo ricordano vagamente il loro vecchio stile: mollacciosa canzone d'amore la prima, lenta ballata pruriginosa la seconda (Stipe canta ancora in falsetto, e il testo è ancora pieno di riferimenti sessuali - "... chiunque può scopare... chiamami, eccomi... l'ultima scopata disperata, non imparerò mai?..."). Certo, il fatto che il nostro non avesse fatto ancora "outing" in maniera esplicita spiega forse questo bisogno di "rivelarsi" o di accanirsi così su temi che evidentemente lo destabilizzavano non poco. L'album riprende con lo schitarrismo imperante di "Bang and blame", brano dove il prode Mike Mills, ci dà dentro a più non posso col suo basso ipnotico e "very brutal"; "I took your name" e "Circus envy" sono i pezzi davvero più "vomitevoli" di questo album che segnerà la Storia del rock quanto "Il drago verdolino" di Tricarico quella del pop: canzoni monotone e pallose sia nella struttura e sia nei i testi sessuofobi e ossessivamente "spippettari".
"Let me in" è uno dei pochi brani che in qualche modo si eleva dal mucchio, ma non certo per la parte musicale quanto per la "sentita" partecipazione dei versi dedicati da Stipe alla scomparsa di Kurt Cobain (Fu vero sentimento, o...? ci siamo ormai capiti, eh?). "... avevo pensato di provare a fermarti, ma invece?" dice Michael e c'è senzaaAAaaltro da crederci... A chiusura dell'abum si trova "You", canzone che per l'ennesima volta ci fa capire quanto sesso virtuale e non circoli nelle menti malate di questi uomini-artisti-musicisti e quanto sia forte questa ossessione, specie nella condizione bisessuale del leader (autore di tutti i testi) che in questo suo personale "diario emotivo" scaricò tutta la sua verve polemica, dissacratoria e forse un tantino frustrata.

Un disco che difficilmente si fa ascoltare ancora, a distanza di 12 anni, e che ricorda molto certe incursioni nel mondo del Neil Young più paranoico e monocorde (ad esempio quel vero mattone di "Greendale"!) e che soprattutto non fa assolutamente rimpiangere la produzione passata (e quella che verrà!) del gruppo.
Sesso, sesso e ancora sesso, ci vogliono dire i nostri? e quindi? Il succo qual è?! Come al solito: non c'è. Va benissimo, tutto quello che volete, ma "dire la propria sul sesso" non è una scusa valida per pubblicare un album abbastanza noioso e granitico come questo, che sarà ANCHE lodevole nelle intenzioni ma che poi, stringi stringi, a conti fatti, ti fa restare con quell'amaro in bocca tipico di quelle trombatine da 5 minuti fatte male o quelle pippe mal riuscite sa-il-cazzo-perchè.

Si u ledar. Your, Lesto.

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