Nato ad Oran, in Algeria, nel 1960, Khaled è un artista eccezionale nel contesto della globalizzazione musicale mondiale, vero e proprio "poeta maledetto" da tempo in cima all'indice dei perseguibili del governo algerino; musicista e cantautore coraggioso, ha continuato ad esporre le sue moderne idee musicali a Parigi, ove, a partire dal 1990, ha dato alla luce lavori che gli sono valsi l'ammirazione del mondo intero. Sarebbe ozioso mettersi a discutere sull'esatta definizione della sua musica: nel filone, ovviamente, della world music, è sospesa tra rock, funk, folk arabo, ma sta di fatto, più di ogni altra considerazione, che la sua caratteristica fondamentale è l'armonioso sincretismo tra elemento orientale e occidentale, tra i canoni del rai arabo da una parte, e i robusti ritmi euramericani dall' altra; crasi musicale modellata ad arte da una mente che ha saputo superare i limiti territoriali e politici imposti dalle vigenti burocrazie.

"Sahra", del 1996, semplifica perfettamente il concetto di commistione musicale appena detto: le sedici tracce complessive, ben curate e arrangiate, si dividono in brani più vicini alla tradizione folk algerina quali "Wahrane Wahrane"e "Ouelli el Darek", e in suggestivi funk pop come "Walou Walou" e "Mektoubi"; elemento costante nell'album, la presenza di vocalists e musicisti europei arricchisce sensibilmente un lavoro che non disdegna spesso l'utilizzo della lingua francese. E' proprio il francese a rendere ancor più commerciale - ma allo stesso tempo raffinato - un hit mondiale come "Aïcha", terza traccia dell' album, senza però dimenticare che è proprio la musicalità della lingua araba, tanto piena di gutturali aspirate e di dittonghi, a produrre un effetto ben più accattivante di qualsiasi altra lingua più abituale. Così, squisitamente araba è nell' interpretazione "Didi", brano ripreso da un lavoro precedente, ove lo straordinario spiegamento di fiati conferma una tendenza generale che nel disco viene ora arrichita dagli archi, ora dalle tastiere, ora da strumenti autoctoni come il bendir e il derbouka.

Il risultato è quindi un lavoro ricchissimo e variegato, mai saturo nel suo magnifico eclettismo, opera musicale da ascoltare con attenzione ma da poter anche consumare nella spensieratezza di una buona compagnia. Khaled, ricordiamolo, eroe dei giorni nostri.

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